Primavera: l’attitudine all’osservazione dei lirici greci

“E tali cose nutre Rugiada, figlia di Zeus e di Selene” – Alcmane

Alceo citazioni primavera
Alceo citazioni primavera

La coda invernale degli ultimi giorni con tanto di neve sembra essere davvero un invito, a dispetto della Primavera ormai arrivata, a non uscire di casa e risulta in linea con uno degli hashtag più famosi in questi tempi di Coronavirus.

In realtà uno dei tanti altri drammi degli ultimi anni è proprio la mancanza della primavera, o il suo arrivo tardivo con tutte le conseguenze che ciò comporta. Abbiamo già visto questo scenario lo scorso anno e siamo dovuti stare in casa fino alla fine di maggio perché pioveva sempre e faceva freddo. Poi subito un’estate infuocata e perenne.

Ora dobbiamo stare in casa soprattutto per la pandemia, nonostante sia primavera.

Mai come in questi giorni, allora, è bello riscoprire le proprie passioni e un ritmo di vita più lento, più a misura d’uomo, più nostro… ma al tempo stesso più bisognoso delle nuove tecnologie che mai come ora possono unire varie persone per salutarsi, parlarsi, lavorare, fare scuola, o anche sport.

E se, da un lato è meglio che la Primavera non sia troppo calda perché potrebbe farci ancora più rabbia non poter uscire di casa, dall’altro potremo godere dei frutti di questa bellissima stagione anche leggendo la testimonianza offertaci dai lirici greci.

Mai come ora tornano utili i classici greci che sempre si sono interrogati sul tempo e sulle stagioni. Forse perché privi di tutti gli strumenti che abbiamo noi, ma al contempo pieni di una grandissima attitudine all’osservazione e alla creazione, i Greci sono stati quanto mai in grado di conferire una grande capacità conoscitiva ai sensi che ci permettono di esperire lo spazio e il tempo, l’hic et nunc.

Allora, un po’ aiutata dal mio vademecum poetico I miei lirici greci, 365 giorni di poesie di Edoardo Boncinelli (una sorta di calendario che associa ogni giorno ad un frammento poetico con un breve commento, edito per la casa editrice San Raffaele nel 2008), un po’ da altre edizioni che ho dedicate ai poeti ellenici di età arcaica, mi sono soffermata a riflettere sul modo in cui i Greci vivevano le stagioni in generale. Oggi vi parlo della Primavera.

Sappiamo che la penisola ellenica, nel cuore del Mediterraneo, era ed è una regione climaticamente molto calda, arida, assolata, soprattutto sulle coste e nelle parti continentali; al contempo, il mutamento climatico in atto, ci sta insegnando a convivere un giorno con l’estate e il giorno dopo con l’inverno.

Ma restiamo alla Primavera dei Greci. Le traduzioni dei testi che proporrò sono mie, benché basate sul confronto delle altre cui ho accesso (raccolte, antologie scolastiche).

Spulciando qua e là fra i frammenti dei lirici, troviamo l’annuncio di Alceo:Mi accorgo della primavera fiorita che sta arrivando;/ versate il più velocemente possibile nel cratere il vino/ e il miele”.

Alceo è il poeta simposiale per eccellenza e per i Greci ogni occasione era buona per banchettare: quale migliore circostanza dell’inizio della bella stagione?

Darei molta importanza a quel “mi accorgo” che nel testo greco è reso con il verbo ἐπαίω, composto dalla preposizione ἐπὶ = ‘sopra’ + αἴω = ‘percepisco’, propriamente ‘con le orecchie’ e, in senso lato, ‘percepisco tout court’, nell’accezione assunta dal verbo αἴσθανομαι a cui è riconducibile etimologicamente.

I Greci, dicevo sopra, avevano un rapporto privilegiato con la Natura, della quale sapevano individuare i vari momenti e anche la loro capacità percettiva era molto sviluppata.

Così erano in grado di cogliere alcuni aspetti, apparentemente insignificanti, nel gran concerto della Φῦσις.

E così, allora, diceva il poeta lirico Simonide: Illustre messaggera/della primavera odorosa/ o scura rondinella”, cogliendo nel canto della rondine il segno premonitore dell’imminente ritorno della bella stagione; anche gli usignoli, sempre per Simonide, sono araldi della Rinascita: “Come gli usignoli garruli/ dal collo giovane a primavera”; analogamente scrive la poetessa Saffo:Il messaggero di primavera, l’usignolo dalla voce desiderabile”, accentuando la bellezza del canto di quest’uccello con l’aggettivo composto ἱμερὀφωνος, formato da ἵμερος  = ‘desiderio’ e dalla radice del sostantivo φωνή = ‘voce’.

Anche altri suoni della natura annunciano l’arrivo della primavera come “i soffi calmi di venti leggeridi Alceo. Faccio notare che “calmi” in greco è detto con ἀχείμαντοι, aggettivo formato da α privativο e dalla radice del sostantivo χεῖμα, uno dei termini con cui la lingua greca esprime la stagione invernale: tra questi abbiamo χειμών che significa ‘inverno’, o χιών = ‘neve’ e tutti questi nomi sono riconducibili ad una radice indoeuropea portatrice dell’idea del freddo e del ghiaccio. Tutti ricorderanno la lirica di Petrarca Zefiro torna e il bel tempo rimena.

Frammento papiraceo delle poesie di Alcmane
Frammento papiraceo delle poesie di Alcmane

Eppure, non tutto è rose e fiori, passatemi l’espressione.

Scrive infatti il poeta lirico corale Alcmane:Tre stagioni pose: l’estate,/ l’inverno, come terzo l’autunno/ e come quarta la primavera, quando/ tutte le cose sono in  fiore, ma da mangiare/ non ce n’è abbastanza”. In questi versi viene colta la potenzialità della primavera, come stagione di ciò che sarà, dei fiori che daranno frutti e, quasi in chiave aristotelica ante-litteram, di ciò che non è ancora e potrebbe anche non essere mai.

Questi versi, mutatis mutandis, mi fanno venire in mente l’attualità: a causa del cambiamento climatico, assistiamo ormai sempre più al fiorire di piante da frutto ancora in pieno inverno: poi, all’improvviso, bastano una gelata e una nevicata tardiva per spazzare via tutto. E allora il raccolto sarà scarso.

Spesso, inoltre, ci sentiamo dissonanti rispetto alla Primavera. E ce lo insegna il poeta Ibico:A primavera i meli cotogni/ irrigati dalle correnti dei fiumi,/ dove si trova un giardino puro di Vergini, e i fiori della vite,/ crescendo, sono in fiore sotto i tralci ombrosi dei pampini; per me, invece, Amore/ non ha riposo in nessuna stagione/ ma, come il Tracio Borea che,/ infiammandosi a causa del bagliore della folgore,/ avventandosi con passioni che bruciano/ dalla parte di Cipride, cupo, intrepido,/ analogamente con forza fin dalle fondamenta (sott. Amore) controlla il mio cuore”.

Quanto sono attuali questi versi: non era “maledetta” la Primavera per Loretta Goggi?

E non è maledetta per noi ogni volta che non ci sentiamo in armonia con la Natura che pulsa di vita o che inizia a rinascere? Ogni volta che ci innamoriamo sulle prime ci sentiamo come quando è Primavera: leggeri, inconsistenti, vuoti ma poi oppressi quando l’Amore non è corrisposto o lontano. Anche la lirica di Petrarca sopra richiamata si inserisce in questo filone, anche se in quest’ultima l’assenza della donna amata è data dalla sua morte.

Dissonanti con la Primavera siamo oggi noi che, nella stagione della vita per eccellenza, dobbiamo stare a tra le mura domestiche e che assistiamo, impotenti, alla neve del mese di marzo.

Questa dissonanza tra fuori e dentro è certamente diventata un topos letterario nel corso dei secoli.

Ma tutto è nelle nostre mani: ci fermiamo oggi per ripartire, più forti, domani; intanto, stando a casa, possiamo sistemare il nostro ambiente, fare le pulizie pasquali, leggere i lirici, provare a recuperare un rapporto magari rovinato, liberarci mentalmente di chi non merita più la nostra presenza.

La speranza, ma anche in questo caso gli scienziati sono divisi, è che le temperature calde e l’arrivo della bella stagione possano sconfiggere il virus; intanto è importante seguire alcune pratiche elementari di igiene, per alcuni scontate, ma per molti dimenticate.

Spulciando tra le mie antologie di poeti greci ho trovato tantissimi frammenti che si riconducono alla Primavera.

Alceo e Saffo
Alceo e Saffo

Quest’ultima, nelle sue varie fasi, non è solo la fase del non essere ancora, o della disarmonia tra noi e il tutto, ma anche il periodo delle attese e delle promesse divenute realtà, come la realizzazione di un sogno d’amore per le allieve di Saffo che  scrive con tono scherzoso: “Giovani vergini,/ stando sveglie tutta la notte,/ possano cantare cose amatissime e/ le spose dal seno odoroso di viole…”; e arriverà finalmente il giorno in cui potremmo dire “è colorata dunque/ la terra dai molti fiori”.

Nel frattempo, per dirla stavolta con Stesicoro,è necessario tali canti popolari per le Cariti dai bei capelli/ intonare, dopo aver trovato dolcemente un canto frigio/ adatto all’arrivo della Primavera”.

Buona Pasqua di Primavera a tutti con il canto dei poeti greci e ad maiora, semper!

 

Written by Filomena Gagliardi

 

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