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“Et nunc manet in te” di André Gide: quel rapporto tormentato con Madeleine

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Come è noto, André Gide ebbe un lungo e tormentato rapporto con sua cugina Madeleine, frequentata fin dall’infanzia, poi sposata – dopo lunghe resistenze da parte di lei – nel 1895, a 25 anni, con il matrimonio destinato a rimanere non consumato a causa dell’omosessualità dello scrittore.

Et nunc manet in te, suivi de Journal intime
Et nunc manet in te, suivi de Journal intime

Nel rapporto con Madeleine si concentrano tutte le tensioni e contraddizioni di cui la vita di Gide fu prigioniera: le aspirazioni religiose e spirituali, in alcuni periodi vicine al misticismo, contrapposte a un vitalismo liberatorio; il senso del peccato e, all’opposto, la ricerca di sensualità ed erotismo, con l’omosessualità infine apertamente dichiarata.

Madeleine era donna molto religiosa, dal carattere rigido e conformista, tendenzialmente censorio, eppure Gide – forse attirato proprio dalle differenze e complementarità delle loro personalità – la idealizzò, eleggendola a punto di riferimento e confronto della propria vita e anche della propria opera, verso la quale lei ebbe spesso, ovviamente, un atteggiamento di rifiuto.

Anche se Gide negò sempre di aver trasfigurato Madeleine in alcuni suoi celebri personaggi femminili, i romanzi L’immoralista (1902) e La porta stretta (1909) ben rappresentano i poli del complesso rapporto con lei.

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Madeleine fu il grande, imperituro amore nella vita dello scrittore, che più volte ribadisce di averla amata «plus que moi-même», ma in realtà senza riuscire (fortunatamente?) a sconfiggere per lei la propria natura.

Anni dopo la morte di Madeleine, avvenuta nell’aprile del 1938, Gide scrive Et nunc manet in te, originalmente stampato nel 1947 in pochissimi esemplari destinati agli amici intimi, e ripubblicato poi pochi mesi dopo la morte dell’autore, nel 1951, in un’edizione recante in appendice frammenti di un Journal intime.

Si tratta di una confessione autobiografica che ripercorre, più che la storia e l’andamento del rapporto con Madeleine, il continuo tentativo di conciliare l’inconciliabile:

Per quanto fosse grande l’impeto del mio amore, non servì, mi appare chiaro
oggi, che a scindere più profondamente la mia natura.

Da parte sua […] nient’altro che rassegnazione muta e un disinganno
inconfessato.

Cuore e sensi mi trascinavano in direzioni opposte.
 
Tutto ciò che racconto potrà apparire, me ne rendo conto, informe e poco
delineato. Ma questa fu proprio l’essenza della nostra storia: il non avere
contorni netti. Essa si estende su un lasso di tempo troppo lungo, su tutta
la mia vita; è un dramma costante, latente, segreto, essenziale e che ben
pochi avvenimenti puntualizzano; mai apertamente dichiarato.”[1]

E dal Journal intime:

“Il mio amore per lei ha dominato tutta la mia vita, ma non ha soppresso
nulla di me; vi ha solo accresciuto il conflitto.

Una sua lacrima ha più peso, mi dicevo, dell’oceano della mia felicità.
O almeno […] non mi riconoscevo più alcun diritto di acquisire la mia
felicità a spese della sua.
Ma perché parlo di felicità? È la mia vita, il mio stesso modo di essere
che la ferisce: ciò che io posso forse sopprimere, ma non cambiare. E
non è solo il sole, è l’aria stessa che mi viene negata.”[2]

André Gide - Photo by Lady Ottoline Morrell, August 1920
André Gide – Photo by Lady Ottoline Morrell, August 1920

Si sarebbe tentati, seguendo lo struggimento del racconto gidiano, di solidarizzare con la figura “semplice” di Madeleine, trovatasi a gestire un personaggio irrisolto, irrequieto e irregolare come Gide; tuttavia pian piano, in filigrana, e malgrado le autoaccuse e le parole di pentimento dello scrittore (sempre un po’ mitigate da espressioni del tipo Ma cos’altro avrei potuto fare?, a volerla dire tutta), Madeleine si va sempre più configurando come una personalità bigotta che, più che quello che gli psicologi definirebbero un doppio legame, esercitava, nel rapporto con lo scrittore, il ricatto morale come passatempo preferito.

Su tutto, sul racconto stesso, domina però l’estrema eleganza della scrittura di questo memoriale, il periodare sempre estremamente musicale, arricchito di preziosismi linguistici utilizzati senza alcuna esteriorità esornativa – si può comprendere pienamente il culto per la figura di Gide da parte di generazioni di scrittori francesi, al di là delle tematiche audaci e rivoluzionarie per l’epoca.

Nel 1923 lo scrittore aveva avuto una figlia, Catherine, da Elisabeth van Rysselberghe, un’amica cui aveva dichiarato: «Non mi capacito di vederti senza figli, e di non averne neppure io». Gide tuttavia riconoscerà ufficialmente Catherine solo dopo la morte di Madeleine, cui l’evento fu sempre tenuto nascosto.

E quando lui stesso morirà, nel febbraio del 1951, verrà sepolto – secondo sue disposizioni – accanto a Madeleine nel cimitero di Cuverville, il paesino nel dipartimento della Seine-Maritime in Normandia dove i due avevano vissuto insieme.

 

Written by Sandro Naglia

 

Note

[1] Traduzione inedita in lingua italiana di Sandro Naglia.

[2] Traduzione inedita in lingua italiana di Sandro Naglia.

 

Bibliografia

André Gide: Et nunc manet in te, suivi de Journal intime, Neuchâtel-Paris, Ides et Calendes, 1947-1951

André Gide: Et nunc manet in te. Diario intimo, trad. di Renato Arienta, Milano, Il Saggiatore, 1962

 

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