“Io e Dio” di Vito Mancuso: il confronto con la parola di Padre Aldo Bergamaschi
Per onestà, premetto che, nell’analisi del tuo “Io e Dio”, faccio riferimento all’opera di Aldo Bergamaschi, un maestro che, pur essendo io uno dei tanti ignoranti della natura eventuale di Dio, riconosco come esemplare nel riconoscimento, da un punto di vista logico, dei caratteri della vera fede cristiana e che non pare in contrasto con quello che tu stai delineando.

Esamino il tuo libro: I.3 (pag. 37):”… la religione è oggi nel bene e nel male la principale sorgente dell’identità, non solo a livello geopolitico, ma anche personale…”
Poco su dicevi che la religione è ormai l’unico pensiero-forte politicamente significativo che investe tutto la parte ‘positiva e attiva’ dell’uomo. Intendi, immagino, per religione l’insieme delle idee che si basano sulla fede nel trascendentale, e non quello che si intende come istituzione secolare religiosa: in collegamento o in opposizione politica al potere politico laico.
Mi sento di dissentire sull’estensione a livello personale. Bobbio, che tu citi, ne è un esempio. Nel mio piccolo anch’io. Altrimenti cosa mi avrebbe fatto a leggere la Bibbia a 17 anni, già ateo (così allora mi consideravo).
Pensavo: io sono a-teo, come sono a-Ferrari, a-Gioconda, a-Torre Eiffel: tutte queste cose mi mancavano.
Poi mi dissi agnostico, finché non capii che un agnostico crede di non poter indagare il mistero di Dio, come uno scettico. A me che mancava la fede, rimaneva la speranza.
Poi preferii, dopo i quarant’anni, la definizione di ignorante, nel senso più nobile, quello socratico.
Negli anni lessi anche “Bardo Thodol”, “Tao te ching”, “I Ching”, “Corano”, “Il libro di Mormon”, “Bhagavat Gita”, “La verità che conduce alla vita eterna” (geoviana), ma anche “L’elogio della follia”, Krishnamurti, Nietzsche, Kieerkegaard, etc etc…
Poi conobbi Aldo Bergamaschi (d’ora in poi Aldino), contemporaneamente a mio cugino Daniele. Lui divenne prete, dei Servi della Chiesa, poi parroco a Pratofontana, io no, rimasi quello che avevo scoperto di essere: ignorante. Ma posai, a mo’ di seme, la mia speranza nel principio di non-contraddizione.
I.4 (pag.39): “…Einstein proferì queste celebri e luminose parole: ‘La religione senza la scienza è cieca, la scienza senza la religione è zoppa…’”
Einstein credeva in un dio inteso come principio delle cose. Quando disse che Dio non giocava a dadi col cosmo (sconfessando le ragioni della meccanica quantistica che lui stesso, insieme a Planck, aveva teorizzato inizialmente), non intendeva né Jahvè, né Geova, né Manitù. Il mondo agiva secondo una sua logica deterministica. Secondo la sua teoria relativistica, ciascun osservatore è portatore di una sua verità, o meglio di una sua teoria scientifica (ad esempio, quel treno viaggia a 100 km/h). Per la meccanica quantistica, ciascuna particella deforma col suo stato quello del mondo esterno, la cui conoscenza è necessariamente incerta.
Quando si dice ‘dio personale’ s’intende sia Dio con una o più persone, sia come la propria personale definizione di dio. Io credo che le due visioni siano fra loro collegate, inevitabilmente.
La domanda che ti pongo è: il discorso vale per il dio-principio di Einstein? Secondo me ogni interpretazione di dio presuppone una sua esistenza, cioè un suo vivere nella natura e nella storia.
Il discorso cessa solo se un dio non esiste, se non c’è.
I.5 (pag. 40): Una tua frase mi colpisce: dio è, per alcuni: “uno psicofarmaco”. Forse il discorso vale anche per quella saggia donna di mia madre, ora vittima quasi priva di coscienza dell’Alzheimer, che diceva a chi gli consigliava di calare l’intensità delle sue occupazioni casalinghe: “A m’arpuns po’ in dla casa”, con l’esse dolce, “mi riposo poi nella cassa (da morto)”.
La stessa però, divertita, ammoniva: “Ma che ciaveda ciapen i free sengh’è mia al paradis!” – “Ma che disdetta per i frati se non c’è il paradiso!”
Tanta serenità è di origine spirituale, non sillogistica.
Delle tue domande esposte in I.5 (pag.- 41) condivido solo le prime 3: “I. qual è il senso della vita? 2. Chi ha creato il mondo? 3. Chi è all’origine della fine sintonizzazione tra le costanti dell’universo che ha permesso l’origine della vita?”
La succitata frase di Einstein la vorrei trasformare in: “L’ontologia e la teleologia senza la scienza sono cieche, la scienza senza l’ontologia e la teleologia è zoppa… I soliti: ‘Chi siamo, donde veniamo, dove andiamo?’”
Alla terza domanda molta scienza risponde con il principio antropico: “Il mondo è così finemente sintonizzato perché se non fosse così l’uomo, non esistendo, non si chiederebbe perché è così.”
Penso alla tua riposta a 8 (I.5., pag. 42): “Se per uno Gesù è l’uomo è perfetto… ed è risorto dai morti…”. Sappi che, per taluni siti internet, nel Kashmir c’è una città in cui vive della gente dai nomi e dalla fisionomia ebrea, che venera da duemila anni un profeta che fu messo in croce, ma venne salvato dalla madre e dai suoi seguaci e che, fuggito, in Oriente, predicò fino alla morte, sopraggiunta a quasi 80 anni, l’amore per il prossimo e la pace universale: questo filosofo si chiamava Joshua. Per verificare o falsificare questa notizia basterebbe visitare quel tormentato angolo del globo, in cui dura da decenni una tragica guerra di secessione.
Per quanto mi riguarda io non professo la fede in dio, non credo che Gesù sia figlio di un dio e che, morto in croce, risorse dopo 3 giorni.
Credo che queste teorie religiose siano possibili, ma alquanto improbabili.

In II.6 descrivi l’immensa e, dici bene, “angosciante” varietà e complessità dell’universo: Ti do un aiutino. Essa nasce perché Qualcuno o Qualcosa disse: “Fiat Lux!”. È il fotone, portatore della forza elettromagnetica, che permette la variazione della materia. Se non saltellasse da un livello atomico all’altro l’atomo rimarrebbe sempre identico a se stesso. Tutto l’universo è composto da atomi che contengono tanto vuoto che se il nucleo fosse un pallone da calcio posto al centro di un campo di calcio, gli elettroni disterebbero come dall’altezza del dischetto del penalty. Spero che un giorno le nostre mani si stringeranno: ma anche di questa interazione dovremmo ringraziare l’agente luciferino, senza cui i vuoti atomici impedirebbero il contatto fra i corpi. Mistero della fede!
Ci sono un paio di teorie scientifiche che tentano una zoppicante spiegazione della complessità della natura.
Lo stato di una particella varia continuamente, ‘panta rei’, secondo regole che si possono almanaccare dall’incerta meccanica quantistica. Se tu spari un elettrone egli seguirà una sua traiettoria ‘anarchica’, ma il fisico può indicare già prima dello sparo il luogo dove ‘probabilmente’ completerà il suo tragitto. Il più delle volte la particella non tradirà l’aspettativa formulata dal calcolo umano, talvolta no. Questo accade perché ogni particella sembra scegliere individualmente il proprio destino. Si chiede pertanto il cosmologo: ‘Cosa accade alle eventualità che non si realizzano? Vanno perse?’ Qualcuno ha tentato una risposta: ‘Per nulla! Esistono infiniti mondi possibili paralleli.” … i quali, se non rispetteranno la fine sintonia necessaria per sia sopravvivenza del cosmo, peccato… il mondo termina. Un detto quantistico dice: “Ciò che è possibile in qualche luogo si avvera certamente”.
Hawking e Lee Smolin (quest’ultimo in “La vita del cosmo”) portano alle estreme conseguenze le idee di numerosi scienziati che immaginano che dall’altro sbocco del tunnel di un buco nero che ingerisce materia ve ne sia uno bianco da cui la materia verrebbe spinta fuori, creando un universo neonato. Smolin ipotizza tali buchi bianchi come uova e, darwinianamente, crede nell’evoluzione della specie ‘Cosmo’: tante più uova l’animale cosmico produce tante più possibilità ha di ternare le proprie caratteristiche, magari con opportune mutazioni genetiche.
Difficile stabilire se le predette siano teorie religiose o scientifiche, falsificabili.
Qualche mese fa ebbi uno scontro dialettico con alcuni studenti e ricercatori di meccanica quantistica in un gruppo di Facebook, i quali reagirono religiosamente, a branco, contro quell’ignorante polemico del sottoscritto che dichiarava le seguenti idee: il principio di indeterminazione non esiste in natura, ma è idea dell’uomo. La teoria della relatività si fonda su un’aporia.
Secondo Bohr, amico-rivale di Einstein, Dio, se esiste, gioca a dadi. Arrivò addirittura ad affermare che lo stato di una particella esiste solo quando lo si osserva. L’uomo, lo scienziato crea il mondo. Il suo allievo Heisenberg si era limitato a dire che, osservando un fenomeno, lo si ‘deforma’ (il fotone che ci permette di vedere è troppo grande per non lasciare segni) e che di una particella non si può conoscere contemporaneamente la quantità di moto e la posizione, o l’una o l’altra, o poco dell’una e poco dell’altra (cfr “Quantum” di Manjit Kumar).
È la natura indeterminata o la sua osservazione? Hawking (in “Buchi neri e universi neonati”), ad esempio, propende per la prima ipotesi: anche nel buco nero, massimo esempio di ordine, vi è un piccolo caos entropico, quindi indeterminazione, come dice Davies: “… mostruosi buchi neri… che vomitano getti di gas”, che escono da quel che pare la più grande fortezza presente in natura!
Paradosso degli orologi: due fisici che camminano l’uno in direzione dell’altro, facendo calcoli analoghi fondati sulla stessa teoria relativistica, giungono necessariamente alla conclusione che l’orologio del collega batte l’ora più lentamente. Io la chiamo aporia, o in ogni caso un assurdo, non semplicemente un paradosso.
Dovetti scappare da quel gruppo, per evitare di essere arso nella pubblica piazza, non volendo fare la fine di Maimonide.
Questa in sintesi la mia descrizione della religione scientifica della fisica moderna.
Una piccola correzione del lavoro di Hans Jonas. In “Biologia dell’arte” Desmond Morris descrive l’opera di gorilla e scimpanzé artisti, esibendo foto di questi mentre dipingono ed alcune delle loro opere, non paiono dissimili da quelle di Franz Kline o di De Kooning, anche se non raggiungono la maestosità di un Pollock, la finezza del segno di un Piranesi o la qualità pittorica di un Guercino.
Sempre in II.6 (pag.51), affermi: “Il pensiero che nasce dal dolore… si chiede perché la vita finisca con la morte…”. A pag. affermi che: “… La religione nasce dall’intreccio di meraviglia e di dolore che la vita suscita…”. Questo mi ricorda un altro libro religioso tramandato da un discepolo di Buddha (che forse, come Socrate e Gesù, mai nulla scrisse): “I quattro pilastri della saggezza” che insegna come conoscere ed evitare gli effetti del dolore. E a scegliere una moglie, evitando accuratamente le donne nervose e quelle lebbrose (ottimi consigli, solo in parte seguiti).
II.7. “Sacro” mi fa pensare a Mircea Eliade (cfr il suo “Il sacro e il profano”) per cui il sacro è un ‘luogo’ metafisico dove il divino ‘visita’ l’umano. Mi sono sempre chiesto: ‘Perché proprio lì?’, perché a quella pastorella e non a quell’ingegnere meccanico? O a quel teologo appassionato? O a mia figlia? Forse, come diceva Luigi Giussani, o chi per lui, in “Perché la chiesa – Tomo I: “Dio sceglie chi vuole”. Purtroppo, forse, Egli non c’è e qualcuno sceglie per Lui.
II.8: “Religione”: Parlando con un amico scrittore, dissi una volta che mi sentivo profondamente laico e laicista. Ma non per quanto riguarda la poesia e l’arte. Per me Rimbaud era un ‘veggente’. Io stesso non capisco da dove vengano molte delle parole che digito, fino a un attimo prima non esistevano ed ora sono qui, sotto i miei occhi, per sempre. Almeno fino a che non le correggo. E in questo avviene il fenomeno della scrittura, che è sempre sofferenza e tentativo di sublimazione, come tutti gli atti umani legati alla sopravvivenza.
Aldino insisteva su una sua asserzione: “Il cristianesimo è caduto al rango di religione.” Intendeva che era ridotto come ogni altra religione. Il cristiano è tale come è italiano durante un torneo internazionale di pallone, o un Ceceno o un Sovietico che combatte per il proprio ideale nazionalistico. Questo vale anche per filosofi e scienziati, l’uno contro l’altro armati. Fisici e chimici che bisticciano (una volta Rubbia disse in televisione che i fallaci scopritori del metodo della fusione a freddo “non sono scienziati… ehm… volevo dire fisici…”). I fisici teorici disprezzano quelli sperimentali. I relativistici ignorano i meccanici quantistici. I “modellisti” compatiscono appena gli stringhisti. E viceversa. Inoltre, i filosofi non capiscono nulla della matematica e della fisica moderna, troppo complicate. I fisici non sanno che farsene dei principi di non-contraddizione e del terzo escluso. Feynman si limitava ad affermare: “Lo so che è assurdo, ma funziona!” (frase riportata in senso traslato).
II.8: “La regola d’oro”… è ‘amatevi come io vi ho amato. E ama il tuo prossimo come te stesso. Nessuna delle frasi che tu citi, tratte dalle varie religioni, raggiunge queste altezze. Probabilmente, per citare uno slogan commerciale, non vuoi vincere facile!
Ho notato che, come me, sei affascinato dalla fisica moderna. E ne approfitto per ricordarti che il sogno mai realizzato di Einstein era di unificare le quattro forze della natura (gravità, elettromagnetica, nucleare debole e quella forte). Per farlo occorrerebbe, forse, tutto l’amore e l’energia dell’universo, molto meno per unificare le ultime tre.
Il paradosso E.P.R. è emblematico delle diatribe fra lo scienziato dai candidi capelli arruffati e Bohr. Quest’ultimo credeva, aveva fede nel fatto che la natura contiene in germe, anzi, è fondata sull’indeterminatezza.
Einstein, un certo P. e un certo R. dissero, in grande sintesi, che esistono particelle gemelle che differiscono soltanto nello spin (il loro modo di girare), che è fra loro opposto. Se tu spari queste particelle gemelle in direzioni opposte e vai a verificare lo spin di una delle due, automaticamente, senza intervenire sull’altra, definisci con certezza il suo spin, bastando a tal scopo invertire il valore dello spin di quella esaminata. I tre scienziati dimostrarono che è possibile determinare con certezza un quid della natura. Perciò addio alla metafisica incertezza quantistica.
Bohr replicò affermando che le particelle erano ‘entangled’, miracolosamente intrecciate. Capito? Se qualcuno muta te, uomo, anch’io, pur non assistendo a quel fenomeno, mi trasformo. Siamo tutti quanti, buoni e cattivi, intrecciati!
II.9. “Fede”: Borges diceva che il libro è iniziato dallo scrittore e vive, ogni volta, grazie al suo secondo autore che è il lettore. Se non pongo domande, mentre leggo, significa che l’opera non mi appassiona. Senti: cosa ne pensi di quell’altissimo prelato, vicino allo scranno pontificio, che verso giugno, all’epoca degli scandali del maggiordomo papale e della banca vaticana, assicurò il suo gregge dicendo: “Dio proteggerà la Chiesa perché avrà sempre fiducia in lei?” Ha dio fede nell’uomo? E il luogo dove Dio lo prega è forse in Vaticano?
Noto, leggendoti, somiglianze pericolose fra te e Aldino (a cui fu vietata la predicazione per anni, negli anni ’80, due settimane prima dell’‘atterraggio’ di papa Giovanni II al campovolo di Reggio Emilia). Anche tu percepisci l’importanza della ricerca scientifica, che il mio ‘guru’ definiva come un’altissima forma di preghiera. Chi ricerca non sa quel che trova, anche la fine dei propri sogni, della propria fede… questo è il rischio. La scienza per cercare la luce si muove nel buio, necessariamente.
Dogma, assioma, postulato, verità indimostrabile sono concetti tanto religiosi, quanto filosofici e scientifici: cambia solo il termine, la targa depositata alla Motorizzazione Civile.
Riporti le parole di Wittgenstein: “… Credere in Dio vuol dire vedere che la vita ha un senso.”
Il cercare di fondare l’esperienza vitale sul senso indicato da Cristo, rifiutandosi di perdere tempo e consumar risorse per la difesa degli orpelli rituali della religione, insieme ad altre, più discutibili, questioni, determinarono la sospensione disciplinare di Aldino. Non fu estranea però la sua insofferenza (bizzarra per un francescano) al giogo imposto dal Cupolone, come tu chiami, a pag. 73, l’autorità vaticana. In numerose occasioni Aldino criticò talune asserzioni di Woytila, mai però riferendosi alle questioni meramente spirituali. C’è però un ragionamento ‘al limite’ di Aldino di cui ti dirò, se il tuo libro mi ci condurrà.
II.10. “Dio”: “Dio non è dio, perché non ha il termine con cui relazionarsi costituendosi come il dio… La creazione del mondo coincide con la creazione di Dio, con il passaggio cioè dall’Assoluto in quanto Uno al Dio in quanto signore del mondo e degli uomini in esso.” Se ho ben capito, Dio creando l’uomo ha aperto un canale percorribile in cui tale ‘animale’ può relazionarsi con lui. Pertanto, dio non si può vedere, Dio si può e si deve sentire. Se fosse vero, sarebbe davvero bello.
Un tedesco che frequentava il paese di mia moglie (a una ventina di chilometri a sud di Elea), disse una frase che andrebbe scolpita nell’Arca dell’Alleanza (fra il Bel Paese e la Germania): “L’italiano è il popolo più intelligente del mondo, 7 ma il meno serio!”
Ti provoco dicendo che la cattolica è la setta meno seria della religione meno seria del mondo? Il Cristiano in genere predica l’amore e fa benedire i cannoni; investe tutto, compreso i propri debiti, ma è capace di fare, ogni tanto, l’elemosina ai poveri (‘storici’, li chiamava Aldino), in nome di quel Dio di cui disconosce la Persona, oserei dire la Personalità. Quel Signore diventa una garanzia di Vita Eterna, un’ipocrita assicurazione contro la morte eterna.
Aldino criticava persino l’organizzazione missionaria. In senso traslato, diceva: “Se credete bene date pure, ma non insisto né garantisco!”.
Tu hai appena affermato che dio (ante big-bang) non è personale, Dio (post big-bang) sì. Tale asserzione contiene l’alveo in cui può essere ospitata ogni contraddizione e, non prendertela, qualsiasi nefandezza. Io posso e devo amare Dio, dio no. Il Signor Dio (degli eserciti?) mi ama, è con noi, è insieme a noi!, dio no, perché non è un Signore (della guerra?). Per cogliere le ragioni della mia dura reazione, leggi o rileggi, dal Libro di Mormon, l’eterna lotta fra Nefiti e Lamaniti, a turno spalleggiati da Dio (un Napoleone III infinitamente più potente), a secondo della loro maggiore o minore fedeltà.
Collegare la personalità di Dio in coincidenza con la nascita di una relazione, escludendo un ‘periodo’ precedente, in cui tempo e luogo non esistono nella singolarità che precede il big-bang, significherebbe escludere dio dalla conoscenza del futuro. Il pre-veggente è già in rapporto ‘sensitivo’ con la storia prefigurata. Lui sì, dio no. Le teorie di Smolin e di Hawking, che credono in un continuo procrearsi di universi in cui da un buco nero viene emesso, ‘in fundus’, la materia da un buco bianco, sarebbero in contraddizione con la tua idea. Sarebbe spassosa l’immagine di un Dio che, ogni anno di Brahma, si prendesse una breve vacanza, tornando ogni volta un minuscolo e ineffabile dio, magari con il bavero del trench rialzato com’è solito tenere Phantom, conosciuto in Italia come l’Uomo Mascherato.
Sento però di averti frainteso su qualcosa che non capisco, e non vedo l’ora di leggere il tuo prossimo libro sulla dottrina di Dio.
In III.12, a pag. 87, elenchi numerosi fisici teorici che credono in un universo finemente sintonizzato. Fra questi conosco, oltre a John Barrow, Frank J. Tipler e Julian Barbour. Tipler riconosce in ogni stato di ogni particella la possibilità di immagazzinare la propria informazione e di trasmetterla ad una specie di terrificante coso nero che sarà in grado di riprodurre il cosmo, demiurgo a metà fra una nuvola e un lettore dvd. Barbour, che lessi in inglese preso da smania appena seppi delle sue idee, afferma e, a suo parere, comprova che il tempo e lo spazio sono illusioni karmiche, e i vari attimi della storia sono cartoline appese in un’infinita serie di cannuccielle, direbbe un’Eleatica, di ciappetti direbbe un Padano. Come vedi, anche la Scienza ha i suoi Pii, privi di numero però.
Nel 1870 avvenne la breccia di Porta Pia, fu formulato il dogma dell’infallibilità papale e della necessità della fede nella certezza razionale dell’esistenza di Dio. Dei tre eventi solo il primo non può essere più mutato. Una volta, parlando con i responsabili della Moschea di via Adua (ora trasferita in via Gioia), che mi vendettero la traduzione del Corano che lessi molti anni dopo, emerse che la religione più ‘democratica’ è quella islamica, in quanto non vi è un papa, ma ognuno può dire la sua, pur essendovi un cerchio ristretto di studiosi la cui voce è ascoltata da tutti. Ricorda un po’ la famosa frase di Mussolini che disse che, dopo tutto, i giornalisti più liberi del mondo erano i fascisti, perché potevano servire una sola causa. Il cardinal Ruini alle tue obiezioni sulla razionalità della fede in Dio, dovrebbe risponderti: “Ragazzo mio, crediamoci, almeno finché crederemo nell’infallibilità dogmatica del Papa. E solo un papa, gioco forza, può ordinarci di non crederci.”
L’attuale papa dovrebbe scomunicare e dichiarare eretici in un sol colpo: il cristiano Sant’Agostino, il luterano Kant, il cattolico Mancuso, l’ex collega Ruini e se stesso, oltre a un mondo di gente comune.
La frase di Pasolini: “L’unica anarchia è quella del potere” ben si inserisce nei due dogmi del Concilio I del 1870. Pio IX dice, in senso traslato: “Credete che Dio esiste. Altrimenti vi scomunico. La Prova che ho Ragione è Mia, per cui non ve La comunico.”
Quando avevo dieci anni avevo un rapporto filiale con Dio. Davanti ad ogni enigma umano (il mistero di Atlantide, l’omicidio dei Kennedy, la sparizione di una figurina Panini che mai fu ritrovata), io Gli dicevo: “Dio, me lo dirai tu quando morirò. Ricordami di ricordartelo.” Intorno ai quindici anni divenni, più o meno ateo. Due anni dopo, nell’estate del ’75, lessi la Bibbia in 51 giorni come fosse un romanzo. Non ricordo in alcun modo il giorno e il motivo del mio cambiamento. Mi si chiuse una parte di cuore: tutto lì (ma non è poco).
In III.15 forse riesco a comprendere il tuo pensiero che rigettavo poc’anzi. Se assumiamo come probabile quel che alcuni cosmologi rigettano, che vi sia stato un dio che ha creato il mondo, e abbia informato di sé ogni evento spazio-temporale (in cui si consustanzia Dio), è logico affermare che dio ha riprodotto Se Stesso, l’informazione di Sé, al fine di farsi comprendere. Se abbraccio una donna o una religione, abbraccio Dio, immagine di dio. Dio è in cielo e in Terra e in ogni luogo, dio chissà dove. Dio esiste nella Stria e nella Natura, come nei quadri giotteschi, dio, forse, È. Dio non prende il posto di dio, perché quest’ultimo ‘vige’ in nessun luogo, non trascorrendo in alcun tempo. Dio è immanente, dio al di là di ogni trascendenza. È sempre pericoloso cercare di interpretare il pensiero di un altro uomo, specie se costui è ancora vivente. Ti parlo allora di Aldino. Quando andai a trovarlo era già col destino segnato e che si sarebbe compiuto dopo pochi mesi. Gli chiesi di Dio e lui mi riportò l’idea platonica di ‘massima misura di tutte le cose’. Il cosmo pare la massima misura delle cose, più grande del concetto di regno animale, di metazoo, di cordato, di mammifero, di primate, di homo sapiens sapiens. Costui è se stesso, ma anche primate, mammifero, cordato, animale, cosmo. E Dio non può essere da meno, credo (ma non professo più!). È una specie di pseudo-panteismo, in cui può entrare anche il Dio-Principio einsteniano. Perché l’‘altro’, il dio, è ‘altrove’. In questa logica la transustanziazione appare come l’ennesima assurdità cattolica, facilmente falsificabile da uno studente al primo anno di fisica, in chiara opposizione al credo del prossimo. Quel che fece dire ad Aldino che, dimenticato Cristo, i cattolici sono ormai religiosi come gli altri, anzi peggio.
In III.16 opponi la tua visione ‘liberale’ della vita a quella autoritaria e ‘necessaria’.
Come sempre la fisica ti può venire in aiuto e in contrasto. La teoria della relatività e quella quantistica concordano in un solo punto: sia la particella che l’evento spazio-temporale di grandi proporzioni seguono la filosofia della minor azione possibile. Ogni corpo, assicura Einstein, segue la sua geodetica, cioè il tragitto curvo più corto (se lo spazio fosse quello lineare-euclideo, si chiamerebbe retta, lo spazio più corto fra due punti). Tutto questo ‘sa’ di necessità. Il cammino, il Tao è quello e nulla più. A venirti in aiuto è il secondo principio della termodinamica che avverte che il mondo produce l’entropia, il disordine universale, che condurrà il cosmo a un abbassarsi continuo ed inarrestabile della temperatura, conseguenza della diminuzione della densità della materia. A meno che… un buco nero ne inglobi un altro un altro un altro… ecc… e in esso avvenga il big-crunch, col conseguente riordino perfetto del cosmo. Tipler ne è sicuro, io un po’ meno. Ammiro però il tuo ottimismo, di quando parli di libertà, quando anche tu vivi in questa società dove l’unica forma di democrazia è poter dire al bar quel che si pensa e magari scriverlo in un libro.
Finisco il primo capoverso III.18. (pag.120) e devo scriverti che, da sempre, giudico l’ateo e il credente, per citare un proverbio materno, due zoppi che si buttano l’uno addosso all’altro, le grucce. O, meglio, ancora due ciechi. San Paolo fu accecato dalla luce della Fede. Sarebbe bello se atei e cristiani, ambedue ciechi, camminassero a braccetto, ognuno col suo bastone, destinazione il confine del mondo.
In III. 18. (pag. 126) leggo con simpatia della simpatica diatriba tra il genetista che definisce il gene egoista e quell’altro che ne garantisce il gratuito altruismo. Questa è la vita. L’uomo, pur ridotto ai minimi termini, ha bisogno di catene e di libertà, di ordine e di caos, di religione e di ateismo. Prendi per esempio lo spermatozoo, chi più egoista di lui? Invece no, esistono degli spermatozoi che, a mo’ di difensori del rugby, impediscono ad altri spermatozoi di un altro eventuale maschio a raggiungere l’agognata meta. La vita è un gioco di squadra, ogni tanto spunta un Balotelli, che però, prima o poi, metterà la testa a posto!
In III.19 fai un excursus sulla fisica moderna e parli delle antinomie fra teoria relativistica e quella della meccanica quantistica, che si potrebbe superare, forse, con la teoria delle superstringhe. Sbagli, però, ad affermare che sia indimostrabile con la matematica, che è l’ultima frontiera dell’ontologia, che predice e conferma, o falsifica. Godel definisce indecidibile tutta la matematica, anche 1 + 1, contrapponendosi all’ateo Russell e al credente Whitehead. Ma è proprio dalla matematica che ormai si può dimostrare qualsiasi teoria fisica. La verità non si vede più, ma si può calcolare. La meccanica quantistica funziona grazie a previsioni ottenute con equazioni che io e te definiremmo demenziali, tanto sono complesse. La teoria delle stringhe − e delle più mature superstringhe − nacque dalla constatazione che gli stati quantici sarebbero più facili da dedurre se ogni particella vivesse in un universo a due dimensioni. Purtroppo, perché tutto abbia un senso, ne occorrerebbero almeno altre nove, di cui otto arrotolate su se stesse, in modo da essere invisibili alla mente umana. La teoria delle superstringhe ha un difetto: è troppo complessa e assurda; ma ha una grande virtù: è elegantissima. E vedrai che un giorno, forse prima dello scadere di un secolo da oggi, qualcuno la falsificherà (magari so ltanto a livello matematico).
Leggo con attenzione IV.21: parli del libero arbitrio e della possibilità di esaminare la realtà senza farsi condizionare dai pregiudizi (fallaci). Un pregiudizio fallace è ad esempio: “Gli zingari rubano”, che sarà anche fallace (ho letto con affetto e stima “La vergogna e la fortuna” della Stancanelli), ma spesso funziona. Il pregiudizio parallelo “I politici rubano” funziona solo quando li scoprono. Il pregiudizio “Il sole si leva ad est e tramonta ad ovest” funziona quasi dappertutto (ad Amalfi, chiusa ad ovest dai monti, funziona solo la prima parte della frase).
Approfondisci, se puoi, l’opera di Krishnamurti. Senti che titoli: La prima e ultima libertà, La visione profonda, Verità e realtà, Libertà dal conosciuto, Impariamo ad imparare, L’uomo alla svolta, La sola rivoluzione, La domanda impossibile, La pienezza della vita, Cosa vi farà cambiare, Al di là della violenza. Li ho letti tutti, anzi, divorati ed amati. Krishnamurti è forse il cervello più libero che abbia mai scritto un libro. Purtroppo ne ha scritti troppi. Ha avuto troppi ashram, troppi fedeli, troppi estimatori. Garantiva che l’unico modo corretto di vedere la realtà era di dimenticare tutti i preconcetti (fuorché i suoi, però)… di affrontarla come si fa con una serpe, con un bastone. È stato l’uomo meno religioso (o più non religioso?) del XX secolo. Giovinetto, giocando sulle rive del Gange, attirò per via di una magica aura l’attenzione di alcuni esponenti della teosofia inglese. Rapito e trasportato come un oggetto d’arte in Inghilterra, divenne un nume incolpevole di quella strana filosofia. Oppresso da continui mal di capi, riuscì a scappare e giurò guerra ad ogni misticismo e trappola ideologica. Fu definito l’anti-guru. Devo ammettere che, quando lo lessi, intorno ai 25 anni, era il mio idolo. Fantasticavo su una tribuna filosofica fra lui e Aldino. Piuttosto, che ne penserebbe Sant’Agostino di te, di Aldino e di Krishnamurti? E cosa penserebbe di voi tre il più moderno (si fa per dire) Luigi Giussani?
In IV.22 c’è molto da controbattere.
È follia dell’uomo il credere di non essere solo un animale. Non è la bestia con il cervello più ampio rispetto al resto del corpo (lo superano in questi numerosi cetacei), ma è quello che l’ha più sviluppato nella capacità di organizzazione logica-verbale. Già ti parlai di primati amanti dell’acquerello e della tempera. Ora ti narro un aneddoto tratto da “L’anello di re Salomone” di Konrad Lorentz. Il cane dell’etologo svedese non amava la tribù di oche che affollavano la villa del suo padrone, in particolar modo non poteva soffrire un maschio con pretese di capo-branco che non gli lesinava morsi col suo piatto becco, motivati unicamente dalla stupidità e dalla volontà di mostrarsi il capo ai propri sudditi. Sopporta una volta, due, tre, dopo l’ennesimo attacco l’oca venne sgozzata dal canide a cui di certo doveva essere partito un embolo di ferocia. Quando Lorentz se lo trovò davanti, immaginò l’accaduto e capì. Il cane se ne stava rannicchiato ai suoi piedi, con le orecchie bassissime, in attesa di una giusta punizione. Aveva capito di avere sbagliato. La sua libertà, così mal espressa, l’aveva condotto alla rovina. Fu ovviamente e cattolicamente perdonato (anche se Lorentz non credo appartenga alla tua setta). Il senso di colpa può esistere solo in presenza di colpa, che può esservi solo in presenza di libertà di sbagliare, quella di Adamo ed Eva, per intenderci. Quell’infame di Cartesio arrivava a dire che le così dette bestie non provano sentimenti, né dolore, né piacere. Tu sai che non è vero!
Ho finito di leggere IV.22 e ti dico subito che è il paragrafo da cui maggiormente emerge la differenza fra te e me. Per te ek-siste solo l’uomo.
Quando parcheggio presso la casa di mia madre sento da due settimane il mesto ululato di un cagnolino che ha ‘smarrito’ la padrona ultra-ottantenne, da pari tempo ricoverata per un’emiparesi che le ha procurato una caduta e una frattura al braccio. Questo cane vive un periodo orrendamente tragico, quando passo mi guarda e piange, perché non riesce ad avere la risposta alla sua domanda: che fine ha fatto colei che mi portava a spasso tutti i giorni e che si occupava di me come di un figlio e per cui mi spezzerei tutte e quattro le zampe, pur di proteggerla? Nessuno gli può comunicare la verità. E lui vive nell’angoscia. Lui, non esso. He, non it.
Manca di logica verbale, ma non di anima.
Quando ero ragazzino avevo una specie di tic, se toccavo un oggetto con la destra, dovevo toccarlo anche con la sinistra. Mi ero quasi scordato di questo fatto. Per me occorreva essere giusto con il resto del mondo, anche con gli oggetti inanimati… sentivo chiarissimo in loro un inconscio modo di comunicare. Probabilmente sono un animista inconsapevole. Ne sono orgoglioso.
Ti faccio la più sciocca delle domande. Se non esiste un Adamo, ma l’homo sapiens sapiens si è evoluto dall’homo erectus, che a sua volta deriva dall’homo abilis etc… da Lucy… etc… Quando ha iniziato a ek-sistere? Suo padre, quella bestia bruta, non ek-sisteva anche lui?
Siete tremendi, voi settari! Ma ek-sistono delle eccezioni. Quando ero poco più di un bambino lessi le storie edificanti di un volume intitolato “Santi e animali”, che concordavano su un fatto: le bestie amano come e più degli esseri umani. E che dire di fratello lupo di San Francesco?
In IV.23 dichiari il tuo sentimento d’amore per il mondo, tutto i tre regni della natura, oltre che per l’uomo. Sappi, amico mio, che la mia fede consiste nel credere che tale celeste disposizione d’animo sia ricambiata nei miei confronti dal cosmo intero, in maniera variegata, dall’ameba alla mia gatta, che morì quasi ventenne qualche anno or sono.
Ho appena finito di leggere IV.23. Sentimento. Ho apprezzato tutto il passo, ma non sono d’accordo su quasi nulla, se non per l’aspetto più saliente: la stima che hai nel cuore dell’uomo, più che nella mente. Stiamo giocando però con le parole. Sia tu che io sappiamo che il nostro cervello è diviso, non sempre equamente, fra emisfero destro (fantasia, amore, sentimento) e sinistro (logica verbale-simbolica-matematica), situazione che per i mancini vale in senso opposto. Senza la logica verbale non avrei compreso il tuo amore per la vita e non ne sarei rimasto colpito emozionalmente. Senza la mente razionale tu saresti un fanatico religioso. Senza il sentimento tu saresti un Gesuita (è una battuta). Tu affermi che l’intuizione avviene sempre prima della deduzione. È errato. A volte la seconda fallisce, dove eccelle la prima e viceversa (vedi ad esempio la soluzione del cubo di Rubik o di un sudoku). Affermare che uno dei due emisferi venga prima dell’altro è come garantire che l’uovo della gallina viene prima della gallina.
In IV.24-25 tu esalti l’importanza della fede nel mistero, luogo apparentemente impenetrabile ma foriero di risorse. Ho una venerazione analoga per i paradossi, quelle trappole logiche che permettono di superare l’opinione comune. Quello che fece dire ad Einstein che una cosa è impossibile finché non arriva un genio capace di realizzarla.
Prendi il paradosso più emblematico della meccanica quantistica. Se spari una particella essa va dove le pare, secondo l’imponderabilità quantistica. Tu puoi soltanto prevedere quale sarà il suo tragitto e il suo punto d’approdo. Alcune particelle passeranno attraverso una fenditura da te creata perché la particella possa raggiungere uno schermo di ricezione. Prima di sparare la particella, tu puoi calcolare semplicemente la probabile direzione del suo percorso. La cosa ‘magica’ è che se tu applichi una seconda fenditura, sembra che la particella ‘se ne accorga’, tanto da parer scegliere quale delle due particelle attraversare, anzi, parrebbe, ma solo ai fini del calcolo, che passi un po’ dall’una e un po’ dall’altra, mutando in tal modo la media dei suoi tragitti. Non si tratta ovviamente della stessa particella ad essere sparata, ma di un esercito di ‘gemelline’, ognuna con la sua storia, un medesimo luogo di partenza, ma un differente luogo di arrivo.
L’uomo ha una grandissima fede nella propria capacità di calcolo e ha trovato proprio nell’incertezza quantistica, mai compresa ontologicamente, una capacità di previsione raffinatissima, tanto da permettere di essere utilizzata essa stessa per misurare il mondo: i computer quantici sono i più potenti e raffinati elaboratori moderni.
Sicuramente conosci il celebre esperimento mentale del Gatto di Schrodinger. Poni in una stanza un gattino, crei la possibilità che avvenga una reazione fisica, dovuta al movimento prevedibile ma non in modo certo di una particella. Arrivi alla conclusione che vi sono 99% probabilità che la reazione accada e si sprigioni un gas venefico e il felino crepi. La scienza stabilisce che il gatto ha 99% di probabilità di essere vivo e 1% di morire, quindi è vivo al 99%, fino a che non controlli. La scienza dice che è, al momento, entrambe le cose, vivo e morto. C’è un episodio nel Don Chisciotte, con Sancho Panza giudice di una città che si pone nella stessa prospettiva probabilistica nel giudicare la condannabilità a morte di un povero cristo.
Poi esistono i paradossi della teoria relativistica. Nel paradosso degli orologi ci è traccia di un buco logico della teoria relativistica. È tale senso mistero che mi e ti appassiona. In questo noi due siamo fratelli.
Poi c’è il mistero della Trinità; mah! Quello della transustanzazione: mah! Sono misteri o enigmi creati da qualcuno per realizzare un fine molto umano?
Forse appartengo alla terza schiera che tu indichi: chi ammette il mistero, ma non trova modo di aderirvi personalmente: religiosità senza religione. Sappi però che alcune concezioni buddiste e induiste si conciliano alla perfezione con le idee di Julian Barbour (e, fatte le debite differenze, di Zenone l’Eleatico) che il tempo e lo spazio sono illusioni. Questo mistero mi affascina e mi ‘lega’ e mi ‘collega’ in una religiosità priva di riti ma non di rispetto, questo fenomenale mezzo di conoscenza.
Apprezzo i capitoli finali di IV, ma aggiungo: ogni cosa contiene in sé il suo opposto ed è duale solo perché non ne riconosciamo l’unità. Ma credi davvero nella dualità massa-energia, onda-particella? Un elettrone, un fotone, un quark si comportano come particelle, ma anche come onde. La soluzione è semplice quanto al momento introvabile: l’onda è una particella, la particella è un’onda. La massa è energia. La bontà contiene in sé i semi della perfidia. Nella bellezza risiede la bruttezza. Eco ha scritti due elogi, uno della bellezza e uno della bruttezza. E io mi trovo in sintonia con questa metafisica visione. Noi, il noi del titolo anche, ma anche Pio IX, la tastiera dove sto picchiettando, il video dove vedo scorrere le mie frasi, la carta che stai leggendo, tu: eravamo colà, nel pugno di materia-energia che precedette il big-bang e chissà per quanti miliardi di anni siamo rimasti appiccicati l’un l’altro. Pensa: Himmler appiccicato ad Einstein, Pilato al corpo di Gesù, Stalin a Scilipoti. Quest’ultima immagine mi fa scompisciare dal ridere, ma può essere stata vissuta nella realtà. Questo concorderebbe con l’entanglement borhiano. Si tratta di un legame, di un’unione, di uno yoga cosmico, ma anche storico, o se preferisci metastorico.
Fede e ragione, Amore e conoscenza, sono fra loro armonizzate, commutative e reciproche.
In V.29 leggo della discussione che ha attraversato i millenni sul comportamento di Abramo, pronto a sacrificare il filiolo per ordine di Dio. Kierkegaard lo esalta, Kant lo critica. Nessuno dei due forse giudica il fatto come dovrebbe essere: un racconto biblico edificante, non un fatto reale. La morale di esso è che Dio è il tuo Re, a cui devi perfetta obbedienza. L’iconoclasta che sonnecchia in me aggiunge: il passo è stato scritto da un uomo religioso che voleva far passare questa teoria. Non da Dio, qualora Egli esista. Questo significherebbe che la Bibbia è un libro come tutti gli altri e non è stato ispirato da Dio. Che Dio possa compiere un’ingiustizia, come quella prospettata, di far precipitare San Francesco all’Inferno e di far guadagnare a Cesare Borgia (ve ne sono però di più cattivi!) in Paradiso fa il paio come chiedersi se Dio possa uccidere se stesso o voler ignorare il futuro. O come chiedersi se, in ossequio ad alcune idee metafisiche di Einstein, si possa regredire nel tempo e cosa succederebbe se si uccidesse la propria madre ancora bambina. Sciocchezze, permettimi. Ma l’episodio di Abramo mi ricorda molte altre storie bibliche e l’intero Libro di Mormon: Dio esige obbedienza, pena il castigo eterno, o soltanto storico. Ad Amalfi, dove incontrai mia moglie, c’è un’usanza che occorre durante le celebrazioni di sant’Andrea, il 26 giugno e il 30 Novembre. Il Santo scioglie o non scioglie, scioglie parecchio o in maniera irrisoria quella che si chiama la manna (o il ‘sudore’) di Sant’Andrea. La quantità di liquido è proporzionata alla valutazione che, di là, nel mondo dei Santi, è stata formulata, nel semestre, in relazione al comportamento più o meno cristiano del popolo Amalfitano. E questo permette al vescovo di ammonire in ogni caso l’assemblea presente a messa l’indomani del miracolo. Nessuno ha mai scoperto il modo in cui il liquido si forma, ma tale fenomeno occorre ogni 5 o 6 mesi, in giorni ben stabiliti. Come nel caso del passo biblico, il responsabile dell’evento e della sua data o è Dio o è l’uomo.
In VI. 32.33.34. trapela la tua paura, motivata non da viltà ma dalla tua acuta intelligenza, la stessa che ti dà il coraggio di dire: No! La mia religione non può essere questa! Aldino, a chi gli chiedeva perché non fosse uscito dal gregge, la stessa domanda che fanno talvolta a te, rispondeva che, solo restando dentro quell’universo orribile che era la chiesa cattolica, poteva provare a cambiare le cose e prendeva come modello San Francesco, che andò fino a Roma per portare la sua voce al centro dell’impero religioso, pur offrendo un esempio che mal si inseriva in quel contesto. Conviene imitare Maimonide, quando ci si sente oppresso, fingersi cattolico, ma nel cuore rimanere cristiano. Il tuo maestro è Gesù, e nessuno dei tanti papi che hanno infestato la scena politica. Ama Cristo più della tua religione.
Tutto il cap. VII testimonia il tuo coraggio e l’idealismo che ti muove, che sento affine alla mia persona, la ricerca di quell’inguardabile prostituta che risponde al nome di Verità.
VII.42, l’esame storico e umano di Gesù e il suo essere il Cristo mi appassiona come nessuna altro argomento del libro. Tieni presente che io non professo la credenza né in un dio, né in una divinità del Cristo, né nella sua Resurrezione.
Mi coinvolge il fenomeno di questo piccolo grande uomo di nome Gesù, che il mondo quasi disconobbe in vita e che, per nemesi storica, gli cambiò la faccia, i connotati, fino a renderlo a sua volta irriconoscibile. Fra i grandi della storia è quello che ha lasciato meno tracce di sé, ancor meno che Re Artù! Ma creò il solco su cui fu, pur malamente, costruita una nuova civiltà.
Gesù è senza alcun dubbio esistito perché ha cambiato la storia del mondo. Ma a Giuda, che funzione diamo? Prendendo spunto dall’amato Borges, potrei ipotizzare un complotto ai danni di un ignorante pescatore di pesci, per creare l’occasione di creare una storia necessaria per pubblicizzare al mondo il nuovo pescatore di anime!
Quale fu la sua necessità escatologica, una volta assodato il carattere mitologico delle vicende di Adamo ed Eva? A che pro? Quale peccato originale doveva riparare, costui? Mi auguro che tu cerchi di rispondere entro la fine del capitolo, che ho dovuto sospendere perché mi frullavano in testa queste idee. Sappi che il tuo docente, che è un piacere ascoltare alla tivù ogni domenica mattina, a mia espressa richiesta inviata per e-mail, rispose salomonicamente: “Lo chieda al suo parroco” Chissà, Vito mio, a chi alludeva l’optimus magister?
A pag. 318 ripeti le parole che Aldino ha ripetuto per decine di anni, scandalizzando molti dei suoi fedeli: la resurrezione di Cristo non è “la rianimazione di un cadavere”. E in questo concorda lo stesso papa. Aldino andava però oltre, e questo era quanto mi proponeva di lasciare alla fine del discorso su di lui. Per il Padre Francescano nessuno dei miracoli descritti nei Vangeli erano tali. Cristo non moltiplicò i pani e i pesci, ma ci pensò Gesù a dividerli, moltiplicando le bocche a cui era concesso di mangiare. L’unico vero miracolo era quello la cui mancanza di storicità sembra sconvolgerti: la Resurrezione. Ti invito a leggere le opere di Aldino quanto è nelle tue possibilità. Un giorno, se vuoi, ne discorreremo.
In VIII.48, pag. 349 tu accenni alla pretesa di qualcuno di identificare la Chiesa con Cristo. Ricordo che Luigi Giussani (il cui nome è misteriosamente assente nell’indice finale) faceva coincidere nella Chiesa la prova sempre attuale della verità cristiana. La verità è un concetto filosofico-religioso ma, lo ripeto, è anche una meretrice dalle tariffe variabili a seconda del cliente, che va appresso solo a chi la cerca e che costa sempre un bel po’. Ognuno poi paga con quello che ha e con quello che è.
A pag. 361 citi una frase del Catechismo: “Ogni uomo che, pur ignorando il vangelo di Cristo e la sua Chiesa, cerca la verità e compie la volontà di Dio come la conosce può essere salvato”: art. 1260. Nell’epoca di villaggio globale, di internet (e di wikipedia), giusto i Pigmei meno smaliziati possono ignorare il messaggio di Cristo. Io, Stefano, no. A quasi 7 anni stavo andando a dottrina (si chiamava così, più propriamente, allora). Mentre attraversavo la strada, di fronte alla chiesa, sulle strisce pedonali, venni investito da un’auto. Chi vide la scena assicura che con un colpo di reni evitai in parte l’autovettura, cosicché rimediai un buco nel lato sinistro della nuca, di cui posso ancora esibire con orgoglio la cicatrice, nonché un omero rotto. Amo credere ancora, nonostante tanti atti sacrileghi, che il mio angioletto mi abbia tratto provvidenzialmente da parte, e che senza di lui sarei morto. In tal caso, sarei salito dritto dritto in paradiso. Ora, 47 anni dopo, che ne sarà di me, e che me faccio di questo benevolo art. 1260?
Leggo VIII.53, pag. 367 i problemi che esponi nel cercare di armonizzare le idee di un dio onnipotente, infinitamente buono, e personale, anche nel senso che si cura di ogni persona.
Poco prima di morire Aldino mi aveva consegnato un suo libro da leggere che però non era, a suo parere, quello in cui il suo pensiero era meglio espresso. Mi disse di tornare dopo qualche giorno, che me l’avrebbe fatto trovare. Così è stato. Aldino me lo regalò e dovetti insistere non poco perché accettasse una decina di euro da utilizzare per quei poveri che tutte le sere affollavano la mensa gratuita dei cappuccini reggiani, di cui egli era il padre superiore. Gli chiesi come stava e lui mi accennò alle gambe che non funzionavano più. “E la testa” – gli chiesi – “quella va ancora bene, no?” “Sì, di quella ancora non mi lamento.” “Allora! Siamo a posto! Scusi, Padre, ma lei vorrebbe che sopravvivessero quelle gambe lì… oppure quella lì?” – dissi, indicando la sua fiera testa da profeta. Al che Aldino, con un sorrisetto, ovviamente indicò la sua bella capocciona!
Gli chiesi poi se potevo allungargli un breve scritto che era frutto di una reazione che avevo avuto al colloquio dell’altra volta. Allora gli avevo detto che non riuscivo ad accettare l’idea di un dio personale. Al che Aldo mi aveva risposto, come già ti dissi, che Dio non era una gigantografia di un uomo, non era grande come una montagna, com’è scritto nei più antichi testi ebraici. Era quel che Platone (il suo personal guru!) indicava come la massima misura delle cose. Era un infinito che racchiudeva il mondo!
La grave ipocrisia che è tipica delle più alte gerarchie ecclesiastiche, che informa l’intero capitolo VIII, ha il suo emblema nella condanna che la Chiesa ha per i separati conviventi con altro coniuge che si accostano alla Comunione, compiendo sacrilegio. A chi ricordava a un alto prelato che separati neo-conviventi risultavano essere anche numerosi uomini politici così detti ‘cattolici’, fra cui un noto esponente di un piccolo partito di centro-destra, questi rispondeva candidamente: ‘Sì, ma lui non è riprovevole in quanto, conoscendo il problema, pur frequentando la messa, non si accosta da anni all’eucaristia.’ In altre parole, evitando il secondo peccato mortale, aveva diritto ad una riduzione benevola anche del primo. Era quasi assolto, senza l’onere di sottostare al sacramento della confessione. Che sorta di casini, per Manitù!
Una tua frase di VIII.55, pag. 383, mi fa fremere, me che sono l’ignorante di Dio: “Chi esercita il pensiero viene condotto al cospetto dell’abisso del nulla”, un abisso che mi spinge a leggere tanti libri di varia umanità religiosa, fra cui il tuo. Un abisso che non disconosceva l’Anticristo Nietzsche che, chissà dove, scrisse che la ‘vita è un ponte fra due nulla’. Anche lui si sentiva come sospeso su un orrido invalicabile.
In “Perché la Chiesa” – Tomo I” di Luigi Giussani, che pare scritto da tutt’altra persona dell’autore di “Comunione e liberazione – Intervista a Luigi Giussani”, interessante sua opera di parecchi anni prima, la verità è descritta non solo come una luce, ma soprattutto come una rupe a cui aggrapparsi: nel caso in questione il tuo maestro di comunità, che si doveva a sua volta appigliarsi al suo, su su fino a Luigi stesso, ormai affetto da invalidità fisica e neurologica, fatto di cui nessuno era autorizzato a parlare, Scopulus Maximus in ogni caso.
Per Aldino e, a quanto capisco, per te rimane la ragione. Per Aldino contava soprattutto il principio di non contraddizione, a cui aggiungerei l’altrettanto aristotelico principio del terzo escluso.
L’io, della cui scandalosità discuti in IX.56 è una miracolosa ricchezza di cui dobbiamo essere grati, a seconda dell’idea, a Dio o al caso, che non va sprecata. Come degli aggettivi, bisogna fare un uso strumentale e parsimonioso, quando occorre specificare il nostro essere in dialogo con l’altro. In questa e in altre tre operette più personali e (im)morali sono stato solito scrivere in corsivo non solo quel fatidico pronomino, quel bieco messer messerino, ma anche i suoi derivati (me, mi, e gli aggettivi e pronomi possessivi). In questa ormai lunga lettera mi limito all’io.
In IX.57 mi stupisci quando affermi, riferendoti a un’idea di Gandhi, che sei più certo di Dio che della tua esistenza. Anni fa lessi con vago interesse “Ragione, verità e storia” di Hilary Putnam, dove il filosofo si chiedeva quanta certezza avesse di esistere e di non essere, per esempio, un cervello in una vasca, come i personaggi di Matrix, per intenderci. Sono circa quarant’anni che spero in Dio, prima ci credevo e basta e ‘credo’ che anche allora facessi coincidere la mia fede in Lui con quella della mia esistenza. Ma sono passati troppi lustri e non ne sono più tanto sicuro.

In IX.58 sveli di credere in un Dio pontifex maximus, quel costruttore di ponti (e ponte egli stesso?) che Nietzsche aborriva, Colui che ti traghetta da un’esperienza terrena all’altra, fino all’ultima, definitiva, ultraterrena. Beato te.
Amo la tua religiosità fatta di relazione, la condivido, altrimenti non mi dannerei troppo a capire il mondo. Credo nel mistero del disordine concatenato, per cui se una farfalla si libra nel cielo amazzonico, può essere causa di un forte nubifragio in Cornovaglia (mah!, sarà poi vero?) e ancora di più nel già descritto ‘entanglement’ che, a differenza di te, estendo anche agli animali, alle piante e al mondo minerale. Saprai certo che il DNA di una rosa coincide con quello di Gesù in una misura non inferiore al 90%. La mia posizione potrebbe essere definita animalista, in quanto non giudico casuale che con animali si intenda gli essere viventi più evoluti. Esperimenti scientifici hanno dimostrato che anche le piante hanno una loro sensibilità, e le loro emozioni sono misurabili da congegni simili alle macchine della verità. Prendi con beneficio di inventario tutto questo (e tutto il resto), in quanto non sono né uno scienziato, né un teologo. Provo molta simpatia per quei devoti jainisti che camminano con un bavaglio in bocca per timore di ingerire involontariamente moscerini. Eppure mi nutro di carne di animali terrestri e acquatici senza preoccuparmi di essere ingiusto. La mia è la vita di un comune onnivoro, quale è anche il porco, il gorilla e l’orso. Mi ricordo di un passo di un libro di Krishnamurti, il quale dichiarava di ignorare affatto il sapore della carne, ma di portare da anni, senza rimorso, dei mocassini di pelle. È un problema non piccolo, per me, che credo nell’origine comune dei corpi. Mi sgomenta un po’ che, in un’isola deserta (ma anche nella mia sala da pranzo), io non esiti a nutrirmi di altri esseri viventi uccisi per me, pur amandoli fraternamente. Finalmente un problema solo mio e non tuo.
Vito, ti invito a conoscere tutta l’opera di Aldino, cominciando da “Andate e Mostrate”, tre volumi che riportano le sue omelie negli anni liturgici A-B.C. Il mio maestro disse una volta che, per sopportare le angherie ricevute dagli invidiosi e dalle autorità, dovette pregare per loro. E, grazie a questo espediente antico e gradito al tuo Dio, ce la fece a sopravvivere!
“Io e Dio” mi è stato regalato a fine maggio per il mio compleanno. Tu mi hai fatto compagnia dal 30 giugno al 15 luglio insieme a due altre opere, che però non mi hanno causato la scrittura.
In cuor mio sento che è per me che hai scritto questo bel libro. Sappi che è per te, e solo per te, che l’ho letto.
Written by Stefano Pioli
Info
Bibliografia
“Io e Dio”, Vito Mancuso, Garzanti