Carta di Navigare di Gerolamo Azurri #23: la costa della Liguria, nel portolano della metà del 1500
“L’Isola de Capraia ha un porto da maestro, quale è come una cala, et la traversa uno secagno che gli fa porto; e si entra da levante e li fa grande tiragna, e bisogna che si trovi ormezato avanti la traversia: sono maestri e tramontana, e greghi e tramontane.” – Gerolamo Azurri, Carta di Navigare
Carta di Navigare è un portolano firmato da Gerolamo Azurri pervenuto a noi come manoscritto da una copia seicentesca dell’originale cinquecentesco di proprietà dell’abate genovese Carlo Giuseppe Vespasiano Berio (1712-1794).
Del suo autore, Gerolamo Azurri, non si sa quasi nulla, la cui unica notizia certa è il luogo di nascita: Vimercate, un comune dell’attuale provincia di Monza e Brianza. Le ipotesi più accreditate, stando alle esperienze personali che egli cita nel portolano, lo accreditano come pilota al servizio di Andrea Doria, sotto il comando del Capitano Antonio Doria:
“La Favignana (…) e Trapani fuori in miglia quattro in mare, gli è una secca (…) e lì toccò la nave grossa dei Doria, capitano Antonio Doria […] Capo Bono (…) et li ammazzarono uno delli nostri piloti, e li sortimmo con le galere…” – Gerolamo Azurri, Carta di Navigare
La descrizione del Mar Mediterraneo del ‘500 fatta dall’Azurri è ricca di dettagli, e ancora oggi è fonte di curiosità e di riflessioni per il lettore. Numerose le domande che sorgono scorrendo le pagine del suo portolano: i luoghi descritti sono ancora identificabili? Le linee di costa si son modificate?
Dopo aver visto la nascita dei portolani e come si sono evoluti, ed aver analizzato i tratti di costa della Sardegna, e la traversata sino alla Sicilia, l’arcipelago delle Isole Egadi, le coste della Sicilia, le Isole Pelagie, le Isole Eolie, e l’Isola di Malta, le coste della Calabria e della Campania, la costa del Lazio e le Isole Pontine, la costa della Toscana e le isole dell’Arcipelago Toscano, in questo articolo prenderemo in particolare esame per i lettori di Oubliette la costa della Liguria, per confrontare i dati della Carta di Navigare con la mia esperienza di navigazione in alcuni tratti di costa a me ben noti, attraverso l’analisi comparata con le moderne carte nautiche e coi moderni portolani.
“Golfo della Specia.”[1]
Il Golfo della Spezia è una grande insenatura che si apre tra la Punta Corvo e l’Isola del Tino. Larga tre miglia all’ingresso e lunga cinque miglia, si restringe rapidamente ad una larghezza di 1,5 miglia subito dopo l’ingresso, oggi protetto da una lunga diga trasversale che lascia due stretti passaggi a oriente e a occidente della stessa, fra Punta Santa Maria e Punta Santa Teresa.
All’interno di questo ampio specchio d’acqua oggi si sviluppano numerosi cantieri navali civili e militari, l’Arsenale della Marina Militare Italiana, il porto commerciale di La Spezia, e diverse darsene turistiche.
“Portovenere è buon porto; le galere entrano dalla bocca da ponente, le saetie ancora. Alla Oliva gli è stanza da saetie e di galere; la traversia sono mezzodì e lebecchio. E quando fa la traversia, le galere bisogna che si accostano all’isola per trovare bonazza di mare e di vento, dove gli è buon tenitore e buon fondo […]”
Situata all’estremità occidentale del Golfo della spezia, Porto Venere è accessibile dal mare tramite un canale situato tra l’Isola Palmaria e la terraferma, guardato dal Castello Doria. Il canale consente la navigazione ad imbarcazioni con pescaggio massimo di 2,5 metri, e con un’altezza massima di 25 metri a causa di alcuni cavi elettrici aerei che attraversano lo stretto di mare. Sulla punta San Pietro, a nord del canale, sorge l’omonima Chiesa di San Pietro, un piccolo edificio romanico-gotico costruito in cima ad uno scoglio, reso celebre da Eugenio Montale nei versi dedicati a Porto Venere:
“Là fuoresce il tritone/ dai flutti che lambiscono/ le soglie d’un cristiano/ tempio, ed ogni ora prossima/ è antica. Ogni dubbiezza/ si conduce per mano/ come una fanciulletta amica./ Là non è chi si guardi/ o stia di sé in ascolto./ Quivi sei alle origini/ e decidere è stolto:/ ripartirai più tardi per assumere un volto.”
Oltrepassato il canale, l’ampia rada di Porto Venere offre fondali che variano dai 5 ai 13 metri.
“Allo Tino de Porto Venere di fuora si può sorgere. Gli ho sorto io a miglia 3 in mare e da ponente allo Tino, in passa 30 de fondo, vaza, netto; la terra di Portovenere mi restava fra maestro e tramontana, e lo Tino, cioè la ponta, ne restava per tramontana; et gli ho riparato per non poter montare e per esser fortuna de lebecchio. E non dubitare di afferartegli, che come si discopre il golfo più meglio e quando ti bisognasse passare da mezzo lo Tinno all’altra isola grossa che si dimanda la Parmosa, non ti dubitare, che tu gli puoi passare con una carraca. E quando ti bisognasse far aqua, alla detta isola de Tino va da tramontana, che trovarai una chiesa antica che se domanda S. Venero, dov’è una fontana molto perfetta et in abbundanza.”
L’Isola del Tino è la più meridionale delle due isole (Tino e Palmaria) che segnano il limite occidentale del Golfo della Spezia. Quando il forte vento impediva di rimontare sino a Porto Venere, l’Azurri segnalava un ancoraggio relativamente sicuro a circa 2 miglia a sud dell’isola, su un fondale sabbioso di circa 20 metri in cui era possibile attendere la rotazione del vento, per poi accedere alla rada. Il canale tra le isole del Tino e della Palmaria è navigabile e presenta fondali di circa 20 metri di profondità.
“Golfo di Rapallo […].”
Col toponimo Golfo di Rapallo si intendeva anticamente l’odierno Golfo del Tigullio, compreso tra Punta Manara, a sudest di Sestri Levante, e il promontorio di Portofino. In fondo al golfo si apre la grande rada di Rapallo, la quale oggi ospita un ampio porto turistico reso tristemente famoso dalla mareggiata del 29 e 30 ottobre 2018.
Al centro dell’insenatura naturale di Rapallo fu eretto il Castello di Rapallo. Si tratta di una fortezza costruita tra il 1550 e il 1551 dopo la devastante incursione guidata da Dragut Rais nel 1549. La fortezza proteggeva l’attuale spiaggia dei pescatori e il torrente S. Francesco, importante punto di approvvigionamento idrico per le navi.
“S. Margarita […]”
La rada di Santa Margherita Ligure si trova a poco meno di 2 km in linea d’aria a sudovest di Rapallo. Anch’essa duramente colpita dalla mareggiata del 2018, la rada ospita un importante porto turistico. Anche Santa Margherita Ligure fu coinvolta nei saccheggi del 1549 da parte della flotta di Dragut Rais. La rada offre una ampia zona di ancoraggio con fondali che variano dai 2,5 ai 12 metri di profondità, e ripara dai venti nordoccidentali.
“Nicisca è da mezzo a Parigi a Portofino, et è buon loco. Te ormezarai, cioè darai le ancore, in passa 10 in 11 in 12, e con il tuo vascello starai in passa 7, et gli ormezi in 4 quando fusse fortuna. E bastano due ancore per prova. Sempre che volessi andare a Porto Fino e che non potessi entrare dentro, sempre che discopri la chiesa di S. Giorgio di detto loco di dentro, tu ti puoi aferrare, che gli trovarai passa 30 o 32, buon fondo, vara. Volendo afferrar nel golfo, sempre che hai montato li castorni e che vai dentro che scopri il secco della prima di Porto Fino, è tutto paraggio e parte di Rapallo, e che non puoi andare più avanti per li venti contrarij, puoi dar fondo sopra li Castorni in passa 45 o 47; li è u[…] .
Et avertisci che sotto li Castorni di fuora, scontro la ponta, quando scopri San Giorgio, gli trovarai passa 40; ma dubito gli sia brutto, non ce li vorria afferrare, eccetto quando non si scopre che hai montato li Castorni e che voi andare a Porto Fino, non andare tanto in terra che le correnti ti tirano al capo e in terra; e gli regna rivoltare de venti e gli è una secca che la nave di Nerchero li lasciò il timone […] .”
Il toponimo Nicisca non è facilmente interpretabile, ma dalla descrizione dell’Azurri possiamo identificare fra Paraggi e Portofino le due rade di Seno di Paraggi e Seno Canne, separate dalla Punta Caieca. Si tratta di due piccole baie aperte solo ai venti orientali, con fondali che variano dai 4 ai 15 metri di profondità.
Di più facile individuazione è invece la località dei “Castorni”, identificabile con Punta del Coppo, al di fuori della quale si trova una secca che affiora a 4 metri di profondità poche decine di metri a nord del faro di Punta del Coppo, proprio nella direttrice in cui si avvista la Chiesa di San Giorgio di Portofino.
“Portofino è buon porto ma piccolo; le navi gli danno carena, e la sua traversia è che quando sono lebecchi gli è gran tirania.”
Portofino è una piccola e pittoresca rada che può ospitare imbarcazioni lunghe sino a 40 metri e con pescaggio massimo di 4 metri. La rada veniva utilizzata nel ‘500 principalmente per il carenaggio, e a partire dal 1554 fu protetta dal Castello di San Giorgio (Oggi Castello Brown), voluto da Andrea Doria e progettato dall’architetto Giovanni Maria Olgiato.
“A Nervi si può sorgere. Da Quarto sino a Sori buon fondo netto, sino in passa 40. E quando ti trovassi in terra e che non potessi andare avanti ne indietro, non dubitare; e se il tempo ti pare tristo, cerca d’afferarti sopra la liga che è da mezzo a Nervi a Boiasco, per contro ad uno palazzo grande che ha li merli al tetto, in passa 20; et havendo un bon hosto in mare non potrai dubitare d’essa fortuna; e notta che dove andarai a dar fondo, per segnale gli vederai per contro il terreno alligiato. E sempre che tu ti trovassi per disgratia troppo in terra, dritto ove t’insegno che vadi non dubitare, che gli è fondo sino in terra netto. Quando ti accadesse voltegiare sopra Genova, ti tenerai col tuo vascello a levante. E con furia di terrazani sopra Nervi gli è bonazza de vento,, et così il medesimo apresso Genova, cioè dalla banda de levante. Voltegiando sopra Nervi non ti lasciar andare a levante de Sore, massime a terra terra, perché da levante a Sori la corrente ti tira nel recato dal monte sotto Mortore; e tenerai per certo che ti ferisano[2] col tuo vascello sempre a greco. E quando sei largo che discopri il monte, le corrente vanno a lebecchio. Sempre che voltegerai e che sarai in terra tanto avanti come le pianure di Quinto, le corrente ti portano a Capo Monte e potrai ancora con venti di terra venire a Genova, perché se tu sei alla vela sopra Nervi, il vento ti risponde a media terra. Da quinto sino in Besagno non te gli aferrare, perché non ci è loco buono né gli è netto […]”
Le informazioni contenute in questo passo sono puramente tecniche e molto interessanti, in quanto legate alla particolare orografia della costa ligure, la quale è montagnosa e soggetta a forti venti catabatici che spirano da nord verso il mare nelle profonde vallate.
Questo vento, comunemente chiamato Tramontana, viene distinto dai marinai liguri in tramontana “chiara” quando si verifica con cielo terso e alta pressione, e in tramontana “scura” quando si verifica con tempo perturbato in bassa pressione, portando temporali o nevicate dall’entroterra verso il mare.
Un proverbio ligure al riguardo recita: “tramuntan-na scüa, ægua següa” (con la tramontana scura, la pioggia è certa).
Per le navi e imbarcazioni a vela che dovevano affrontare queste condizioni meteorologiche, l’Azurri suggeriva di bordeggiare lungo la Riviera di Levante, ancorandosi se necessario nei bassi fondali tra Nervi e Bogliasco. L’edificio a cui l’Azurri fa riferimento è probabilmente identificabile con il Castello di Bogliasco, di cui oggi si conservano solo le fondamenta.
In questa zona, anche quando spirano i venti catabatici si trova una relativa calma che consente di attendere condizioni più favorevoli per poter dirigere verso Genova.
Tuttavia l’Azurri ammoniva ulteriormente i piloti: non bisognava dirigersi più a levante di Sori, in quanto si sarebbe stati preda di una corrente che avrebbe condotto le imbarcazioni sotto Mortola.
Nel caso invece ci si fosse trovati di fronte a Quinto al Mare, la corrente dirigeva verso Monte Capo (Noli), nella Riviera di Ponente, e avrebbe consentito di veleggiare agevolmente sotto costa sino a Genova, in quanto nella zona di Nervi i venti catabatici erano meno forti. Non era tuttavia possibile ancorare fra Quinto al Mare e Foce (Besagno nel testo, dal nome del fiume Bisagno che qui vi sfocia), in quanto i fondali non consentivano un sicuro ancoraggio.
“A Sturla si può sorgere nella piaggia, buon loco e netto; e quando gli voi sorgere, va per contra a un loco ove si carrica, che è in mezzo de certe case grandi, e per segno ha di sopra un buco, e dritto a questo segno è la vera stanza e puoi prender quanto fondo voi, et è loco bono e netto.”
La rada di Sturla consentiva l’approdo di fronte alla spiaggia, dove era presente un caricatore. Attualmente i fondali si attestano tra gli 8 e i 9 metri di profondità.
“Genova porto de uno molo fatto per forza; la traversia sono mezzi giorni et lebecchi. Et le navi si ormezano ad ancora e prodesi al molo, et in zima del detto molo gli è passa n° […] e tra la capeletta e la cima gli sono passa n° […]. E sappi che gli è una darsena ove svernano le galere, e se gli entra per una bocca stretta, una galera per volta senza remi, overo a conigliare, e gli ponno stare 40 o 45 galere senza ferro in mare, anco con li più tristi capi che habbi in galera. E dentro alla detta darsena ve n’è un’altra ove stanno le barche del vino, che non vi è fondo; e se vi fusse spazato vi staria una bona somma de galere […][3]”
Il Porto Antico di Genova è solo in parte riconoscibile oggigiorno, ma sovrapponendo alle mappe odierne le mappe antiche, si possono ben identificare i luoghi descritti dall’Azurri, circoscrivendo il Porto Antico cinquecentesco tra la Villa del Principe e il Molo Vecchio.
La diga foranea sorgeva sull’attuale Molo Vecchio, e al posto dell’odierna ruota panoramica, vi era una lanterna chiamata Torre dei Greci. Costruita nel 1324 per delibera dei “Salvatores portus et moduli” nel quartiere di San Marco al Molo, popolato dai mercanti greci, corrispondente all’area degli attuali Magazzini del Cotone, davanti al Baluardo e alla Malapaga, per circa 300 anni la Torre dei Greci ha coadiuvato la Lanterna nel difficile compito di segnalare l’ingresso del porto. La sua storia ebbe fine nel XVII secolo, quando questa venne demolita per favorire i lavori di ampliamento del porto.
Fra questa e la darsena sorgevano quattro “ponti”, oggi sostituiti dai moderni moli Embriaco, Spinola, Calvi e Morosini.
A occidente di quest’ultimo pontile, nell’area oggi occupata dal Museo Galata sorgeva la Darsena, ovvero l’arsenale per le galee della flotta genovese.
“Sopra Genova vi puoi sorgere e afferarti per sino al Capo d’Albaro, netto per tutto, bon tenitore; e passato Albaro, sopra Sturla, buon loco, li puoi sorgere. E se volessi sorgere sopra la Malpaga, avertissi a non sorgere per contro al caruggio della piazza del Molo, da mezzo a Maselli alla Malpaga, quando li sei per contro che discopri la casa in faccia della piazza, non te gli afferrare, che vi è brutto et gli lasceresti le ancore. E tieni questo a memoria: o ti afferarai un poco più avanti o in dietro, che gli trovarai netto per tutto.”
Era possibile ancorare anche davanti a Genova, sino a Sturla, con l’unica eccezione della rada posta fuori dalle mura della Malpaga (attuale Calata Boccardo). Oggi l’area è occupata dal moderno Porto di Genova sino a Foce, mentre è ben riconoscibile la rada di Albaro, posta tra Punta Vagno e Boccadasse, la quale presenta un fondale sabbioso con batimetrie comprese fra i 6 e gli 8 metri.
“Savona non ha porto, ma tiene una darsena di novo fatta, e la sua entrada è stretta e non vi può entrare più d’una galera per volta, disarmata overo con il palamento in mare; e dentro ci è una stanzia e vi stariano galere e barche assai, e vi stai senza ferro in mare.”
La città di Savona cedette alla Repubblica di Genova nel 1528 dopo un periodo di guerre con lo Stato Pontificio sotto i papi Savonesi Sisto IV e Giulio II, entrambi della Famiglia Della Rovere. La città era dotata di una darsena corrispondente grossomodo a quella attuale (oggi porticciolo turistico), e guardata dalla trecentesca Torre Leon Pancaldo, risparmiata dalla distruzione delle mura del 1527 ad opera dei genovesi, e successivamente dalla imponente Fortezza del Priamar, edificata fra il 1542 e il 1544.
“Vaij è buona stanza, buon tenitore; però li maestri e tramontane vi forzano assai, e la sua traversia sono mezzi giorni e scirocchi.”
Vado Ligure subì la stessa sorte di Savona, e venne retto dal Governatore di Savona, sotto la Podesteria della Costa dei Vadi, la quale riuniva i centri di Vado e Segno. L’intera rada oggi è occupata da un grande porto commerciale.
“L’Isola di Arbenga è isola picola; se può salvare delle saetie assai con tutte traversie, et ancora si può salvare quatro galere ormezandose da maestro dell’isola, ancora e provese.”
A occidente di Savona, circa un miglio fuori della città di Albenga sorge l’Isola Gallinara, attorno alla quale era possibile ancorare a ridosso di tutti i venti con almeno quattro galere. Dal 1989 fa parte della Riserva naturale regionale dell’Isola di Gallinara. La città di Albenga tutt’oggi non ha porto.
“Arassi è una terra che non ha marage e lo mare batte le muraglie delle case, e sta discoperto alla traversia largo a mare uno miglio. Da ponente all’isola un altro miglio gli è la Fossa, buon fondo e buon tenitore, e gli ponno sorgere qual navi si vogliono […]”
A ponente dell’Isola Gallinara, in corrispondenza del Capo Santa Croce sorge oggi il porto turistico di Alassio, già nota zona di ancoraggio ai tempi dell’Azurri. Fuori dal porto i fondali variano dai 5 agli 8 metri di profondità.
“Alla Fossa Diano è buon loco, gli son statto sorto un poco più a ponente della terra, in passa 29, buon fondo; e lì ripari con greco e tramontana. E dritto per contro la terra è una colombara, se gli potria stare con vento fosse[4] [forte?], ma avertisci a non dare fondo sino a tanto che non sei per asconder la chiesia di S.Antonio che è sopra lo Capo delle Mele, è lo capo più a levante delli tre, e darai fondo alla tua ancora, che ti resterà de fuora, e un’altra di terra da maestro, e tu starai bene come se fussi in un porto; e per tutta questa abbacia afferrati, buon fondo, buon tenitore e netto, così a levante come a ponente.”
La grande rada di Diano Marina si apre fra il Capo Cervo a nordest, e il Capo Berta a sudovest, ma non va confusa con la rada indicata dall’Azurri, che va invece identificata nella rada di Marina di Andora, a occidente del Capo Mele. Sulla chiesa di Sant’Antonio a Capo Mele non ho trovato documentazione. Sul promontorio oggi sorge una stazione radar delle Forze Armate.
Sul punto di ancoraggio indicato dall’Azurri oggi sorge il moderno porto turistico di Andora, mentre nella rada i fondali variano dai 5 ai 13 metri.
Per chi volesse cimentarsi nella ricostruzione del paesaggio costiero dell’area esaminata, o per esigenze di navigazione, si consigliano la Carta nautica n.2, da Imperia a Portofino, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta nautica n.3, da Portofino a San Rossore, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.53, Porto di Savona-Vado, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.54, Porto di Genova foglio ovest, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.55, Porto di Genova foglio est, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.57, porto di Chiavari e Lavagna edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.58 Golfo Marconi (golfo del Tigullio), edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.60, rada della Spezia, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.104, Litorale di Savona, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.106, Litorale di Genova, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.104, Litorale di Savona, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.106, Litorale di Genova, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.107, Litorale da Nervi a Sestri Levante, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica n.115, Litorale della Spezia, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta 111 dei Simboli, abbreviazioni, termini in uso nelle carte nautiche edita dall’Istituto Idrografico della Marina, l’Elenco di Fari e Segnali da Nebbia, edito dall’Istituto Idrografico Militare, il Portolano P1, dal confine italo-francese a Marinella, edito dall’Istituto Idrografico della Marina, il portolano scritto da Mauro Mancini, Navigare Lungo Costa volume N.1, Dal golfo della Spezia all’Argentario. L’arcipelago toscano e la Corsica orientale, ed il volume N.4, Riviera ligure e Costa Azzurra, edito da Class Editori nella collana Tagliamare, Instructiones Nautiques, Italie et Iles Maltaises, volume D3, edito dal Servizio Idrografico ed Oceanografico della Marina Francese.
Written by Claudio Fadda
Info
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Note
[1] Testo frammentario.
[2] Si tratta probabilmente di un errore di trascrizione. Con buona probabilità la parola corretta è “derivano”, da “derivare”, esser portati fuori rotta dalla corrente marina.
[3] Testo frammentario.
[4] Si tratta probabilmente di una errata trascrizione della dott.ssa Bazurri, per confusione delle lettere “r” e “t” nella parola “forte”.
Bibliografia
Gerolamo Azurri, Carta di Navigare, Civico Istituto Colombiano, Genova, 1985
4 pensieri su “Carta di Navigare di Gerolamo Azurri #23: la costa della Liguria, nel portolano della metà del 1500”