“Napoli sfregiata” di Luigi Iroso: onori e disonori di Garibaldi, dittatore a Napoli

La scrittura di Luigi Iroso è inimitabile.

Napoli sfregiata
Napoli sfregiata

Non credo che l’argomento affrontato, il disastroso arrivo a Napoli del chiassoso e multiforme piccolo esercito capitano dal dittatore Garibaldi, sia vergine.

Né so dire se la questione sia stata anche altrove posta nei termini indicati dall’autore subvesuviano. Non sono uno storico, bensì un lettore piuttosto ingenuo della storia risorgimentale.

A tutt’oggi l’unità d’Italia non è stata seguita da quella degli italiani, così come auspicava D’Azeglio: quel che c’è di italico in noi dura da un paio di millenni. Quello che non lo è forse non lo sarà mai. Italiani ci si sente quando ci si contrappone agli stranieri. Qualcosa di simile accadeva nell’antica Grecia. Con una differenza: gli italiani non sono mai stati in grado di fronteggiare con successo un nemico più grande di loro. Non significa che non siano mai stati in grado di difendersi. La storia dei partigiani ne è un esempio.

Parlo dell’esercito regolare, che ha combattuto, sì, spesso eroicamente, ma mai è stato caratterizzato da una patina di superiorità nei confronti di alcuno, almeno dai tempi dell’Impero Romano. Il fatto non deve dispiacere o dare adito a vergogna. Va accettato, come conseguenza dello scarso spirito nazionalistico, oppure discusso: la Storia è, almeno in parte, fonte di verità scientifica, a volte foriera di menzogne acquisite come dati di fatto inoppugnabili.

A me pare che l’operazione garibaldina abbia avuto successo perché italici erano entrambi i contendenti, sia gli invasori che gli invasi. Qualcuno doveva pur trionfare, qualcuno non poteva che soccombere.

Il libro di Iroso ha un intento razionalizzante: narrare, fonti alla mano, quello che è realmente successo. Non raccontare una finzione, per quanto spregevole o succosa. Il risultato è un piatto che ha un gusto amarognolo, a volte nauseante, quasi mai gradevole. Sic transit non solo gloria, ma anche historia mundi, come se fosse una dama dai vestiti lisi e olezzanti. L’odore è fetido ma, seguendo le sue tracce, esso conduce a una forma di comprensione.

Cosa narra Iroso? ‘Na mescaa Francesca, tanto per non utilizzare una locuzione più distruttiva. All’arrivo dei 1000, qualcuno che ha un nome e un cognome, Liborio Romano, nominato dal re borbone nuovo Prefetto di Polizia, Ministro degli Interni e Direttore di Polizia, fu immediatamente solidale con gli invasori e, per gli effetti di un mega indulto, e permise ai capi della camorra un’inaspettata riabilitazione, nonché riorganizzazione, con il loro assurdo arruolamento, insieme a innumerevoli scagnozzi, al fine di formare una specialissima ed efficientissima Guardia di Pubblica Sicurezza.

Questi lestofanti, non essendovi il tempo per una corretta alfabetizzazione legale e formazione professionale, non poterono che ridursi al loro mestiere più congeniale: lo sfruttamento delle risorse, il latrocinio organizzato e la prepotenza a ogni piè sospinto. La città fu poi un teatro di tutto e di più, per cui il termine mescaa Francesca dà proprio l’idea, anche se schifosità imperdonabile rende assai di più. Questo è quanto.

Chi non la pensa come Iroso è libero di farlo, ma prima gli occorre consultare le 339 note e, conseguentemente, le ancora più numerose fonti documentali, puntigliosamente indicate dall’autore, che deve aver trascorso diversi anni nella loro compiuta disamina.

Liborio dapprima aveva consigliato il re Francesco II di andarsene a Gaeta. Poi si recò ad accogliere con tutti gli onori il dittatore Garibaldi alla stazione di Napoli. Poi liberò i furfanti. E fece scappare, come dei ladri, le pregresse guardie.

Io amo la scrittura di Iroso perché è terribile, anche se per nulla agevole o defaticante. Anzi, essa va accuratamente evitata al termine di una giornata di per sé pesante. L’orario suggerito è un’ora dopo il risveglio, mezz’ora appresso la prima colazione. Mai dopo cena: si rischia un rigurgito esofageo, se non, addirittura, un blocco digestivo.

Giuseppe Garibaldi
Giuseppe Garibaldi

Riporto ora alcune perle:

“… Liborio Romano, preoccupato per la precaria situazione circostante, convoca e incontra a casa sua il ‘più rinomato camorrista’ Salvatore De Crescenzo alias ‘Tore ‘e Criscienzo’…”

Sempre lo stesso non si scorda dei suoi progressi agenti pre-riforma camorristica: “Ne agevola l’uscita prudente e felpata dai nascondigli…”, consentendo “loro di sopravvivere e attendere circostanze favorevoli per uscire dalla scena in silenzio e con le proprie gambe…” Altri saranno “traslocati a spese dello Stato nelle isole di Ischia e di Ventotene, onde evitare qualsiasi conato di vendetta nei loro confronti.

Il giovane impiegato doganale Amalio Tito viene “trafitto mortalmente a colpi di pistola” ed “esala l’ultimo respiro tra strazi indicibili”.

Questo presente storico ci riporta magicamente a quelle ore disgraziate e furiose.

Il commissario di Montecalvario, Ferdinando Mele, pur assicurando lo zelo di sempre, lascia affiorare seri dubbi sui risultati finali, data l’anomala e malsana composizione dei suoi agenti che annoverano “la crema dei camorristi“, di sicuro “indisponibili a dare la caccia ai loro simili.”

Al funerale del capo-paranza dei pescivendoli, in odore di camorra, accorre al funerale “il ‘dittatore’ Garibaldi”.

Ad un tratto, un gaglioffo: “… gli dà un sonoro schiaffo in faccia e, sguainando la lama del bastone ‘animato’, lo colpisce nella parte dell’inguine procurandogli una grave ferita.

L’avvenimento riveste una singolare importanza per gli interessanti guizzi di luce che offre.”

Don Francesco Bottini viene definito da Irosonoto prete escandescente“.

I pozzari’ (votapozzi), chiamati con urgenza, dichiarano che l’acqua del pozzo ha perso la sua trasparenza a causa del tabacco ivi versato.”

Finalmente vienearrestato Antonio Lubrano, noto capo-società e contrabbandiere, sorpreso con un pugnale in mano. Eppure, la soddisfazione del funzionario si trasforma in ira alcuni giorni dopo, allorché vede l’imputato tornare in libertà in seguito a sentenza…”

“… la camorra prospera in un sistema corrotto e complice…”

“I suoi guizzi prorompono da ogni angolo della città…”

“… molti si arruolano nella Guardia nazionale, ricevono le armi in dotazione, scompaiono…”

“La cattura cozza contro una serie di difficoltà, tra cui le più aspre vanno ascritte alla loro irreperibilità…”: si sta dicendo qui del tentativo da parte del questore Giovanni Antonio de Nardis di “spurgare la polizia di quanti, in odore di camorra, ne infangano la divisa.”

Alla “legge tangentizia, fondata sul terrore, soggiacciono le case da gioco, i postriboli, la percezione dei dazi di consumo, qualsiasi giocata nei vari locali pubblici e i mercati di ogni genere.”

A questo punto l’orologio narrativo va spostato al 16 luglio…”

Alcune pagine dopo si parla dicontusioni impresse sul volto del camorrista Forestiere.”

Con cadenza lugubre si diffondono per il cielo napoletano, il 1° novembre, i rintocchi del decreto governativo…”, che “abolisce definitivamente luogotenenza, il cui bilancio risulta completamente negativo in tutta la sua durata annuale…”

Chiesta educatamente a una diciottenne se fosse la fidanzata di un camorrista al momento detenuto, “avuta la risposta affermativa, cede la parola al bastone che, nella sua folle furia, procura alla vittima fendenti così gravi da renderla inabile al lavoro.”

Dei monelli si affrontano a una petriata. Una pietra colpisce “l’icona della Madonna, sita in una nicchia all’angolo del suddetto largo.” Si sparge subito” la credenza che l’immagine sacra trasuda sangue in seguito al colpo subito.

Del malaffare capillarmente diffusola controprova esala dalla dura cronaca quotidiana”.

“Essi hanno preavvisato la ‘ciurma’ a nascondere la maggior parte delle armi, per cui quelle pervenute appartengono al novero dell’eccedenza.” – la malavita conosce bene le sue arti.

La polizia però non disarma: “… provvede a effettuare un controllo di quanti operano nel poliedrico mondo delle chiavi e degli oggetti di ferro…”

Ho notato ora che le sottolineature, che ho qui trascritto, vanno scemando dal primo al quinto capitolo, dove ne raccolgo solo una (quella che tratta delle chiavi). La scrittura irosiana è costante, anche se leggermente più suggestiva in alcuni punti piuttosto che in altri. Meglio: il suo stile pirotecnico raggiunge a volte vette maggiori, ma la media del suo estro è sempre alta. A poco a poco, il lettore lentamente si abitua a tanta fantasmagoria, per cui solo talvolta si sofferma meravigliato da tanta vivacità. Ma qualcosa di quella mirabile inventiva gli è ormai entrata in circolo, e questa mia reazione ne sta risentendo sia gli effetti linguistici che quelli stilistici.

Segnalo un’espressione molto colorita e deformata, che così ben calza nella descrizione di quei facinorosi che, indisturbati e miserabili, girano per tutta la Città Nuova: “senza corpo ferire”. Solo in una comunicazione privata l’autore non ha accettato la mia interpretazione, ma ha ammesso l’involontario per quanto icastico refuso.

Riporto infine le parole che ho imparato leggendo il libro:

Napoli sfregiata - Luigi Iroso
Napoli sfregiata – Luigi Iroso

Bracciale: come quel Gabriele Contiello che scaricando un carretto di ‘fiore’ (farina), non volendone cedere un grano a sacco a titolo di camorra riceve “colpi di mazza e minacce con un lungo coltello, le cui tracce si estrinsecano nella pericolosa ferita sul capo.”

Semigamorristi o incorreggibili: uomini che non recitano un ruolo criminale di primo piano, spesso solo per paura perché trascinati dagli eventi. Si tratta per lo più di facchini, ma anche di cocchieri che, o si adeguano al malaffare, o non possono più lavorare.

Assisa: prezzo legale deciso dall’autorità, con significato analogo all’odierna accisa.

Buccieri: dal latino buccerius, simile all’anglo butcher, al franco bouchère, all’italiano beccaio e forse anche al reggiano pcher: macellaio.

Portolania: occupazione di suolo pubblico

Squarcina: lunga e infida arma bianca

A credenza: a credito.

A fida: a prestito.

Bazzarioti: potenti capi compratori nei mattatoi.

Battifondo, nove, carrettella: giochi di biliardo con banco, cioè con somma impegnata nel gioco.

Sbrigli, pula, carolina, carambola alla francese e all’inglese, il giardinetto e la bazzica: giochi di biliardo ammessi.

Tressette, calabresella, mediatore, scopa, mercante, picchetto, sisto, pizzico e bazzeca: giochi di carte.

Lampa e posto: lume e posto da dormire, che nella fattispecie descritta costa sette Ducati e venti grana.

Petriata: lancio di pietre.

Sifilicomio: ospedale per sifilitici.

Chiamatori: detenuti incaricati a chiamare o ad accompagnare i colleghi al parlatoio coi familiari.

Abbozzatore: incettatore di oggetti rubati.

Nevaiola: raccoglitrice e venditrice di neve ai mercati.

Accrasto: rapina.

Paranzello: barca con un solo remo.

Mandrieri: mandriani.

E qui sottolineo sempre più il concetto sopra evidenziato: la scrittura di Luigi Iroso è veramente inimitabile.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Luigi Iroso, Napoli sfregiata, Tullio Pironti Editore, 2015

 

Info

Sito Luigi Iroso

 

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