“Carta di Navigare” di Gerolamo Azurri #3: la costa occidentale della Sardegna nel portolano della metà del 1500

“[…] sopra della costa da mezo giorno della Sardegna e che alla montagna grande che ti fa una tavola in cima, ti fa uno bono pane grosso senza la tavola, ma sempre che la tavola resta per greco, la testa dell’Isola di San Pietro ti sta per greco. Lo resto, da quella montagna grossa aferrata con la detta della taula che va a maestro, sono le montagne de Orestan […] – Gerolamo Azurri, Carta di Navigare

Carta di Navigare - Gerolamo Azurri
Carta di Navigare – Gerolamo Azurri

Carta di Navigare è un portolano firmato da Gerolamo Azurri pervenuto a noi come manoscritto da una copia seicentesca dell’originale cinquecentesco di proprietà dell’abate genovese Carlo Giuseppe Vespasiano Berio (1712-1794).

Del suo autore, Gerolamo Azurri, non si sa quasi nulla, la cui unica notizia certa è il luogo di nascita: Vimercate, un comune dell’attuale provincia di Monza e Brianza. Le ipotesi più accreditate, stando alle esperienze personali che egli cita nel portolano, lo accreditano come pilota al servizio di Andrea Doria, sotto il comando del Capitano Antonio Doria:

La Favignana (…) e Trapani fuori in miglia quattro in mare, gli è una secca (…) e lì toccò la nave grossa dei Doria, capitano Antonio Doria […] Capo Bono (…) et li ammazzarono uno delli nostri piloti, e li sortimmo con le galere…” – Gerolamo Azurri, Carta di Navigare

La descrizione del Mar Mediterraneo del ‘500 fatta dall’Azurri è ricca di dettagli, e ancora oggi è fonte di curiosità e di riflessioni per il lettore. Numerose le domande che sorgono scorrendo le pagine del suo portolano: i luoghi descritti sono ancora identificabili? Le linee di costa si son modificate?

Le indicazioni per la navigazione sono ancora valide? Esiste traccia archeologica degli avvenimenti narrati? Come si sono evolute le città e i porti?

Dopo aver visto la nascita dei portolani e come si sono evoluti, ed aver analizzato i tratti di costa meridionale e sud-occidentale della Sardegna, in questo articolo prenderemo in esame per i lettori di Oubliette le coste della Sardegna occidentale, tra Capo Frasca e Bosa, per confrontare i dati della Carta di Navigare con la mia esperienza di navigazione in alcuni tratti di costa a me ben noti, attraverso l’analisi comparata con le moderne carte nautiche e coi moderni portolani.

Alcuni toponimi vengono riportati con piccole varianti, probabilmente attribuibili a scarsa cura del copista, più che ad errori dell’Azurri, e sono state rispettate nella trascrizione fatta, in particolare si segnalano: Capo de Rama – Capo della Rama – Capo Frasca – Capo de Napoli; Capo San Marco – Capo di San Marco.

 

“Lo resto, da quella montagna grossa afferrata con la detta della taula che va a maestro, sono le montagne de Orestan; fra terra è lo Capo della Frasca e da mezzogiorno al Golfo de Orestan e quando venessi da ponente de mare fa monte grosso in gima, ti resta apuntata che pare una gulia sopra et alla falda del capo ti fa uno pane basso, che è lo Capo della Frasca; te mostra terreno bianco, che paiono lauri tagliati […]”

Isola di San Pietro - Tacche Bianche
Isola di San Pietro – Tacche Bianche

Ricominciamo il periplo attorno all’Isola di Sardegna, partendo dal consiglio che l’Azurri dà ai naviganti di allargarsi dall’Isola di San Pietro sino a far collimare Capo Sandolo con Monte Arcuentu, e solo a quel punto, virare in direzione del Golfo di Oristano, per avere un buon bordo per risalire il maestrale, vento dominante della costa occidentale sarda, e per evitare i pericoli della Costa Verde, in particolare di Capo Pecora. Avvicinandosi a terra, tenendo come riferimento il Monte Arcuentu, dalla sua inconfondibile sagoma a panettone, si scorgerà l’altipiano di Capo Frasca.

“Capo San Marco; ad entrare in Orestan te la lasci a banda dritta e poi alla banda sinistra dello Golfo ci è lo Capo di San Marco. Et esso si sorge che fa uno poco de camino, buono loco, poco fondo; si potria andare dentro il golfo, che gli è una torre, che li galioni de rasso li vanno a carricare. Li donano li prodesi a quello, tenendo; dalla marina alla torre di Orestan gli sono miglia 3. […]”

Lasciato a dritta Capo Frasca, ed entrando nel Golfo di Oristano, a sinistra troviamo Capo San Marco, con la Torre di San Giovanni di Sinis, che ne accentua l’altezza. La rada è ben riparata e presenta bassi fondali.

In fondo al golfo, troviamo oggi la borgata marina di Torregrande, dall’omonima fortezza eretta durante il periodo della dominazione Aragonese dell’Isola. Si tratta di una torre cilindrica di difesa costiera edificata fra il 1542 ed il 1572 per la difesa dell’approdo nel golfo di Oristano e per proteggere la foce del Tirso, allora navigabile, che poteva essere usato per raggiungere la città.

Ebbe il compito di sovrintendere alla costruzione don Peroche de Salazar, capitano di Oristano dal 1530 al 1543, che ne fu il primo capitano e alcalde. È detta “Torre grande” (Turri Manna, in lingua sarda) per essere la più imponente delle torri costiere sarde. La torre fu voluta dai Campidanesi per difendersi dagli attacchi barbareschi e fu costruita grazie all’aiuto finanziario della Corte spagnola e del Clero.

La fortezza all’epoca sorgeva direttamente sul mare, oggi, a causa dell’avanzamento della linea di costa, la torre è situata a circa 90 metri dal mare. Le navi mercantili che approdavano alla marina di Oristano, dopo aver calato le ancore, portavano dei cavi d’ormeggio sino alla torre. Gli abitanti di Torregrande e Oristano, ricordano come dei grandi anelli di ferro fossero infissi alla torre sul lato rivolto al mare sino agli anni ’50 del ‘900.

Immergendosi nello specchio d’acqua antistante la torre, ad una distanza di 200 metri da terra, in un fondale di circa 7 metri di profondità, non è difficile individuare numerose pietre di zavorra abbandonate dalle navi di passaggio.

Capo Frasca
Capo Frasca

“Capo de Rama. Al Capo della Rama – gli altri gli dicono Capo de Napoli – da maestro non gli è aqua, buono sorgitore. Volendo andare alla ponta si lascia lo capo a banda sinistra, si entra a basso uno grosso miglio, et se gli potria stare ad ancora e prodesi; e se gli sorge ad ancora sola– gli son passa 6 in 7 de fondo – e al capo tu gli puoi accostare di un osto; il capo in cima ti fa piano; poi va a terra più dentro e trovi una piagetta bianca, trovarai passa 5 in 7. Allargandoti nel golfo trovarai più fondo, e puoi sorgere più dentro come voi e gli seij a redosso. La traversìa è maestro e tramontana. E sappi che il golfo fa diece miglia de bocca. […]”

Capo Frasca era chiamato anche Capo di Napoli, dalla località di Santa Maria de Nabui, dove sorgeva l’antico insediamento di Neapolis col suo porto. Nel lato esposto a maestrale non ci sono punti di acquata, e questo è il motivo principale per cui l’Azurri prediligeva Capo San Marco come approdo.

Partendo dalla rada di Marceddì navigando verso Nord, oggi pittoresco borgo peschereccio, si raggiunge la punta di Capo Frasca, tenendo la costa del promontorio alla propria sinistra. Mentre per chi fosse entrato in golfo e avesse voluto trovare riparo a Capo Frasca, sarebbe stato sufficiente doppiare il promontorio e discenderne la costa per un miglio abbondante, dove si poteva stare con ancora e cime a terra, o in caso di condizioni estremamente calme, anche sulle sole ancore.

Si poteva navigare a 200 metri dal promontorio, e, appena doppiato il Capo, si sarebbe trovata la spiaggetta di Punta Capo Frasca.

Oggi Capo Frasca è un poligono militare dell’Aeronautica, ed è soggetto ad esercitazioni con aerei da guerra. La zona è interdetta al transito, all’ancoraggio ed alla pesca da Punta de S’Aschivoni, sino a Marceddì.

Sulla Punta di Capo Frasca è presente un faro alto 66 metri sul livello del mare, che emette un flash bianco con un periodo di 6 secondi, ed una portata ottica di 11 miglia.

“Al Capo de San Marco è meglio stare, che non a Rama, per rispetto dell’habitanza et aqua da bever. Dal capo insino al sorgitore gli è un miglio, per contro ad una chiesa bianca, gli sono passa 12 in 15 in 8. Se voi andare in terra starai […] et al capo te gli puoi accostare; schiva cosa vedi, non dubitare […]”

Oggi come ai tempi dell’Azurri, il miglior ridosso nel Golfo di Oristano è dato dalla rada di Capo San Marco: entrati nel ridosso del capo per circa un miglio, si giunge all’attuale spiaggia di Mare Morto, proprio dietro alla Chiesa di San Giovanni di Sinis (VI sec. d.C.). Lo specchio d’acqua oggi fa parte del Parco Marino del Sinis-Isola di Maldiventre. Vi si trova uno scivolo di alaggio per piccole imbarcazioni, e vi sostano ancora piccole imbarcazioni da pesca.

Capo San Marco
Capo San Marco

Sul promontorio di Capo San Marco nel 1924 fu edificato il Faro di Capo San Marco, alto 57 metri sul livello del mare, e avente una portata di 22 miglia. La lanterna, posta su una torre cilindrica a doppia balconata, a sua volta eretta sopra un edificio a due piani, ospita una ottica rotante, ed emette un doppio lampo bianco, con fasi 0.2-2-0.2-7.6, ed un periodo di 10 secondi.

“Il Capo de San Marco se gli può sorgere con navi e dentro da scirocco basso quanto voi, ha un isolotto. Il capo d’alto resta piano come tavola, resta bianco e negro e rosso. All’entrare nel golfo la ponta resta sutile; andare dentro nella monecha, gli è lo Golfo de Orestan, quale è longo miglia 4 dalla marina; nella piaggia di detto Orestan gli è un certo casale rotto. Da detto capo al Capo della Rama, di dentro alla ponta, gli stanno galere, e di dentro alla ponta verso il Golfo di Orestan, da grego, al detto capo si può sorgere con navi e con galere. Più addentro gli è stanza assai. Buon capo, alto, verso il Golfo di Orestan; verso lebecchio resta più basso, lo capo più luongo, et dette ponte assai sutili al capo verso lebecchio, e non vi è stanza per navi. E passato il detto capo de Rama, trovi un altro capo, ove vedi l’Isola di San Pietro […]”

Forse per una errata trascrizione, viene segnalato un isolotto nei pressi di Capo San Marco. Ci si riferisce probabilmente a un promontorio omonimo; fedele invece la descrizione dei colori della scogliera: bianco, nero, rosso.

Oggi davanti agli scavi di Tharros, le moderne imbarcazioni da diporto possono trovare un comodo campo boe dove ormeggiare.

Azurri segnala anche la presenza di galere nel ridosso di Capo Frasca, probabilmente preferito come nascondiglio per eventuali sortite contro i corsari barbareschi.

A sud di Capo Frasca, se si discende lungo la Costa Verde, si trova Capo Pecora, da cui è possibile avvistare l’Isola di San Pietro.

“L’Isola di Malventre è larga miglia 5. E dalle Saline a detta isola si può sorger con navi, buona stanza; tra l’isola e terra ferma della Sardegna gli sono passa 5 in 6 de aqua, e gli resta un poco de manega. Dal Capo delle Saline all’Isola di Bosa gli è miglia 25 et alla fiumara miglia 25 in 30. Et habbiamo trovato l’aqua della fiumara cattiva alla marina, et più alla montagna; ha sapore di pantano […]”

L’Isola di Maldiventre, oggi parco marino, era un comodo ridosso temporaneo per le navi di passaggio. Da Capo Mannu (le Saline) a Maldiventre è possibile il passaggio delle navi.

Isola di Maldiventre
Isola di Maldiventre

Sull’Isola era attivo un faro sino ai primi anni 2000, oggi non più funzionante. Il faro aveva anche un “settore rosso” che indicava lo Scoglio del Catalano.

Un altro faro sorge sul Capo Mannu, alto 59 metri sul livello del mare, emette tre flash bianchi ogni 15 secondi, e ha una portata ottica di 11 miglia nautiche. Da Capo Mannu all’Isola Rossa di Bosa, oggi unita alla terraferma da un istmo artificiale, c’è una distanza di 25 miglia.

L’Azurri segnala la cattiva qualità dell’acqua potabile, probabilmente dovuta all’attività delle concerie di pellami che sorgevano sul fiume.

“Capo de Rama. Dal Capo de Rama ad uno miglio e mezzo gli siamo statti sorti con scirocchi; è buono tenitore e netto, per contro alla montagna grossa, cioè lo pizzo de mezo al più alto; ne restava alla quarta de mezzo giorno e scirocco la punta sutile […]”

L’Azurri da una ultima indicazione sul ridosso a Capo Frasca in caso di scirocco, in cui è possibile trovare un buon riparo su fondali sabbiosi, in prossimità della Spiaggia di Punta Capo Frasca.

Per chi volesse cimentarsi nella ricostruzione del paesaggio costiero dell’area esaminata, si consigliano il Portolano P3- Sardegna e Bocche di Bonifacio, edito dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta 111 dei Simboli, abbreviazioni, termini in uso nelle carte nautiche, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica N.293, Golfo di Oristano, edita dall’Istituto Idrografico della Marina, la Carta Nautica IT252 Da porto di Oristano a Capo Marargiu con il Catalano e Maldiventre, edita da Navimap, infine il portolano scritto da Mauro Mancini, Navigare Lungo Costa N.5, Corsica e Sardegna, edito da Class Editori nella collana Tagliamare.

 

Written by Claudio Fadda

 

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Bibliografia

Carta di Navigare, Gerolamo Azurri, Civico Istituto Colombiano, Genova, 1985

 

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