Tramedautore 2019: “Storia di Giulietta” di Beatrice Monroy

“Esilio

significa che non posso più tornare a casa mia.

Sono profuga

ma siamo persone, non confini.”

Storia di Giulietta di Beatrice Monroy
Storia di Giulietta di Beatrice Monroy

Il pubblico entra e trova fili su cui sono appese lenzuola che fungono da schermi dove in loop vengono proiettate immagini che ci immergono in medias res.

Siamo a Tripoli, martedì 21 luglio 1970, giorno del proclama radiofonico con cui 20.000 italiani vengono cacciati. Una scelta interessante è far ascoltare l’originale in arabo con l’italiano in simultanea ma alcune traduzioni sono singolari e meriterebbero approfondimenti: se “bismillah” (letteralmente “nel nome di Dio”) tradotto con “in nome del popolo” ha un richiamo nell’articolo 1 che annuncia che saranno restituiti al popolo tutti i beni dei colonizzatori italiani (salvo poi passare disinvoltamente a “sono proprietà dello Stato”, una delle tante contraddizioni della jamhairyya), più difficile da comprendere è “thawra” (letteralmente “rivoluzione”) tradotto con “colpo di Stato”.

Il punto di vista è quello soggettivo – come esplicitato anche dal titolo – senza implicazioni o giudizi politico-storici: Giulietta dice subito “che ne so io delle colpe degli italiani ma va ricordato che l’impresa libica celebrata come un “atto di civilizzazione” per lo sviluppo di una nazione arretrata ha provocato circa 40mila morti.

C’è addirittura un film pluripremiato ma semisconosciuto in Italia: “Il leone del deserto” una mega-produzione da 35 milioni di dollari finanziata dallo stesso Gheddafi (con attori del calibro di Antony Queen, Irene Papas, Gastone Moschin, Road Stieger e Oliver Read) sull’eroe della resistenza libica Omar al Mukhtar.

Trasmesso una sola volta in tv nel 2011 (come omaggio di Berlusconi a Gheddafi, in visita a Roma) ha subìto per anni un vero e proprio ostracismo: interrogazioni parlamentari; accuse di “ledere la dignità nazionale italiana”, di “danneggiare l’onore dell’esercito”, di “vilipendio alle Forze Armate”, di “avere un’impostazione anti-italiana” e addirittura blitz della Digos per sequestrare la pellicola e impedirne la proiezione.

E questo punto di vista soggettivo lascia spazio alla nostalgia e al flusso dei ricordi: il profumo e la sabbia del ghibli, il suq, le vacanze di venerdì e di domenica, le nottate in terrazza ad ammirare il luccichio compatto del cielo.

Storia di Giulietta - Photo by Monica Macchi
Storia di Giulietta – Photo by Monica Macchi

Ma se i ricordi le portano indietro, la storia, inesorabile, le butta in avanti (come era già successo agli inglesi, agli americani e agli ebrei: e quella degli ebrei presenza consueta ed integrati in pressoché tutti i Paesi Arabi prima del 1948 è un’altra storia taciuta) e proprio qui sta lì originalità dello spettacolo.

Un viaggio controcorrente e controvoglia dalla Libia all’Italia, un’Italia vista non come “terra promessa” ma come una condanna che porta con sé lo sgretolamento di speranze, appartenenze e nazionalità riassunta nel mantra: “non sono mai uscita dalla Libia e adesso sono straniera”.

E su una splendida “Summertime” tra giochi di luce e silhouette evanescenti, sulle lenzuola vengono proiettate immagini di Tripoli 2019: esattamente cinquant’anni dopo, un’altra cacciata e un’altra traversata del Mediterraneo.

Festival Tramedautore 2019, spettacolo del 21 settembre presso il Piccolo Teatro Grassi a Milano.

 

Storia di Giulietta

Autrice: Beatrice Monroy

Regia e scene: Giuseppe Marsala

Aiuto regia e scene: Claudia Puglisi

Cast: Costanza Minafra, Silvia Scuderi

Costumi: Dora Argento

Luci: Gabriele Circo

Suono: Claudia Puglisi

Assistente di scena: Serena Capri

Produzione: Teatri dei due mari in collaborazione con Urbana_casa teatro

 

Written by Monica Macchi

 

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