“L’isola di noi” di Federico De Rosa: guida al paese dell’autismo

Caro Federico, ho appena lasciato l’isola e la sto sorvolando e ancora non ho capito se per te il tutto è stato un gioco o un atto di fede, o un a mezzo a mezzo.

L'isola di noi - Federico De Rosa
L’isola di noi – Federico De Rosa

Quando lessi la “La città del Sole” scritto da un tuo illustre predecessore, ebbi lo stesso dubbio.

Poi decisi.

Tommaso Campanella credeva in quella società giusta, fatta a misura d’uomo e finii per crederci almeno un po’ anch’io.

Per il tuo libro è troppo presto per giungere ad una decisione, per cui lo riprendo in mano, mentre, dall’alto, scruto l’ultimo paesaggio di “Autinia” (termine neuro-tipico) o, come tu la chiami, “L’isola di Noi”.

Colgo una gran differenza con lo spettacolo di terre coltivate che scorgo mentre mi alzai da Bologna e poi da Catania qualche mese fa. Non ci sono terre coltivate, ma dei piccolissimi orti. C’è pochissima gente che cammina a piedi, e nessuna auto.

A pagina 12 identifichi in modo chiarissimo l’handicap dell’iper-egocentrismo, che grava su noi neuro-tipici, quello che alla lunga produce conflitti sociali nazionali e guerre internazionali. Da voi esiste, ma in maniera residuale.

A pagina 17 cogli lo spirito della costituzione di Autinia, per cui la differenza tra gli uomini esiste e rappresenta un valore, un carisma, un dono che va salvaguardato.

A pagina 29 spieghi come sia il neuro-tipico (d’ora in poi NT) che l’autistico (AUT) hanno i loro problemi.

A pagina 39 avvisi che un AUT, guarendo, non deve diventare necessariamente un NT.

A pagina 37 informi che l’abitante di Autinia può partecipare alla vita politica, senza candidarsi volontariamente, ma restando a disposizione della volontà della maggioranza della popolazione, ma non per scelta di un partito politico.

A pagina 38 neghi ogni convivenza tra piradismo gerarchico e autismo.

Nessuno deve avere quella che Pasolini definiva l’anarchia del potere. Il poter (collaborare) è un diritto di chiunque.

Inoltre, a pagina 41, accenni al fatto che ad Autinia nessun politico esercita troppo l’arte della retorica, stante il carattere autistico poco avvezzo alla parola.

A pagina 45 valuti che un soggiorno ad Autinia aiuterebbe il NT a sviluppare l’empatia verso il suo prossimo.

A pagina 46 la silenziosa suor Lara illustra, tacendo, il concetto precedente.

A pagina 52 identifichi nel carattere autistico di un bambino AUT il punto iniziale da amare e da conoscere da parte del genitore.

A pagina 56 colleghi l’handicap alla situazione, per cui un cieco non è handicappato ad un concerto musicale, un sordo non lo è ad una mostra di quadri, e non lo è un AUT in un eremo immerso nel silenzio.

A pagina 58 affermi che la natura di un individuo non dev’essere violentata ed adattata, ma socializzata nel rispetto della diversità umana.

A pagina 64 evidenzi come ad Autinia il divertimento sia gioioso perché silenzioso, non sebbene silenzioso.

A pagina 68 ricordi che un film non si vede soltanto, ma si sente, si partecipa, si vive, per cui un AUT normalmente entra moralmente nel film e ne diventa un personaggio, solo in apparenza esterno.

A pagina 74 osservi che per alcuni la felicita è una collezione di tanti piaceri, tanto che si perde di vista il singolo attimo.

A pagina 79 descrivi l’armonia che nasce durante un gioco di pallone, a cui partecipano sia NT che AUT, definendo economico qualsiasi passo in avanti nella edificazione di sistemi interiori, sociali e al contempo personali.

A pagina 83 concludi che l’AUT spesso si rifugia nel suo IO più recondito, perché l’NT aggredisce la sua condizione, negandone ogni valore, mentre si dovrebbe parlare di “altri” valori da scoprire.

A pagina 89 mostri come nasce e si forma il rapporto sentimentale tra due AUT, che iniziano dal loro Io che entra silenziosamente ed empaticamente in quello dell’Io Altro, che è sempre più limitrofo.

A pagina 91 la coppia innamorata viene intesa come il fulcro della società, come per gli stessi NT è la famiglia.

A pagina 93 le piccole ma fortissime parole o i grandi silenzi degli AUT innamorati fondano le basi di un amore che cresce come un fiore, lentissimamente ma inesorabilmente.

A pagina 95 il silenzio si propone come uno dei più grandi valori dell’umanità, capace di spostare le montagne del nostro egoismo.

A pagina 98 paragoni l’imbarazzo del ritorno da Autinia da parte di un NT allo scombussolamento dovuto al cambiamento di fuso orario.

A pagina 106 riprendi i concetti di pagina 83, dicendo che talvolta un AUT non compreso, non accettato e non educato con rispetto rischia, rifugiandosi nel suo Problema, di sconfinare nella pazzia.

A pagina 107 proponi l’integrazione fra AUT e NT come una necessità globale della società intera, oltre che una tua (e mia) personale speranza.

Scusami, Federico, se talvolta ho travisato involontariamente i tuoi commenti “in rosso”, che mi hanno permesso di saltellare gioiosamente dall’inizio alla fine, senza rileggere tutto il libro. Li ho interpretati, giocherellati.

Ricordati sempre dell’insegnamento di Borges.

Il lettore continua l’opera dello scrittore.

Federico De Rosa
Federico De Ros

E intanto provo, eventualmente, a commentare le tue risposte alle FAQ. E invece no, non ho nulla da aggiungere, non essendoci altro che raccontare alcuni fatterelli miei.

Ho cominciato a parlare a quasi tre anni (due anni prima di Einstein), non so perché. So che i miei erano preoccupati, ma pare che io non mostrassi chiusure o fughe. Semplicemente, forse, mi scocciava.

Ma non ricordo nulla di quei primi anni. Forse non ero affatto autistico, ma non ne sono certo.

Forse, al massimo, ero un Asperger di serie B. Trasandato nel vestire lo sono, eccome!

Mio figlio ha iniziato a parlare a due anni, ma già conosceva bene le parole.  Una volta mi indicava qualcosa che era in alto.

Provai a interpretare, fallendo i primi tre tentativi e poi dissi “luce?” Fece sì con la testa. Voleva che chiudessi e lo lasciassi finalmente dormire.

Una penultima cosa, Federico. A volte mi capita un piccolo incidente o sono responsabilità di una gaffe che involontariamente fa del male a qualcuno, o che io credo possa avere fatto del male a qualcuno.  E ci sto male.

Anche a distanza di tempo, se ci penso, soffro un po’.

A volte, nel rimembrare l’antica esperienza, lascio un grido o ripeto ad alta voce due o tre volte il verso di una canzone che non c’entra nulla, o un richiamo disperato ad una persona cara, come per ottundere l’emozione negativa.

Non è male per un NT!

Vero?

L’ultima cosa: non ho ancora la soluzione al quesito di riga 2-3.

Alla prossima!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

L’isola di noi, Federico De Rosa, Edizioni San Paolo

 

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