iSole aMare: Emma Fenu intervista Manuela Congiu, custode e divulgatrice di antichi rituali

La rubrica “iSole aMare si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?

Manuela Congiu
Manuela Congiu

Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.

Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.

Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.

Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.

Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.

Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.

Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.

Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.

Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.”  Emma Fenu ‒ “L’isola della passione”

Isole Amare.

Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.

Isole da Amare.

Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.

iSole aMare.

Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.

Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.

 

La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.

La rubrica è stata inaugurata da Paolo Fresu, hanno seguito Claudia Zedda, le fondatrici di LibriamociPier Bruno CossoGrazia FresuCristina Caboni, Maria Antonietta Macciocu, le sorelle Francesca e Marcella BongiornoFranca Adelaide Amico, Anna MarcedduSilvestra Sorbera, Nadia ImperioAnna SantoroSalvina VilardiMarina Litrico, Tatiana PaganoGavino PuggioniGabriella Raimondi, Giuseppina Torregrossa, Francesca Mereu, Francesca Guerrini, Claudia Musio, Paola Cassano, Giulia Baita, Olimpia Grussu, Cristina Muntoni, Valeria Pecora, Graziella Pinna ArconteCarla Mura, Alessandra Derriu, Claudia SarritzuGian Mario VirdisLaura CongiaPaolo MontaldoGiovanna Uccheddu, i fondatori di Sicci Creations (Andrea Mureddu ed Emanuela Carboni), Alessandro CoccoPatrizia Boi, Enzo MugoniFrancesca ColombinoMarco FarinaEleonora GrussuGiovanni Cherchi e Daniela Orrù.

Oggi è il turno di Manuela Congiu Janabella, nata e cresciuta in Sardegna, a Villaputzu in un ambiente rurale tra mare e foreste. Dopo aver vissuto tra Emilia-Romagna e Toscana, unisce diversi studi che vanno dallo sviluppo sostenibile e dalla Decrescite Felice fino alla pedagogia e varie discipline olistiche di cui molte ad indirizzo sciamanico. È Custode e divulgatrice di rituali tradizionali Sardi e Italiani. Dopo un incidente, che rischia di lasciarla disabile si iscrive all’Accademia di MusicArteTerapia.

 

Identità

Manuela Congiu
Manuela Congiu

L’identità è simile a una nota musicale: è vibrazioni, quindi energia. È possibile avere una multi-identità, poiché portiamo un’identità cosmica in un’anima fluida che, quando decide di incarnarsi, cambia vibrazione e mischia la vibrazione cosmica con quella possiamo definire planetaria. L’identità planetaria è una vibrazione più densa e, quindi, più rigida. Quando ci incarniamo, dunque, l’identità si miscela così con il karma del luogo e della famiglia di cui si è scelto di fare parte. Più un popolo vive in maniera pacifica, più l’anima può manifestare la propria identità cosmica attraverso tutte le altre e mantenere un’esistenza felice. Credo che non ci sia possibilità di immaginare un mondo più bello che non quello in cui tutte le anime incarnate possono manifestare la propria identità cosmica insieme alla propria identità planetaria territoriale e familiare.

L’orgoglio di essere sardi e la sardità è una cosa molto recente e fa parte dell’anima radicata nelle radici territoriali. Le differenze di educazione sono varie: io che ho vissuto in costa ho subito una feroce deculturalizzazione almeno sull’abbigliamento e sulla lingua. Ho capito che nell’epoca di Mussolini ci fu un lavoro molto intenso nel distruggere l’identità culturale dei sardi e delle sarde, e non fu la prima volta nella storia dell’isola. A scuola, quando ero bambina, era vietato parlare in sardo; una volta risposi dicendo “Eja” a un insegnante al posto di “Sì” e venni mandata fuori dall’aula con tale spiegazione: “gli italiani non vi capiscono e siete dei maleducati se parlato in sardo”. Intorno ai 24 anni andai a studiare a Bologna ed ero tra i pochi universitari a parlare italiano standard. Per fare alcuni esempi: i calabresi parlavano un italiano mista al calabrese; i trentini un italiano misto al trentino e i bolognesi un italiano misto al bolognese…  Io li ho ammirati, mi sono detta: “Caspita, ma guarda: loro non si sono fatti schiacciare l’identità linguistica!” e, quando rientrai a casa, chiesi a mia nonna di farmi parlare in sardo perché io riuscivo a capirlo nelle varie forme ma non a parlarlo. Gli adulti, nella mia famiglia, hanno sempre parlato in sardo tra loro e con noi bambini, invece, parlavano in italiano perché anche a loro era stato inculcato che fosse “brutto” parlare in sardo. Eppure io sono stata per esempio educata alla storia della mia cultura, soprattutto alla storia nuragica, perché mio padre è un grande appassionato.

 

Tradizione e Innovazione

La mia anima con la sua identità cosmica ha scelto di incarnarsi sul pianeta Terra in un’isola in cui il profondo misticismo è miscelato a un radicato senso della materia, inteso come primo chakra. Si creano, così, una serie di tradizioni a volte contraddittorie tra loro perché, in realtà, le tradizioni sono innovazioni necessarie in quel dato momento storico dell’umanità o della famiglia. La buona intelligenza sociale sta nel capire quando una tradizione va mantenuta o rinnovata.

C’è uno studio sugli aborigeni australiani che dice che in realtà gli indigeni australi erano molto più evoluti prima, poi le condizioni climatiche li hanno portati a “regredire”. In realtà, non possiamo parlare né di evoluzione né di regressione: è semplicemente spirito di sopravvivenza e di adattamento che fa sì che nascano le tradizioni, che si trasformino, che si rinnovino e che, se necessario, ritornino.

 

Isola

Uscire dall’isola me l’ha fatta apprezzare, mi ha fatto capire quanto le nostre tradizioni siano simili a quelle degli altri soprattutto nel mio campo, la medicina popolare tradizionale. Questo ha fatto sì che io potessi portare il mio messaggio sia al popolo sardo che gli altri popoli. Ciò che mi pesa di vivere in un’isola è l’inadeguatezza dei mezzi di trasporto che crea una non scorrevolezza di noi verso il mondo e del mondo verso di noi, perché la cultura non la fanno solo la televisione, la stampa, la letteratura e i social, ma anche il mescolarsi delle persone, l’incontrarsi fisicamente e il guardarsi negli occhi in uno scambio energetico. 

 

Written by Emma Fenu

 

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