“Tre figlie di Eva” di Elif Shafak: donne e uomini, religione e ateismo, cultura e ignoranza, Medio Oriente ed Europa
“Il tempo è un abile sarto e aveva cucito insieme alla perfezione i due tessuti che rivestivano la sua vita: ciò che gli altri pensavano di Peri, e ciò che ne pensava lei. La sua percezione di sé e l’impressione che dava all’esterno formavano un tutt’uno, talmente collaudato che neppure Peri avrebbe più saputo dire quanta parte della giornata era definita da quel che ci si aspettava da lei e quanto da quello che lei veramente voleva”.

Nazperi Nalbantoğlu è la protagonista di “Tre figlie di Eva”, romanzo della scrittrice turca Elif Shafak, pubblicato in Italia da BUR Rizzoli.
La Shafak, autrice fra gli altri del best seller “La bastarda di Istanbul”, conferma in questo libro le sue spiccate doti di narratrice, dalla penna sapientemente in grado di modulare l’intensità della scrittura in accordo con l’avanzamento della trama, le evoluzioni emotive dei personaggi, il quadro complessivo della storia narrata.
Nazperi, detta Peri, è una giovane donna appartenente – per matrimonio – alla ricca borghesia di Istanbul, sebbene proveniente da una famiglia di modeste origini. Ha un marito, tre figli e vive una vita agiata e confortevole.
Dietro questa maschera di benessere sociale fa spesso capolino l’insoddisfazione per aver abbandonato gli studi, quel percorso universitario iniziato a Oxford, città nella quale si è compiuto il suo strappo personale e sociale.
Le vicende narrate si sviluppano su due piani temporali, quello del presente, anno 2016 nella città sul Bosforo, e quello del passato, inizio anni 2000 nella città universitaria di Oxford, Inghilterra.
Peri si sta recando con sua figlia ad una festa presso la villa di un ricco amico di famiglia, dove l’attende anche il marito. Lungo il percorso viene scippata e per rincorrere il ladro finisce in un vicolo buio nel quale il malvivente tenta di stuprarla. Solo la sua estrema forza di reazione le permette di liberarsi dalle grinfie dell’uomo e grazie all’arrivo di sua figlia recupera i suoi oggetti personali sparsi tutt’intorno sui ciottoli del vicolo.
Fra questi compare una vecchia polaroid che raffigura Peri in compagnia di altre due ragazze e di un uomo, foto scattata ai tempi dell’università, in Inghilterra. All’arrivo nella villa dei suoi amici Peri viene incalzata dalle domande delle ospiti, ricche e annoiate, che bramano i dettagli della storia che, secondo loro, si cela sulla mano ferita di Peri e sulla polaroid.
“Nei minuti che seguirono nel silenzio di quel vicolo, come svegliandosi da un sogno soltanto per ritrovarsi intrappolata nell’incubo di qualcun altro, la percezione che Peri aveva degli eventi si frammentò in strati distinti. Reagì di nuovo, era forte, ma lo era anche lui, e in modo inatteso rispetto alla corporatura macilenta. Le diede una testata, facendole perdere i sensi per qualche secondo. Peri rischiò di arrendersi, il dolore era troppo acuto, irresistibile la spinta a lasciar prevalere la disperazione”.
Sfuggendo al chiacchiericcio degli ospiti della villa, Peri viene assalita dai ricordi degli anni della sua giovinezza, quella trascorsa in casa, con i suoi genitori e i due fratelli, in uno schema familiare fatto di forti e nette contrapposizioni: da un lato sua madre e suo fratello minore, fervidi credenti, devoti all’Islam, intransigenti nel rispetto delle regole e delle tradizioni religiose; dall’altro suo padre e suo fratello maggiore, atei convinti, disincantati e disillusi da una società, quella turca di quegli anni, che cominciava a indietreggiare rispetto alle conquiste laiche e progressiste dell’epoca di Ataturk, per incamminarsi su un sentiero di crescente radicalizzazione del fondamentalismo religioso.
Peri, schiacciata fra questi due monoliti, incarna la sua patria, quella Turchia che a lungo ha tentennato nella ricerca di una sua identità culturale, religiosa e sociale, combattuta fra il rafforzamento delle regole religiose e l’apertura verso l’occidente.
È anche per questa ragione che Peri mostra ai genitori tutta la sua determinazione nel volersi recare a studiare in Inghilterra, nonostante la forte ritrosia della madre che già vede in questo trasferimento il collasso di quella gabbia protettrice che la religione doveva garantire alla sua giovane figlia.
“Seduta sul letto, Peri sentì un nodo allo stomaco. L’ansia dei suoi genitori pareva aver avuto ragione su di lei, anche se per motivi del tutto personali. Si sentiva un’impostora; temeva che non avrebbe mai combinato niente, là in mezzo a tutti quegli studenti che erano sicuramente molto più preparati e disinvolti di lei”.
Ma saranno proprio gli anni vissuti a Oxford a dare una svolta decisiva alla sua esistenza, saranno gli incontri con le sue due amiche e coinquiline, Shirin e Mona, e soprattutto quello con il professor Azur a stravolgere la sua vita, con strascichi che Peri si porterà dietro fino a quella sera dello scippo e della tentata violenza sessuale.
Shirin, Mona e Peri sono le tre figlie di Eva, la Peccatrice, la Credente, la Dubbiosa.
Shirin, appartenente ad una ricca famiglia iraniana, espatriata in Inghilterra a seguito delle restrizioni subite in patria, è disinibita, ha rinunciato alla religione e ai suoi precetti, vive con allegria e spregiudicatezza la sua sessualità.
Mona, egiziana, devota e rispettosa delle regole dell’Islam, indossa con orgoglio il velo e non nasconde mai il suo essere mussulmana, anzi rivendicandolo sempre come elemento identitario.
In mezzo sta Peri, con la sua eterna oscillazione, i suoi dubbi, le sue incertezze, il suo senso di inadeguatezza che la incalza.

È con questo stato d’animo che Peri si avvicina al corso su Dio tenuto in facoltà dal professor Azur, un uomo affascinante che esercita il suo fascino sugli studenti, a volte anche con esiti particolarmente nefasti. L’incontro con Azur e la convivenza con Shirin e Mona cambierà definitivamente il corso dell’esistenza di Peri, in un finale di storia che lascia al lettore la scelta conclusiva.
“Tre figlie di Eva” è un romanzo che ancora una volta, come spesso fa la Shafak, mette in contrapposizione gli elementi che affronta: donne e uomini, religione e ateismo, cultura e ignoranza, Medio Oriente ed Europa. Elementi che sembrano assumere una valenza imprescindibile quando si parla di Turchia, una terra ripetutamente attraversata da quei venti di contrapposizione che la protagonista di questo romanzo sembra incarnare e rendere visibili agli occhi del lettore.
E come in tutti i romanzi della Shafak, non manca la componente mistica e magica, qui incarnata dal “bebè nella nebbia”, una figura immaginaria “Era un jinni, uno spirito, un’allucinazione. Frutto della sua fantasia tesa e impaurita”. Una figura che spesso accompagna Peri, nei suoi momenti più difficili, laddove trovare una via d’uscita appare complicato se non impossibile, una specie di angelo custode cui la ragazza si aggrappa per non affogare, ma che al fine si rivelerà molto di più di una semplice allucinazione.
Written by Beatrice Tauro