Tintoretto, pittore fra i pittori

“Fu gran disegnatore e gran colorista. Soleva dire che il colore si vende nelle botteghe, e che il disegno è nella testa degli uomini grandi. Diceva altresì che col bianco e col nero si fa qualunque cosa ben rilevata…”

Tintoretto – autoritratto – 1548

Eccellente rappresentante del tardo Rinascimento, Tintoretto (pseudonimo di Jacopo Robusti – secondo alcuni Jacopo Comin – Venezia, aprile 1519[1] – Venezia, 31 maggio 1594) è espressione di una pagina importante del mondo artistico del Cinquecento italiano.

Al fine di conoscerlo al meglio e apprezzarlo quanto merita, per quanto sia consentito dallo spazio qui dedicato a una figura tanto illustre, è presupposto importante inquadrarlo nel tempo che gli è appartenuto, e collocarlo nella società dell’epoca.

Intorno alla metà del Cinquecento, l’Italia, a causa di una profonda instabilità politica, è terreno di conquista e di scontro tra Carlo V d’Asburgo e Francesco I di Francia, per affermare il proprio dominio su tutta l’Europa.

A Firenze, i Medici, dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, governano ancora la città, supportati dai Francesi.

Mentre a Roma si ha una nuova stagione di fermento creativo grazie anche alla presenza di papa Leone X, che elegge Raffaello quale figura principale di un’ampia cerchia di artisti: si afferma così il ruolo centrale di Roma nello scenario europeo.

Ma, è proprio durante il pontificato di Leone X, nel 1527, che le truppe di Carlo V entrano in Roma mettendo a soqquadro la città eterna con un cruentissimo episodio conosciuto come il Sacco di Roma, il quale vede la metropoli protagonista di un assalto di ampissime proporzioni.

In conseguenza del quale si determina una precaria situazione anche sul piano artistico e culturale: oggetti sfuggiti alla distruzione diventano mercanzia sulla pubblica piazza.

Occorreranno decenni per ricreare le collezioni artistiche e gli arredi di luoghi pubblici e privati.

Da rammentare, che il cantiere di San Pietro sospende i lavori di edificazione della Basilica e li riprende nel 1534 sotto il pontificato di Paolo III Farnese.

“Meno abile colorista del Tiziano, lo superò nell’arditezza del concetto e nella potenza del disegno. Sommo maestro del chiaroscuro e dello scorcio audace, egli fu il vero Michelangelo della pittura Veneziana.”

L'origine della Via Lattea - Tintoretto - 1575
L’origine della Via Lattea – Tintoretto – 1575

Ma, per tornare alla stagione che vede il Tintoretto interpretare gli umori artistici della sua epoca, è d’obbligo accennare al Manierismo, movimento in cui, almeno inizialmente, si riconosce e ha modo di esprimere il suo slancio creativo.

Dipingere alla maniera di è l’espressione da cui viene coniato il termine Manierismo.

Movimento abbracciato nel Cinquecento, il quale indica lo stile di un artista ma anche una nuova tendenza dell’arte figurativa, che si manifesta in Italia e poi in Europa tra il 1520, anno della morte di Raffaello Sanzio, e la fine del XVI secolo.

Il Manierismo è una tendenza pittorica che trova il suo motivo di essere nell’imitazione di modelli delle opere rinascimentali, prevalentemente in quelle di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.

All’epoca, l’espressione viene usata in un’accezione negativa, per poi venire superata soltanto all’inizio del XX secolo.

La critica moderna, infatti, ha rivalutato il Manierismo considerandolo come una manifestazione originale e significativa della cultura rinascimentale, oltre che risposta alla crisi dell’Umanesimo, il quale esprimeva una visione troppo ottimistica nelle potenzialità dell’uomo. Riconoscimento, che ha permesso di attribuire il giusto merito a opere di ampio interesse artistico.

Fra le sue peculiarità l’arte manierista annovera tendenze diverse e disomogenee, difficili da racchiudere in un’unica definizione.

Quello di cui si è certi è che il Manierismo si allontana gradualmente dalle ‘regole’, pertanto i princìpi rinascimentali vengono declinati in libertà.

Tintoretto - gessetto su carta preparatorio per Vulcano e Venere - 1551
Tintoretto – gessetto su carta preparatorio per Vulcano e Venere – 1551

Legati a una committenza di corte, gli artisti legati al Manierismo sperimentano soluzioni complesse sia dal punto di vista tecnico come compositivo, in cui viene affermata un’arte ‘antinaturalistica’, che vede l’abbandono del rigore proprio della prospettiva e l’armonia delle proporzioni.

Le acquisizioni quattrocentesche vengono piegate a nuove esigenze espressive, tanto che le opere manieristiche si collocano in uno spazio diverso da quello naturale: a volte articolato e ridotto, altre volte, invece, disgregato, all’interno del quale le figure sono lontane dalle proporzioni canoniche, e appaiono come dilatate e impalpabili.

Legata a una committenza aristocratica, la produzione pittorica dei manieristi ha carattere intellettualistico e soluzioni virtuose, con temi spesso allegorici in una fusione di sacro e profano, oppure inserite in narrazioni a soggetto mitologico, dal dubbio significato e lontane dalla realtà.

Da ricordare, che la ricerca formale del Manierismo si traduce in una pittura di grande eleganza e raffinatezza, in cui la ricerca di un’artificiosa bellezza si unisce a un esasperato virtuosismo, nel quale sono le forme allungate e sinuose a essere prevalenti, combinate a linee e a spirali dai colori intensi e brillanti.

Definito un manierista, si racconta che Tintoretto si appassioni alla pittura miscelando i colori per il padre, abile tintore, da cui il soprannome di Tintoretto.

Quando entra nella bottega del Tiziano è giovanissimo. Qui apprende la tecnica della pittura tonale unita a elementi stilistici propri del manierismo.

Il disegno di Michelangelo e il colore del Tiziano.”

È questo il motto affisso dal Tintoretto sulla parete del suo studio; e ciò, nonostante il suo stile fosse lontano da entrambi i maestri, sia per lo spirito, più emotivo, sia per l’uso del movimento e della luce.

Abile rappresentante di scene affollate, di composizioni mitologiche arricchite da singolari effetti luminosi che coinvolgono emotivamente lo spettatore, Tintoretto interpreta il Manierismo grazie a una nuova luminosità.

Venere, Marte e Vulcano - Tintoretto 1551
Venere, Marte e Vulcano – Tintoretto 1551

Artista prolifico, spesso coadiuvato da una schiera di collaboratori, è dotato di un’energia inesauribile e di una particolare capacità di acquisire nuove tendenze artistiche quando Tiziano le rifiuta o addirittura le ignora.

Capace di spingersi verso nuovi orientamenti, abbandona il classicismo veneto per porre l’attenzione al plasticismo della pittura tosco-romana arrivata a Venezia con il Veronese, altro eccelso esponente di questo periodo, di cui il Tintoretto accoglie con entusiasmo le proposte innovative.

Dotato di un fisico vigoroso e di un altrettanto vivace intelletto, Tintoretto manifesta una personalità   poliedrica e sfaccettata; ne è prova il fatto che fosse religioso e al tempo stesso amante dei piaceri materiali.

Artista già famoso al suo tempo, grazie anche alla versatilità manifestata in ogni sua opera, Tintoretto si esprime con una grande determinazione che lo porta ad affermarsi presto nello scenario artistico del suo tempo. Si procaccia commissioni con tutti i mezzi a sua disposizione, anche se non propriamente ortodossi.

Lavoratore instancabile, trasmette la stessa energia alle sue tele, realizzate in brevissimo tempo.

Inoltre, aspetto da non trascurare, che semmai merita un plauso, il Tintoretto non solo utilizza il colore con estrema abilità, ma anche del disegno ne fa un uso capace e incisivo.

“Fu maravigliosa la sua celerità nel lavorare; e più maravigliosa ancora l’inuguaglianza delle sue produzioni; alcune buone e belle, altre pessime e scorrette in tutte le parti”.

Uno sguardo alla vita privata del Tintoretto, specchio della sua arte, è importante per avere un quadro d’insieme di ciò che ha rappresentato per la sua epoca e per quelle a venire.

Il miracolo dello schiavo - Tintoretto - 1548
Il miracolo dello schiavo – Tintoretto – 1548

Pittore operoso ma dall’animo inquieto ha diversi figli, legittimi e illegittimi; fra questi la prediletta è la piccola Marietta, detta anch’essa la Tintoretta, deliziosa fanciulla che avrebbe calcato le orme paterne se non fosse morta in giovane età. Il dolore per la scomparsa della ragazzina lo porterà a immergersi ancora più a fondo nella pittura, amplificando in maniera esponenziale la sua produzione.

La prima opera che gli dà visibilità è Il Miracolo dello schiavo (o San Marco libera uno schiavo), realizzato per La Scuola Grande di San Marco nel 1548. Per molti aspetti è un’opera rivoluzionaria, anche per le sue ampie dimensioni.

Un telero[2] dove si evincono le caratteristiche proprie della pittura del Tintoretto: un intimo dinamismo, la passione per gli scorci prospettici e, non ultima, un’energia travolgente di cui è permeata tutta la sua produzione. Il dipinto suscitò un notevole interesse ma anche una reazione discordante da parte dei confratelli della Scuola.

Infatti, fu rimosso, anche se temporaneamente, dalla Sala Capitolare a cui era destinato.

L’opera riconobbe al giovane Tintoretto una fama che lo portò a emanciparsi dal Tiziano e ad essere competitivo con il Veronese.

Rispetto all’altro, il Tintoretto concepisce composizioni movimentate e inquiete, animate da folle di personaggi raccolte in atteggiamenti corali, anche perché spinto da una tensione spirituale che interpreta lo spirito della Controriforma.

Da non dimenticare che Tintoretto opera prevalentemente per la committenza religiosa.

A proposito dei ritratti realizzati dal Tintoretto, si evince che attraverso l’esecuzione di questa espressione artistica, lo scopo del pittore non è ritrarre l’aspetto fisico del soggetto raffigurato, ma di coglierne la psicologia.

Solitamente, gli sfondi dei ritratti sono scuri o monocromatici accesi da effetti di luce differenti fra loro: gli abiti sono investiti da una vivace illuminazione, mentre i tratti del viso sono rischiarati da una luminosità più leggera.

Tintoretto
Tintoretto

Le ombreggiature, invece, aggiungono un tono mistico alle composizioni, in conseguenza delle quali i personaggi paiono manifestare le loro emozioni.

L’arte del Tintoretto è di enorme impatto visivo, caratterizzata, come già accennato, da evidenti contrasti luminosi.

Per accendere di luce il disegno, Tintoretto fa sì un eccellente uso del colore, ma è prevalentemente la luce ad evidenziare i personaggi distanziandoli dal contesto reale, e proiettandoli in uno spazio scenografico, prologo della sensibilità barocca.

Una componente teatrale e spettacolare, obbligata anche dalla discriminante dei personaggi che affollano le sue tele: con caratteristiche individuali ben precise da cui si evince un forte vitalità, oltre che singolari e interessantissimi effetti di luce.

Aspetti questi che fanno del Tintoretto l’inventore del nuovo tecnicismo. Quindi, si può affermare che il Tintoretto è il primo regista cinematografico della storia.

Il pittore, inoltre, non soltanto rappresenta le sue opere con interessanti scenografie, ma le concepisce anche da un punto di vista cinematografico, riuscendo a catturare un istante e ad imprimerlo sulla tela come fosse un fermo immagine.

Ed è in virtù di tale espediente che l’osservatore, colto da un’insolita emozione e da un turbamento, si percepisce come parte dell’insieme, e partecipa alla scena in cui involontariamente si trova immerso.

La Crocifissione - Tintoretto -1565
Crocifissione – Tintoretto -1565

Percezione apprezzabile ne la Crocifissione.

Enorme tela larga più di 12 metri e alta 5, dove Cristo in croce è il fulcro di un turbinio movimentato e circolare, in cui è presente un raggruppamento di episodi vari e una folla raccolta in gruppi.

“Grande ricercatore dell’effetto drammatico e decorativo, il Tintoretto si valse molto della luce viva o dell’ombra oscura, delle grandi masse aeree soleggiate e nuvolose, per dare l’intonazione lieta o triste ai suoi quadri ed accentuarne il sentimento. Figlio del popolo e della natura, nemico del classicismo, egli dipinse le sue scene bibliche sotto un aspetto moderno, e i personaggi sacri sotto il costume dei patrizi o dei popolani Veneziani, ciò che diede una nota viva ai soggetti vecchi”.

 

Written by Carolina Colombi

 

Note

[1] “La sua data di nascita non è certa. L’atto di battesimo andò perduto nell’incendio degli archivi di San Polo, quindi la si desume dall’atto di morte: «31 maggio 1594: morto messer Jacopo Robusti detto Tintoretto de età de anni 75 e mesi 8»: si risale così al settembre-ottobre del 1518. Secondo il Krischel, invece, nacque nel 1519, probabilmente in aprile, come lo studioso desume dai registri della parrocchia e degli uffici sanitari.” (Fonte Wikipedia). Noi di Oubliette Magazine abbiamo seguito la tesi di Roland Krischel, autore de “Jacopo Tintoretto. Il miracolo dello schiavo” edito da Franco Cosimo Panini.

[2] Nome attribuito a Venezia a vaste composizioni pittoriche su tele, riunite in cicli storico-narrativi, che furono, nel Quattrocento e nel Cinquecento, la decorazione murale preferita.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

OUBLIETTE MAGAZINE
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.