“Follia sacra”, poesia di Gialâl ad-Dîn Rûmî
“Follia sacra”[1]

Lascia ogni ipocrita astuzia, o amante, diventa pazzo, diventa pazzo!
Entra nel mezzo del fuoco, diventa falena, diventa falena!
Rendi te stesso estraneo, distruggi la casa,
e poi vieni, e, con gli amanti, dividi la casa, dividi la casa!
Va, e il petto tuo con acqua purissima lava e rilava da ogni malizia,
e poi, pel vino d’amore, diventa calice, diventa calice!
Bisogna che tutt’anima divenga per esser degno dell’Amato dell’anima,
e, se verso gli ebbri vai, vacci da ebbro, vacci da ebbro!
Poi che l’orecchino alle belle fa compagnia alla guancia rosata,
se vuoi quell’orecchino e quella guancia, diventa perla, diventa perla!
E poiché l’anima tua è balzata nell’aria per la mia dolce leggenda,
annientati allora e, come gli amanti, diventa fiaba, diventa fiaba![2]
Tu sei notte di Tomba, va e divieni notte del Destino[3]
e, come il Destino, agli spiriti tutti diventa nido, diventa nido!
I tuoi pensieri mirano a un luogo e là ti trascinano:
tralascia i pensieri, e, come il Destino, diventa veggente, diventa veggente!
Desiderio e fantasia serrature sono che serrano i cuori:
tu fatti chiave e, a quella chiave, diventa dente, diventa dente!
La luce divina del Profeta carezzò il tronco del Hannânè[4]
Tu non sei da meno di un legno, diventa Hannânè, diventa Hannânè!
Salomone ti dice: Ascolta il parlar degli uccelli!
Bestie e uccelli han paura di te, ma va, diventa tana, diventa tana![5]
Se l’idolo svela il suo volto, riempiti di lui come specchio,
e se scioglie le trecce l’Idolo, va, diventa pettine, diventa pettine!
Fin quando andrai, come Torre, solo in due direzioni? Fin quando sarai debole come Pedina?
Fin quando andrai storto come Alfiere? Diventa Regina, diventa Regina![6]
Hai ringraziato finora l’amore dei doni e dei beni ch’egli t’ha dato:
dà ora in dono te stesso, diventa un grazie, diventa un grazie!
Per lunga era fosti pietra, per altra era fosti bruto,
e ancora un’era anima fosti, diventa Amato, diventa Amato.
O spirito loquente finché correrai qua e là per tetti e per mura?
Lascia ogni discorso di lingua, diventa muto, diventa muto!

Jalāl ad-Dīn Muḥammad Balkhī, anche conosciuto come Jalāl ad-Dīn Moḥammad Rūmī, conosciuto come Mevlānā in Turchia e come Mowlānā (persiano: مولانا [moulɒːnɒː]) in Iran e Afghanistan (Balkh, 30 settembre 1207 – Konya, 17 dicembre 1273) è stato un ʿālim, teologo musulmano sunnita, e poeta mistico di origine persiana. Nasce da genitori di lingua persiana a Balkh, nella regione del Khorasan, odierno Afghanistan, o forse nella più piccola città di Wakhsh, nell’odierno Tagikistan. A dieci anni, nel 1217, compie il pellegrinaggio alla Mecca, partendo dal Khorasan, in compagnia della sua famiglia. Nel 1219, su iniziativa del padre, il teologo, mistico e giurista musulmano Bahā ud-Dīn Walad, l’intera famiglia ripara nel nordest dell’Iran, a causa dell’invasione mongola.
Secondo la tradizione, passò con la sua famiglia anche attraverso Neishabur e lì incontrò il vecchio poeta Farid al-Din ‘Attar. Il poeta avrebbe profetizzato un futuro splendente al giovane Rumi e gli avrebbe donato un esemplare del suo poema epico, Il libro dei segreti, nominando al contempo il ragazzo come il continuatore ideale della sua opera.
Due eventi spirituali furono determinanti nella vita di Rūmī. Uno fu l’incontro, nel 1244, con il misterioso personaggio noto come Shams-i Tabrīzī (“il sole di Tabrīz”), suo maestro spirituale a sua volta profondo studioso delle scienze teologiche e giuridiche islamiche, particolarmente sapiente nei riguardi della scuola di Shāfiʿī, lo sciafeismo. Il loro legame fu tanto stretto da destare un notevole scandalo e da portare alla scomparsa di Shams in misteriose condizioni. In seguito alla morte dell’amato maestro, Jalāl al-Dīn ebbe un momento di particolare capacità creativa che lo portò a comporre una raccolta di poesie comprendenti ben trentamila versi.
Il secondo evento fu la conoscenza, a Damasco, di Ibn Arabi, grande mistico islamico, tra i più grandi teorizzatori della waḥdat al-wujūd o “unità dell’essere”. Rūmī riuscì a fondere in modo perfetto l’entusiasmo inebriato di Dio di Shams-i Tabrīz con le sottili elucubrazioni e le visioni di Ibn al-‘Arabi. La realtà terrena, sostiene esplicitamente Rūmī, non è che un riflesso della realtà simbolica che è la vera realtà.
Fondatore della confraternita sufi dei “dervisci rotanti” (Mevlevi), è considerato il massimo poeta mistico della letteratura persiana. In seguito alla sua dipartita i suoi seguaci si organizzarono nell’ordine Mevlevi, con i cui riti tentavano di raggiungere stati meditativi per mezzo di danze rituali e musica (nella quale predominante era il suono del flauto ney, da Rumi esaltato nel proemio del suo Masnavī).
Note
[1] “Follia sacra” è basato su un radîf (specie di ritornello, ripetizione di stesse parole alla fine di ogni distico) in -ânè shou, cioè “diventa qualcosa che finisce in -ânè.
[2] Fiaba (afsânè) è tradizionalmente connessa a leggendari racconti che addolciscono il cuore, e, talora, lo addormentano. Divenire fiaba come gli amanti significa, dunque, passare in un mondo di sogno come gli antichi amanti delle leggende.
[3] Il gioco di parole è fra Leilat al-Qabr (Notte della tomba) e Leilat al-Qadr (Notte del Destino). Quest’ultima notte è, secondo il Corano, una notte benedetta (secondo i commentatori la notte dal 26 al 27 ramadân) nella quale sarebbe stato rivelato il Corano. Secondo altre tradizioni è in questa notte che Iddio fisserebbe i destini degli uomini per tutto l’anno seguente.
[4] Secondo una tradizione sarebbe un albero, appoggiandosi al quale il Profeta Muhammad usava predicare.
[5] Salomone sapeva parlare con gli uccelli; gli uccelli e le altre bestie fanno pensare alla tana che, provvidenzialmente, in persiano si dice lânè (adatta quindi allo schema ritmico dell’ode). L’uomo che diventa tana o nido significa che li comprende in sé, ne capisce il linguaggio.
[6] Paragone con il gioco degli scacchi.
Fonte biografia
Bibliografia
Poesie mistiche di Gialâl ad-Dîn Rûmî, a cura di Alessandro Bausani, Fabbri Editori, 1997