Intervista di Giulia Mastrantoni a Loriana Lucciarini: vi presentiamo “Doppio carico. Storie di operaie”
È la prima volta che Loriana Lucciarini si cimenta in un lavoro nonfiction.
In Doppio carico, edito da Villaggio Maori Edizioni, intervista dodici donne che lavorano in otto fabbriche.
Loriana chiede loro quali sono le condizioni di lavoro, in che modo è possibile conciliare i turni (spesso notturni o finesettimanali) con la vita privata e come si può comunicare efficacemente con i propri colleghi uomini (magari un po’ maschilisti).
Vista la natura particolare della pubblicazione, è inevitabile che Doppio carico sollevi domande e porti tutti i lavoratori a confrontarsi con l’eterna questione delle condizioni di lavoro.
G.M.: Loriana, quale è stata la scintilla da cui è partito il tutto? Di certo c’è stato un momento in cui ti sei detta: “Ma sai cosa? Adesso scrivo di questo argomento.”
Loriana Lucciarini: Lavorando nel sindacato e vivendo all’interno di quelle dinamiche – le lotte, la difesa dei diritti – era già da un po’ che coltivavo l’idea di realizzare un’istantanea che raccontasse la forza delle donne metalmeccaniche in un romanzo; tuttavia non sono mai arrivata a realizzarla. Quando la casa editrice Villaggio Maori mi ha contattata per propormi questo progetto ho capito che era arrivato il momento: era un segno da cogliere!
G.M.: In che modo hai provveduto a rendere “scientifico,” o comunque affidabile il tuo testo? In che modo hai proceduto per la verifica delle informazioni?
Loriana Lucciarini: Strutturando il lavoro mi sono informata sulle vertenze in atto, valutando quelle più significative da raccontare e individuando per ognuna lo specifico focus. Dopodiché ho svolto ricerche online consultando atti, articoli, note sulle singole vicende, verbali ministeriali e altro materiale. Infine, il riscontro l’ho avuto con le dirette interessate e, per ulteriori verifiche dei fatti, ho interpellato i funzionari sindacali.
G.M.: Definire il femminismo è cosa ardua, perché ci sono varie correnti femministe. Tu a quale corrente ti ispiri?
Loriana Lucciarini: Sono femminista in quanto donna e proprio perché da donna, così come avviene per tutte, ho vissuto sulla mia pelle la difficoltà di affermarmi, essere riconosciuta, ottenere il giusto rispetto. Però sto ancora cercando di capire quale possa essere la mia modalità di femminismo; di certo sento più mia quella che tende a voler trovare soluzioni, portare avanzamenti, cercare alleanze fra i generi utili a cambiare cultura e società rispetto a quella che si pone di rompere gli schemi con le provocazioni, arrivando a contrasti anche feroci.
G.M.: In uno splendido saggio pubblicato nel 2017, Jessa Crispin spiega che un mondo con più donne al potere non sarebbe necessariamente un mondo più giusto, ma semplicemente un mondo con più donne al potere. In questo senso, si potrebbe dire che un festival letterario con più donne sotto i riflettori non sarebbe necessariamente un festival letterario di qualità più elevata, ma semplicemente un festival con più autrici donne protagoniste. Quali sono le tue idee in proposito?
Loriana Lucciarini: Le donne sanno vedere l’insieme e non solo lo specifico, si adattano e trovano soluzioni reali e non fittizie utili solo al soddisfacimento dell’ego. Le donne, superate le criticità della competizione, riescono a fare squadra, a creare sinergia positiva e ciò l’ho notato in molte delle donne che ho incontrato. È su questo che si deve lavorare. Mi chiedi se un mondo con più donne può essere migliore? Sì, se gestito da donne libere dalle sovrastrutture culturali, l’importante è che vengano scardinate le solite consuetudini, i riti abituali, per non ricreare gli stessi meccanismi di potere di cui esse stesse sono state per secoli pedine e ingranaggi. Ecco, le donne forti – quelle libere, quelle che non hanno bisogno di dover ricalcare i modelli maschili – sono in grado di offrire una visione differente che può contribuire a migliorare il mondo.
G.M.: Il tasso di disoccupazione in Italia è particolarmente elevato, per cui si finisce spesso con il sentirsi dire che anche se le proprie condizioni di lavoro non sono ottimali occorre tenersi ben stretto il proprio posto. Anche il lavoro sottopagato viene spesso commentato in modo ambiguo, ponendo come fulcro della questione il fatto che avere un’occupazione è già molto. In questo senso, il divario tra uomini e donne è quasi irrilevante, dato che disoccupazione e sfruttamento colpiscono senza distinzioni. In che modo interpreti questo fenomeno e, se lo hai fatto, quali dati hai consultato in merito?
Loriana Lucciarini: Il lavoro è diventato più frammentato e incerto, offre sempre meno sicurezze, non garantisce più una prospettiva per il futuro. Le persone vivono questa insicurezza esistenziale, dovuta anche al fatto che l’ulteriore smantellamento dei diritti – almeno quelli che tutelavano tutti – ha reso le cose ancora più difficili. Dunque, non c’è lavoro e si va a erodere i diritti rimasti. I lavoratori, per necessità, sono meno forti e subiscono un arretramento che mette tutti in competizione con tutti, in una gara al ribasso. Almeno così sembra ma la realtà è diversa: anche qui le donne riscontrano difficoltà maggiori, sono pagate di meno e non riconosciute per il loro valore. In una delle storie che racconto si affronta proprio il tema del gender pay gap che è più attuale che mai ed è un dibattito che coinvolge tutti, perché non è vero che non c’è differenza salariale tra uomini e donne: i dati Onu sull’occupazione parlano chiaro e evidenziano come le lavoratrici nel mondo arrivino a guadagnare in media il 23% in meno dei colleghi uomini, a parità di mansione. E questo avviene ovunque: in Usa come in Cina e anche in Europa. Qualche dato? In Spagna il divario è dell’11.5%, in Germania è del 15.7%, nel Regno Unito è del 17,1% e in Italia le donne dovrebbero lavorare un mese in più per avere lo stesso stipendio dei colleghi uomini. Il tema è spinoso, tanto che l’Unione Europea è arrivata ad affermare il diritto a medesima retribuzione per lo stesso lavoro come uno dei diritti sanciti dai trattati europei, ma ciò all’atto pratico pare non essere sufficiente per arrivare a equità di trattamento. La disparità è in tutti gli ambiti e si riscontra in qualsiasi professione, di alta o bassa qualifica. Questa è la realtà, a dispetto di quanto vorrebbero farci credere. E, contro quanto vorrebbero riuscire a fare gli imprenditori che puntano a ridurre il costo del lavoro sulla pelle delle persone, è vero che mantenere il lavoro è necessario e chi lavora è disposto pure a fare qualche sacrificio, ma alcuni diritti sono intoccabili e, se si prova a stracciarli, le persone si mobilitano, lottano.
G.M.: Stai continuando a seguire le storie delle donne che hai intervistato per Doppio carico?
Loriana Lucciarini: Certo! In questi mesi le coinvolgerò nelle presentazioni del volume, per dar loro spazio e voce. Un cammino iniziato insieme che prosegue…
Per concludere, vorrei portare l’attenzione dei lettori su alcuni saggi che potrebbero risultare interessanti per approfondire le questioni di cui Loriana parla nel suo lavoro e in questa intervista. Di seguito i titoli:
Hoff-Sommers Christina. (1994). Who Stole Feminism?
Crispin Jessa. (2017). Why I Am Not a Feminist
Paglia Camille. (2017). Free Men Free Women
Amado, Santos, & São José. (2018). Measuring and decomposing the gender pay gap: A new frontier approach. European Journal of Operational Research, 271(1), 357-373.
Written by Giulia Mastrantoni