“Diario fiumano” di Filippo Tommaso Marinetti: Oggi comanda la poesia di Mario Carli

A Fiume. Gabriele mi abbraccia. Tutte le strade offrono avvisi grandi O Italia o morte. Gioia di leggere sui muri questo amore frenetico per l’Italia.” – Filippo Tommaso Marinetti, 16 settembre 1919

Diario fiumano di Filippo Tommaso Marinetti
Diario fiumano di Filippo Tommaso Marinetti

Lo studioso delle avanguardie artistiche del Novecento nonché della controcultura underground e del vampirismo nella letteratura italiana Guido Andrea Pautasso (Milano 1969) è il curatore di “Diario Fiumano” edito dall’Associazione Culturale genovese Italia Storica nel 2020.

Pautasso, nei ringraziamenti iniziali, nomina gli amici speciali per l’offerta di documenti e materiali che hanno reso possibile questa ricostruzione delle avventurose giornate trascorse a Fiume dal poeta, scrittore e drammaturgo Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 22 dicembre 1876 – Bellagio, 2 dicembre 1944).

La forbita e lunga prefazione percorre tutti i fatti che portarono da quel 28 agosto 1919, giorno in cui lo scrittore, poeta e drammaturgo Gabriele D’Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1º marzo 1938) ricevette l’appello di liberare Fiume, che nonostante la vittoria della Prima Guerra Mondiale, fu sottratta con un accordo diplomatico tra il Ministro degli esteri italiano ed i diplomatici alleati.

Dalla parola all’azione, il Poeta divenne Condottiero e con mille legionari (militari, socialisti rivoluzionari, futuristi, nazionalisti, anarco-sindacalisti, anarchici ed avventurieri stranieri) occupò Fiume il 12 settembre.

Una vittoria lampo che proclamò la liberazione della città senza sparare un colpo.

Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile Fiume è oggi il segno della libertà, nel mondo folle e vile vi è una sola cosa pura: Fiume; vi è un solo amore; e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione…[1]

Il fiumanesimo come “conseguenza della guerra logica e imposta dalla necessità […] Fiume fu occupata dai dannunziani in nome del Re d’Italia e annessa al Regno d’Italia” recita lo scrittore, giornalista e poeta Mario Carli (San Severo, 30 dicembre 1888 – Roma, 9 settembre 1935).

Appresa la notizia, Marinetti partì da Roma in treno sino a Trieste, ed assieme al politico Francesco Giunta (San Piero a Sieve, 21 marzo 1887 – Roma, 8 giugno 1971) ed altri volontari arrivò a circa una ventina di chilometri dalla città per poi proseguire a piedi a causa di uno schianto con l’automobile.

Diario fiumano - Photo by Guido Andrea Pautasso
Diario fiumano – Photo by Guido Andrea Pautasso

Sedici intensi giorni nei quali il poeta fondatore del Futurismo descrive Fiume come città fervente, ravvivata di allegria, di feste e di parate.

Entusiasmo che presto divenne trasgressione ed esagerazione, abuso di alcool, abuso della sessualità. Accanto all’azione portentosa e coraggiosa di D’Annunzio fu mancante lo stimolo di rendere la città un luogo dedito alla Poesia volta alla ricerca di dialogo con l’Anima, quasi che la lezione di Platone e Plotino si fosse svuotata in totale favore del σώμα.

Entrare nelle pagine di un diario è sempre un’impresa “ardita” ed è per questo motivo che si sprona il lettore accorto a non fermarsi a questa brevissima descrizione, la lettura integrale del “Diario fiumano”, anche grazie alle gradite note al testo, potrà rischiarare le giornate con ulteriori interrogativi e relative indagini. “Cerca Trova” è, infatti, la scritta leggibile in alto su una bandiera verde dell’affresco “Battaglia di Marciano in Val di Chiana” del pittore ed architetto Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 – Firenze, 27 giugno 1574).

Si è scelto il brano “Oggi comanda la poesia[2] di Mario Carli non solo per presentarvi ulteriormente il libro ma, particolarmente per la forte carica critica che questo testo conserva sino ai nostri giorni, nei quali la Poesia è vista come un vezzo, un divertissement da parte di un’annoiata cerchia di pseudo-intellettuali, giornalisti, politici ed aristo-borghesi.

 

Oggi comanda la poesia

Gabriele D’Annunzio ha oggi con sé tutta l’Italia giovane, ardita e generosa. Su questo non ci sono dubbi.

Ma egli stenterebbe a ritrovare nella immensa folla che lo acclama sulle piazze aperte alla grand’aria, il suo vecchio pubblico di dieci anni fa, quello che lo discuteva appassionatamente nei salotti, nei caffè e nei ridotti di Teatro.

Era un pubblico tutto speciale, fatto in gran parte di aristocratici, di intellettuali, di snobs, di signore dal cagnolino, di giornalisti, di studentesse: quello che in generale, sta al corrente di ogni moda letteraria, e ronza intorno ai grandi artisti come un vespaio chiacchierone intorno a una grossa ghiottoneria.

Dov’è oggi questo pubblico? Che fa per il suo idolo? Lo ignoro.

È un pubblico che oggi non conta.

Probabilmente è sdegnato contro l’autore dell’Innocente[3] perché, invece di scrivere romanzi affascinanti e tragedie paradossali, si è messo a fare il soldato sul serio, il patriota sul serio, l’uomo d’azione sul serio.

Gabriele D’Annunzio
Gabriele D’Annunzio

Vi sono molti che da quattr’anni considerano D’Annunzio un letterato finito, un poeta sepolto, un disertore dell’arte.

E gli hanno voltate le spalle sdegnosamente.

Questi rammolliti, questi snobs, questa gente fuori della vita, ha torto: e non sarebbe neppure il caso di rilevarlo, se non fosse anche un indice della mentalità dell’Italia ufficiale.

Finché un uomo fa parlare di sé come scrittore, come artista bizzarro, finché con edifici di parole tien desta l’attenzione di tutti gli intellettuali d’Europa, sta bene: “bravo! Benissimo! Sei un grand’uomo!

Quando questo fabbricatore di pensieri e di frasi si alza da tavolino, infila una divisa, impugna un’arma e corre a realizzare le immagini del suo spirito, a dar vita ai fantasmi, a tradurre in azione la sua poesia, allora l’Italia ufficiale (disturbata nei suoi calcoli codardi) aggrotta le ciglia, torce il muso disgustata, pesta i piedi dal dispetto, e trova che tutto ciò è letteratura!

Poderoso esempio di balordaggine! Guardate gli antichi difensori dell’arte di Gabriele D’Annunzio. Erano, fra i più accaniti e convinti, il Corriere della Sera, che aveva il monopolio delle sue primizie e lo esaltava con la penna di Janni[4] e di Simoni[5], e La Tribuna dove Rastignac[6] si era dichiarato suo avvocato difensore.

Ebbene, oggi questi due giornali gli sono contrari: e non solo per le ovvie ragioni politiche del conservatorume di fronte a qualunque gesto rivoluzionario; ma anche per una questione di mentalità.

Perché appunto questi giornali rappresentano la tendenza di un’intera categoria di persone che considerano la poesia un interessante gioco inoffensivo, e non intendono a nessun costo di vederla precipitare in succo di azione, di lotta, di vita.

Per questa gentarella floscia D’Annunzio non dovrebbe maneggiare che la penna.

Lo stesso dicono di Marinetti, di me, di cento altri.

Filippo Tommaso Marinetti
Filippo Tommaso Marinetti

Quale bestiale cecità!

Costoro non arrivano a capire che questa seconda scintillante giovinezza di D’Annunzio vale assai più della prima, perché è riuscita a consolidare l’indeterminatezza delle sue visioni letterarie in un poderoso dramma di realtà, nel quale egli, il protagonista, è ben pronto a morire per conchiuderlo all’ultimo atto con perfezione di grande arte.

Non arrivano a capire che mai un poeta fu così fedele alla propria immaginazione, e così coerente nel continuare i propri libri, che più non gli bastavano, attraverso la vita.

Cerchiamo nei suoi romanzi e nelle sue tragedie. Troveremo che alcuni dei suoi personaggi gli somigliano stranamente, come quello Stelio del Fuoco, quell’Alessandro di Città Morta, quell’Andrea Sperelli che sogna di conquistare città, quel Ruggero Fiamma, quel Corrado Brando che si prefigge eroismi e avventure audacissime…

Chi vi dice che egli, fin da allora, non meditasse di compiere quelle mirabili e suggestive imprese che attribuiva con invidia alle sue creature, e che oggi gli avvenimenti gli hanno permesso di realizzare?

Intanto una cosa è certa: che egli è riuscito: che ha trionfato.

E fin da oggi la sua gesta (e non gesto, come l’hanno chiamata), la sua avventura cavalleresca, la sua impresa di poesia e di giustizia, è consegnata alla Storia perché la sanzioni, alla Leggenda perché la esalti.

Così io posso affermare solennemente, sia contro coloro che ammirano il poeta e vorrebbero ridicolizzare il Comandante, sia contro coloro che lo glorificano come soldato e lo denigrano come artista, che mai vi fu uomo più idoneo di lui a comandare un popolo di geniali eroici.

L’uomo di guerra è ispirato da una formidabile sostanza spirituale.

L’uomo di lettere è sorretto da un grande coraggio fisico.

Ne nasce una combinazione delle più felici, un fascino dei più solidi, una personalità delle più complete.

Questo sappiano coloro che fanno dei grotteschi tentativi di svalutare l’uomo che oggi, da Fiume, è investito del diritto di guidare le sorti dell’Italia intera. Non è un generale, D’Annunzio, e ha dimostrato di saper organizzare e condurre delle truppe, dei voli, dei combattimenti.

Non è un diplomatico, e se fosse andato a Parigi al posto di Sonnino[7] e di Tittoni[8], ci avrebbe ottenuto Fiume e altro senza tanto spasimo e tante amarezze. Chi lo conosce bene può giurare su questo.

Non è un politico, e pure oggi saprebbe governare l’Italia assai più civilmente, più illuminatamente di chi la sta governando.

Non conosco più fine conoscitore di uomini, più geniale interprete dell’anima altrui, più grande signore e più coraggioso difensore delle cose che ama. Quale uomo politico italiano sarebbe stato capace di offrire la vita per Fiume? D’Annunzio l’ha fatto. A D’Annunzio nessun Wilson[9] o nessuna banca americana avrebbe minacciato l’affamamento dell’Italia.

Guido Andrea Pautasso - Mario Carli - Filippo Tommaso Marinetti
Guido Andrea Pautasso – Mario Carli – Filippo Tommaso Marinetti

Ora, questa Italia che mette l’orgoglio e la dignità al di sopra della fame, non vuole avere Ministri degli amministratori gretti e di corta vista. Ci dev’essere, sì, anche chi amministra; ma una nazione, oltre che di stomachi, è anche formata di coscienze e di cuori, e il Governo di 40 milioni di coscienze e di cuori non può essere affidato al più losco e rattrappito cervello di ragioniere che vi sia in tutto il Paese.

Ecco dunque la necessità di scindere le attribuzioni e le responsabilità di governo: l’amministrazione sia data a mani capaci e oneste di tecnici laboriosi: e al di sopra, vigili la direzione, affidata a cervelli vasti, moderni, coraggiosi, fattivi interpreti della coscienza collettiva.

Dolo in questo modo gl’ideali e gl’interessi di un popolo equilibrandosi e qualche volta identificandosi, saranno tutelati in proporzioni armoniose, così che il cuore non imponga eccessivi sacrifici alla pancia, e la pancia non soffochi i generosi impulsi del cuore.

Oggi è solo la Poesia, purissima e bellissima, che comanda.

Ma domani, accanto a lei, pur senza travolgerla o diminuirla, si piazzeranno altre figure minori e necessarie per assestare nei modi della quotidiana vicenda le superiori conquiste della poesia.

Cremona, settembre 1919.

 

Note

[1] Incipit del primo discorso fiumano di D’Annunzio.

[2] Edito nel 1920 con Falchi Editore nel più esteso testo “Con D’Annunzio a Fiume”.

[3] Romanzo scritto nel 1892, facente parte della serie I romanzi della Rosa, precede “Il piacere” e segue “Trionfo della morte”.

[4] Ettore Janni (Vasto, 11 ottobre 1875 – Milano, 22 febbraio 1956) è stato un giornalista, critico letterario e politico italiano. Fu assunto al Corriere della Sera nel 1903. Nel 1925 si dimise dal giornale in segno di protesta per le leggi razziali che annullavano la libertà di stampa. Negli anni successivi condusse vita ritirata.

[5] Renato Simoni (Verona, 5 settembre 1875 – Milano, 5 luglio 1952) è stato un giornalista, critico teatrale, poeta, regista. Fu assunto al Corriere della Sera nel 1903. Negli anni ’30 si avvicinò al regime fascista e fu accolto nell’Accademia d’Italia nel 1939. Successivamente alla Liberazione fu espulso dal Corriere della Sera e nel 1951 assunse la presidenza del Circolo della Stampa.

[6] Vincenzo Morello (Bagnara Calabra, 10 luglio 1860 – Roma, 30 marzo 1933) è stato giornalista e politico italiano, senatore del Regno d’Italia nella XXVI legislatura (dal 1923). È conosciuto con lo pseudonimo Rastignac e diventa collaboratore de La Tribuna nel 1887. Nel 1930 ci furono le dimissioni di Morello dal partito fascista perché, anticlericale, non appoggiò le concessioni di Benito Mussolini alla politica ecclesiale.

[7] Sidney Costantino Sonnino (Pisa, 11 marzo 1847 – Roma, 23 novembre 1922) è stato un politico italiano. Barone di origine ebraiche da parte di padre e britanniche da parte di madre. Esponente della Destra storica, sostenne la necessità di un maggior rispetto dello Statuto albertino perché aveva visto come minaccia il socialismo ed il clericalismo cattolico. La richiesta fu la piena restaurazione del potere esecutivo da parte del re. Come Ministro degli affari esteri nel 1914 firmò le trattative del Patto di Londra, che vedevano l’impegno dell’Italia ad entrare in guerra contro l’Austria.

[8] Tommaso Tittoni (Roma, 16 novembre 1855 – Roma, 7 febbraio 1931) è stato un diplomatico e politico italiano. Ricoprì la carica di Presidente del Senato del Regno dal 1919 al 1929. Appoggiò Benito Mussolini dopo la Marcia su Roma, fu socio dell’Accademia dei Lincei e primo Presidente dell’Accademia d’Italia. Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia.

[9] Woodrow Wilson, nato Thomas Woodrow Wilson (Staunton, 28 dicembre 1856 – Washington, 3 febbraio 1924), è stato un politico e accademico statunitense. Presidente americano in carica dal 1913 al 1921. Nobel per la pace nel 1919. Decisivo nella Conferenza di pace di Parigi nella quale impose gli Stati Uniti come potenza con ruolo dominante sul piano economico e militare, e fu contrario all’applicazione dei territori promessi all’Italia per il Patto di Londra.

 

Info

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