“Anne Frank. Vite parallele” docufilm di Sabina Fedeli ed Anna Migotto: perché nulla cada nell’oblio dei nostri tempi difficili
“Una singola Anna Frank detta più commozione delle miriadi che soffrirono come lei, la cui immagine è rimasta nell’ombra.” – Primo Levi
Secondo l’opinione di molti, Anna Frank è diventata il simbolo della Shoah.
Grazie al suo diario, trovato all’indomani della liberazione dei superstiti dell’Olocausto. Oggi, Anna avrebbe celebrato il suo novantesimo compleanno: era nata infatti nel 1929.
Ma quando è stata deportata, nell’agosto del 1944, era solo una giovinetta.
Su questa ragazzina, morta a quindici anni e vittima della ferocia nazista, molto è stato detto e scritto.
Questa volta, a realizzare un docufilm su Anna Frank, è la Nexo Digital, in collaborazione con 3D Produzioni, Rai Cinema e Anne Frank Fond di Basilea e il Piccolo Teatro di Milano. Scritto e diretto da Sabina Fedeli ed Anna Migotto è uscito nelle sale cinematografiche l’11, 12 e 13 novembre 2019 con replica nel pomeriggio del 23 novembre.
Ed è accompagnato dall’eccellente colonna sonora di Lele Marchitelli.
“Era il 12 giugno 1942, Anna iniziò a scrivere il suo diario e decide di dare un nome alla sua amica immaginaria…” – Helen Mirren
A leggere e interpretare le pagine del diario di Anna è un’attrice d’eccezione: Helen Mirren, la quale, con tono morbido e cadenzato, dà voce alle riflessioni che la giovane ha affidato ai suoi quaderni, regalo di Otto, suo padre, per il suo tredicesimo compleanno. Riflessioni sulla vita, sugli accadimenti che avvenivano intorno a lei in quella Amsterdam, che aveva imparato ad amare dopo il trasferimento dell’intera famiglia dalla Germania, loro luogo d’origine.
E poi speranze, quelle cullate nel suo cuore di giovanissima donna che sta per sbocciare alla vita da adulta. Sogni coltivati, i quali vanno oltre gli eventi storici, terribili, che investono l’Europa in quel periodo, e di cui Anna viene a conoscenza attraverso fonti sicure: la coppia che, clandestinamente, aiuta i Frank a sopravvivere. Dove, nascosti in un misero appartamento, condiviso con altre persone, ascoltano le frammentarie notizie che li raggiungono attraverso radio Londra e grazie ad esponenti olandesi in esilio.
Ed ecco che la Mirren, con un’intonazione malinconica e struggente, mostra allo spettatore, già partecipe delle vicende raccontate, la cameretta di Anna e la sua scrivania, quella che ha visto la giovane affidare frasi e parole al suo diario, immaginando di comunicare con un’ipotetica amica di nome Kitty.
Ed esprimere, sempre nel quadernetto, i suoi malumori, la triste condizione in cui era costretta a vivere, i piccoli conflitti, o diverbi che fossero, con la madre. A cui, peraltro, voleva un gran bene.
E poi, l’emozione che le nasceva dentro, vivendo accanto al giovane Peter, anch’egli abitante della casa, oltre ai loro tentativi mal riusciti dei primi approcci amorosi.
“Nel diario Peter diventa un tesoro, con cui stare abbracciati nel buio della soffitta…” – Anna Frank
Tutto ciò viene riferito mentre sullo schermo compaiono le orribili immagini, di cui già si ha certezza, della vita che conducevano gli ebrei deportati nei lager nazisti. Vittime di una denutrizione spaventosa, di una magrezza al limite della sopravvivenza, e costretti a fare i più terribili servizi, quali scavare fosse comuni dove gettare poi, alla stregua di animali, i loro compagni di vita.
Mentre, una voce fuori campo snocciola dati e numeri sulla sconvolgente quantità di persone, che hanno subito la stessa sorte di Anna nei campi di sterminio.
Sviluppato su piani paralleli diversi, Anne Frank. Vite parallele porta lo spettatore a partecipare agli interventi di alcune persone scampate miracolosamente alla barbarie nazista. Le cui storie s’intrecciano con quella della giovane.
Una signora d’età, la quale conobbe personalmente Anna Frank nel campo di Bergen Belsen. Quindi, testimonianze di gente anziana, se non vecchia, ma i cui ricordi sono lucidi e tuttora colmi di afflizione: una ferita ancora aperta nella parte più profonda del loro sé. Perché gli eventi che li hanno visti protagonisti sono segni indelebili nei loro cuori, e di ciò ne danno una testimonianza colma di pathos.
“Era stata quella l’unica volta che avevo capito di morire…” – Una testimone
Da non dimenticare, che le donne intervistate sono state deportate nei lager in età infantile e lì hanno perso i loro familiari. Dalle loro testimonianze, tutte importanti, emerge un fatto grave, al pari di altre violenze messe in atto dai nazisti, ovvero, la dignità tolta a queste persone dal nazismo. Che è uno dei mali peggiori che un essere umano possa subire, in virtù anche del numero stampigliato sulle loro braccia, che non le identificava più come persone ma come numeri.
E, del numero, rimasto inciso sul braccio di una vecchia signora intervistata nel docufilm, il nipote di questa ne ha voluto fare un simbolo. Il giovane ha mostrato, infatti, un tatuaggio sul proprio braccio con lo stesso numero con cui la nonna era riconosciuta dai nazisti.
Anche in questo caso, perché nulla cada nell’oblio dei nostri tempi difficili, dove il fenomeno del ‘negazionismo’ è tanto diffuso quanto deleterio per il genere umano.
Ancora, interventi di storici e conoscitori dei tristissimi fatti, al fine di dare conto, una volta ancora, dell’aberrazione messa in atto da un pazzo criminale come Adolf Hitler, che andava fermato a tutti i costi. Tutto ciò, mentre sullo schermo appare e scompare una ragazza, a personificare l’amica a cui Anna Frank confidava i suoi pensieri, la quale accompagna lo spettatore nei luoghi visitati da Anna durante la sua breve vita.
Poi, in un’immagine commovente, tratta da un video rarissimo, la giovane autrice del diario, affacciata da un balcone della sua casa di Amsterdam, sorride lieta e spensierata, senza alcuna consapevolezza del crudele destino che l’aspetta.
“L’ottimismo di Anna e di molti adolescenti come lei era contagioso… volevano credere nel futuro a tutti i costi…”
Altre immagini, alcune delle quali pressoché inedite, scorrono davanti agli occhi dello spettatore esterrefatto; per esempio, quelle mostrate all’epoca agli ispettori della Croce Rossa Internazionale, i quali si erano recati nei campi per verificare le condizioni della gente trattenuta lì. Immagini, frutto di simulazione, dove i ‘detenuti’ sorridevano felici della loro condizione, e si ricreavano con spettacoli teatrali e orchestrine e altre simili divagazioni, con lo scopo ultimo di dimostrare il loro buonumore. Pertanto, un’ulteriore beffa del regime per ingannare il resto del mondo.
Ma anche per mostrare, in un parallelismo, le misere condizioni della popolazione tedesca, vessata dai bombardamenti e bisognosa di tutto, anche dell’essenziale per nutrirsi. Ciò, a riprova, secondo il regime, di quanto esso fosse tollerante e pieno di benevolenza nei confronti degli ebrei, protetti e salvaguardati dalle brutture della guerra.
Terminata la guerra, dopo la liberazione, il generale Eisenhower, comandante supremo delle forze alleate, pretese dai cittadini, abitanti in prossimità dei campi di sterminio, i quali dichiaravano di non sapere nulla di ciò che accadeva intorno a loro, che venissero obbligati a visitare i macabri luoghi sfilando in mezzo a file di cadaveri, e recarsi poi presso i forni crematori che avevano visto migliaia e migliaia di persone annientate da gas micidiali.
“Tante volte se si è in due riesci a salvarti, se hai una sorella, se hai una madre che riesce a barattare un mestolo di minestra in più…” – Anna Frank
In conclusione, a commento del docufilm, quale giudizio esprimere?
Non si può che ammirarne la realizzazione, cruda sì, ma perfettamente aderente alla realtà dei fatti storici conosciuti, uno fra i più aberranti del Novecento, di cui il genere umano, e nello specifico il nazismo che ne è stato l’artefice, avrebbe dovuto dare conto.
L’Olocausto è stato un fenomeno che ha visto morire sei milioni di innocenti, i quali non avevano colpe se non quella di essere ebrei. Ma non solo gli ebrei erano invisi ai nazisti, anche altre furono le categorie sgradite al Partito Nazional Socialista: zingari, omosessuali e dissidenti del regime.
Da aggiungere infine, che Anne Frank. Vite parallele è una nuova e integra interpretazione della deportazione degli ebrei nei diversi campi di concentramento, e non soltanto una testimonianza a proposito della giovane vita di Anna Frank, un’eroina dei nostri tempi, la cui vita è stata spezzata troppo presto da un disegno perverso.
“Come possono le persone diventare così? Non riesco a immaginare tutta questa crudeltà…” – Anna Frank
Written by Carolina Colombi
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