Il tè Matcha: una storia di benessere lunga 1500 anni

“Vedendo il piacer grande ch’io sopra gl’altri pigliauo di questi, mi disse che in tutto ‘l paese del Cataio s’adopra anco vn altra herba, cioè le foglie, la quale da què popoli si chiama Chiai-Catai: et nasce nella terra del Cataio, ch’è detta Caciansù; la quale è cōmune et apprezzata a tutti què paesi. – Giovanni Battista Ramusio

Giovanni Battista Ramusio
Giovanni Battista Ramusio

Nel corso del ‘500, l’umanista e geografo della Serenissima Repubblica di Venezia Giovanni Battista Ramusio compila su richiesta del doge un monumentale trattato dal titolo “Delle navigationi et viaggi”.

Questo è considerato il primo trattato geografico dell’età moderna, pubblicato fra il 1550 e il 1606, che riunisce più di cinquanta memoriali di viaggi e di esplorazioni dall’antichità classica fino al XVI secolo, da Marco Polo, a Vespucci, ma non solo. È anche il primo libro scritto in Occidente in cui si parla della raffinata bevanda che noi oggi chiamiamo comunemente “tè”. Ramusio, in questa opera, narra di un mercante arabo di nome Hajji Mahommed, il quale racconta:

“Fanno detta herba così secca come fresca bollire assai, et pigliando de questa decottone vno o doi bichieri a digiuno, leua la febre, il dolor di testa, di stomacho, delle coste et le giunture, pigliandola fatto calda quanto si possa soffrire. […] Et per ciò è tanto cara et apprezzata c’ogn’uno che va ī viaggio ne vol portar seco. […] Et che quelli popoli Cataini dicon che nella terra di Persia la si conosce et che li mercanti ben darebbero per essa uno sacco di Rehubarbaro.”

Se nel pieno del rinascimento italiano il tè destava ancora stupore, ben diversa era la concezione che se ne aveva nella Cina dell’VIII sec. d.C. È qui che comincia la lunga storia del tè matcha.

“Le circostanze nelle quali si beve hanno motivi profondi! Per placare la sete si beve acqua, per dare conforto alla melanconia si beve vino, per scacciare il torpore e la sonnolenza si beve tè.” – Lu-Yu

A Lu-Yu, un letterato e maestro del tè vissuto in Cina fra il 733 e l’804 d.C. in piena dinastia Tang (618-907), dobbiamo il primo testo monografico sulla cultura cinese del tè: il Cha Jing, il Canone del Tè, scritto al termine dei suoi studi presso il Monastero Longgai.

Fu Lu-Yu a scoprire la relazione fra la purezza dell’acqua e la riuscita di un buon tè dopo la scoperta di una sorgente d’acqua purissima nei pressi del monastero in cui studiava sotto la guida del maestro Zou Fuzi, il quale fu talmente commosso dalla sua dedizione, che lo incoraggiò a proseguire nella Via del Tè.

Lo Cha Jing è suddiviso in 3 libri e 10 capitoli: il primo libro racchiude i primi tre capitoli, il secondo solo il quarto ed il terzo i restanti sei.

Nel primo capitolo sono trattate le origini mitologiche del tè in Cina, e se ne descrive la pianta. Nel secondo capitolo sono descritti gli utensili per la lavorazione e le relative istruzioni.

Nel terzo capitolo sono riportate le raccomandazioni dettagliate per la raccolta e preparazione (clima, momento della giornata e stagione). Nel quarto capitolo sono elencati i 28 strumenti per l’ebollizione e la degustazione del tè.

Lu-Yu - maestro del tè cinese
Lu-Yu – maestro del tè cinese

Nel quinto capitolo sono descritti tutti gli aspetti relativi all’ebollizione del tè (acqua, tempo, recipienti). Nel sesto capitolo si descrivono le proprietà del tè, la sua storia e le principali tipologie conosciute nell’ottavo secolo, le ragioni per bere il tè e lo sviluppo di questa usanza.

Nel settimo capitolo sono raccolte una serie di leggende cinesi sull’origine del tè, da Shennong alla dinastia Tang. Nell’ottavo capitolo si trattano le aree di coltivazione e si comparano le diverse qualità di tè secondo la loro provenienza.

Nel nono capitolo si elencano alcune procedure che possono essere omesse ed altri metodi improvvisati quando si è sprovvisti degli strumenti appositi. Nel decimo capitolo sono raccolte le illustrazioni relative agli argomenti trattati nei precedenti nove capitoli.

“L’acqua è la madre del tè, la teiera suo padre ed il fuoco il suo maestro.” Lu-Yu

Durante la dinastia Tang in Cina le foglie del tè venivano cotte al vapore e poi pressate in specie di “mattoni” per lo stoccaggio e il commercio. Il tè veniva preparato scaldando e polverizzando il tè, e quindi bollendo la polvere che se ne ricavava in acqua calda, aggiungendo del sale.

Il sistema di preparazione prescritto da Lu Yu era quello del tè bollito zhucha o jiancha. Per preparare la bevanda si prendeva un pezzetto di tè pressato, lo si abbrustoliva, una volta raffreddato lo si polverizzava e si versava la polvere di tè dentro a un calderone di acqua bollente precedentemente salata. Poi il decotto veniva servito nelle tazze servendosi di un mestolo.

Nel corso della dinastia Song (960-1279) il metodo della preparazione del tè a vapore con foglie essiccate, polverizzate e poi mescolate in una ciotola con la frusta, divenne molto popolare.

La preparazione e il consumo di tè in polvere venne definita nel rituale buddista chan. Il primo codice monastico chan esistente, il Chanyuan qinggui (Regolamento di purezza per un monastero chan) risale al 1103, e descrive in dettaglio il galateo per le cerimonie del tè.

Nel XII secolo, il monaco Zen Eisai (1141-1215) portò in Giappone dei semi di tè raccolti in un viaggio di studio in Cina. Nel corso dell’VIII secolo, tuttavia, i monaci buddisti Saichō (767-822) e Kūkai (774-835) avevano già importato semi di tè dalla Cina.

Ma a quel tempo, come descritto da Lu-Yu, il tè veniva trasformato in mattoni o torte cubici compressi, e fu solo nel secolo successivo che un tipo di tè in polvere, simile a quello che oggi percepiamo come matcha, divenne lo standard.

Tè Matcha - BioTea
Tè Matcha – BioTea

Questa forma di tè in polvere veniva comunemente usata nei monasteri cinesi Chan [in lingua giapponese Zen], ed era venerata per i suoi benefici vitalizzanti e curativi. Oltre a implementare questa applicazione del tè nella sua prassi buddista, il monaco Eisai ha anche scritto un libro intitolato “Kissa Yōjōki”.

Si ritiene che Eisai raccomandò la coltivazione e il consumo regolare di tè al suo allievo Myōe (1173–1232), un monaco buddista appartenente al Tempio di Kōzan-ji sulla montagna Toganoō a nord-ovest di Kyoto. Myōe prese molto sul serio il consiglio del suo maestro e si dedicò alla coltivazione delle piante di tè nei recinti del tempio.

Nel tempo scoprì che la fertilità del suolo e la rugiada del mattino che si formava sulla foglia di tè a causa del vicino fiume Kiyotaki erano condizioni eccellenti per la coltivazione del tè.

È da questo punto in poi che il consumo di tè, principalmente in polvere, si diffuse in tutto il Giappone, inizialmente per l’uso nei monasteri buddisti, e successivamente anche nell’élite militare.

Mentre in Giappone il consumo di matcha sta gradualmente diminuendo, la popolarità del tè matcha e del rituale del Cha no yu (letteralmente “acqua calda per il tè”) stanno rapidamente crescendo in Occidente.

Il Cha no yu conosciuto in Occidente anche come “cerimonia del tè”, è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone, indicato anche come Chadō o Sadō, (la Via del tè). È una delle arti tradizionali zen più note. Questa cerimonia e pratica spirituale può essere svolta secondo canoni diversi ed in forme diverse a seconda della scuola.

Nella cerimonia del tè denso (koicha) viene utilizzata una polvere proveniente dalle foglie più giovani delle piante di tè più vecchie della piantagione. Viceversa, nella cerimonia del tè leggero (usucha) viene utilizzata una polvere proveniente dalle foglie più vecchie delle piante più giovani, risultando al tatto leggermente più amaro del tè denso. La polvere per il tè denso può essere usata per preparare il tè leggero, ma non viceversa.

Per il tè leggero viene usata in proporzione il doppio dell’acqua utilizzata per la preparazione del tè denso; quest’ultimo risulta quindi più pastoso al palato. Anche i contenitori utilizzati per conservare il tè sono differenti. Il tè leggero usucha, a seguito dello sbattimento dell’acqua col frullino (chasen) durante la preparazione, si ricopre di una sottile schiuma di una tonalità particolarmente piacevole e che si intona coi colori della tazza.

Il matcha viene mescolato all’acqua calda con l’apposito frullino di bambù, creando non un’infusione ma una sospensione, cioè la polvere di tè viene consumata insieme all’acqua.

Per questo motivo e per il fatto che il matcha viene prodotto utilizzando i germogli terminali della pianta, la bevanda ha un effetto notevolmente eccitante. Infatti, veniva utilizzata, e ancora lo è, dai monaci Zen, per rimanere coscienti durante le pratiche meditative (zazen).

Gli importanti benefici per la salute del fisico e dello spirito che sono stati attribuiti al matcha, lo hanno reso un prodotto molto desiderato in Occidente.

Edoardo Barbero, titolare della BioTea – Selezione Italiana Tè Pregiati, grazie alla sua esperienza trentennale in Estremo Oriente, seleziona per la clientela italiana ed europea le migliori qualità di Tè incluso il Matcha provenienti da coltivazioni dove la lavorazione è ancora svolta secondo metodi tradizionali.

Edoardo Barbero
Edoardo Barbero

L’obiettivo principale è quello di scegliere esclusivamente Tè provenienti da coltivazioni dove non vengono utilizzati pesticidi e sostanze chimiche di sintesi.

Edoardo Barbero conosce e frequenta personalmente i piccoli produttori nelle zone di coltivazione, monitorando tutte le fasi della produzione dalla coltivazione, raccolta, lavorazione e confezionamento, in modo da garantire sempre un prodotto di altissima qualità e privo di qualsiasi sostanza chimica inquinante.

Rendere note le proprietà benefiche e terapeutiche del Tè con la sicurezza di proporre un prodotto di alta qualità è la missione di BioTea come lo stesso Barbero afferma:

“Il nostro contatto diretto con alcuni ricercatori di importanti università nel mondo ci permette di essere sempre aggiornati sui risultati delle ultime ricerche, che anno dopo anno confermano la grande potenzialità benefica che questa pianta può avere sulla salute. Altro nostro obiettivo è quello di far conoscere una cultura millenaria che racchiude una raffinatezza di profumi, fragranze e sapori ineguagliabili nel loro genere. L’esperienza mi ha insegnato ad apprezzare le virtù di questa pianta e l’affascinante rituale della preparazione del Tè che intendiamo comunicare in ogni nostra degustazione. Il Tè riesce a catturare con la sua magia e la sua calma il frenetico mondo contemporaneo senza mai passare di moda. Mi auguro che un numero sempre maggiore di persone possa scoprire l’affascinante mondo che solo il Tè sa offrire e in particolar modo le grandi potenzialità curative e preventive che questa straordinaria pianta può avere sulla nostra salute.” – Edoardo Barbero, BioTea

 

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Sito BioTea

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