Intervista di Rebecca Mais a Franco Faggiani, cacciatore di storie, e al suo affascinante “Il guardiano del giardino dei ciliegi”

“Non correvo, naturalmente, con finalità sportive e, a dire il vero, neanche per il rispetto assoluto dei principi religiosi. Correvo perché solo così mi sentivo realmente libero, unico, leggero, in sintonia completa con il creato. Correvo con lo scatto di un colibrì, anche se mi sarebbe piaciuto avere la leggerezza di della farfalla. Solo per non sentire il rumore dei miei passi veloci sulle pietre o quello ritmico dell’aria in uscita dai polmoni. Solo per poter credere di aver raggiunto la perfezione.”

Franco Faggiani

Quella raccontata da Franco Faggiani, giornalista e scrittore, è una storia che arriva da lontano, nel tempo e nello spazio. È la storia di Shizo Kanakuri che nacque alla fine dell’Ottocento in una terra tra le più inospitali e tra le più selvagge, il Giappone, fu atleta olimpico pure non portando a termine quella maratona, e proseguì poi la sua esistenza in maniera più sofferta ed avventurosa di come l’aveva cominciata.

Non tutto corrisponde a realtà ma poco importa perché del passato di Shizo Kanakuri non sappiamo molto ma l’autore ha ricreato eventi e sentimenti realizzando un romanzo profondo, ricco di insegnamenti, di immagini meravigliose, mostrando un Giappone differente da quello che conosciamo e che troviamo normalmente sui libri.

E leggendo questa intervista vi renderete conto che in Shizo c’è tanto di Franco Faggiani: in comune la voglia di spingersi oltre i confini, di non fermarsi alle apparenze, la vita avventurosa, la curiosità e l’amore per la natura.

Rimarrete inoltre affascinati dalla genesi del romanzo e dalla sua carriera, cominciata prestissimo, di giornalista in giro per il mondo.

Lascio la parola a Franco, che ringrazio per la disponibilità, e, se non l’avete ancora fatto, vi consiglio di leggere il prima possibile i bellissimi “La manutenzione dei sensi” e “Il guardiano della collina dei ciliegi” entrambi editi dalla Fazi Editore.

 

R.M.:  Benvenuto su Oubliette Franco o, forse, dovrei chiamarti ‘cacciatore di storie’ come ti definì il caporedattore di un settimanale. Ti ci ritrovi in questa definizione? E se sì perché?

Franco Faggiani: Ma sì, ormai me la porto dietro da tempo e in fondo non è male. Mi lusinga anche un po’, inutile nasconderlo, andare a caccia di storie è un bel mestiere. Con il tempo è diventata una inclinazione quasi naturale. Fino ad ora mi è riuscito bene, ho vissuto di questo, quindi perché rinunciare al piacere della scoperta?

 

R.M.:  Come e quando hai scoperto Shizo Kanakuri e cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo con lui protagonista?

Franco Faggiani: L’ho scoperto scrivendo un articolo sulle maratone olimpiche per un giornale sportivo. Mi sono letto fino in fondo tutte le classifiche di tutte le edizioni dei Giochi. Così ho scoperto il tempo incredibile impiegato da Shizo per finire la sua prova, espresso non in ore ma in anni. Ho pensato subito a un errore di chi aveva compilato la classifica di Stoccolma e la curiosità mi ha poi indotto ad approfondire, a fare verifiche. La storia si sa come è cominciata e come è finita e ho provato a immaginare cosa avrebbe potuto esserci nel mezzo.

 

R.M.:  È stato emozionante vedere, a Stoccolma, i luoghi dei Giochi Olimpici del 1912?

Franco Faggiani: Sì, anche perché allo Stadio Olimpico c’ero andato una mattina presto, senza nessuno intorno e ho fatto anche un paio di giri di pista. Lo Stadio è esattamente come era nel 1912 e questo non ha fatto altro che stimolare la mia immaginazione e alimentare la mia creatività.

 

R.M.:  Di ciò che accadde a Shizo Kanakuri in seguito alle Olimpiadi si hanno solamente frammenti. In che modo sei riuscito a ricostruire, pur con elementi romanzati, i vari episodi della sua vita?

Il guardiano della collina dei ciliegi

Franco Faggiani: Non ho ricostruito, ho proprio ricreato senza basarmi su altri elementi. Lui, nella realtà, ha fatto altre cose rispetto a quelle che ho scritto io. Ha anche partecipato ad altre due successive maratone olimpiche, finendo la prima volta lontano da concorrenti di testa, mentre la seconda volta si è addirittura ritirato. Poi è sparito dalle gare importanti, ma probabilmente anche per motivi anagrafici. Nella realtà era tornato in gran segreto a Tamana, dove credo abbia fatto il maestro.

 

R.M.:  Questo romanzo immagino abbia necessitato di tanto studio rispetto ai precedenti. Quanto tempo ti è servito, per arrivare alla pubblicazione, tra ricerche, viaggi, stesura definitiva?

Franco Faggiani: Sono uno dalla prima stesura veloce (grazie ai tanti anni di giornalismo alle spalle che, oltretutto, mi ha sempre consentito di evitare il tanto citato “blocco dello scrittore”); diciamo tre mesi, senza interruzioni. Per fortuna riesco a scrivere senza patemi anche nel caos, in mezzo ad altri che fanno rumore, perfino sui mezzi pubblici. Ma quando mi metto davanti al computer ho già tutta la sceneggiatura in testa, i personaggi, i ruoli, i luoghi. Le storie prima le penso in profondità poi, se rimangono ben impresse nella mia testa, se non vengono sostitute da altre storie che nel frattempo scovo in giro, poi le scrivo. Insomma, alle vicende di Shizo, a come avrebbero potuto svilupparsi, ho pensato per due o tre anni, ancora prima di mettermi a scrivere “La manutenzione dei sensi”, che ha avuto un iter diverso, perché c’erano molte parti autobiografiche. L’aver fatto a lungo il giornalista, ai tempi in cui non c’erano Internet e i marchingegni simili, mi ha permesso di fare le ricerche giuste, di mirare sulle fonti più idonee, senza navigare a caso.

 

R.M.:  Il primo maggio (il giorno prima della data di pubblicazione de “Il guardiano della collina dei ciliegi”) il nuovo imperatore Naruhito è asceso al trono aprendo aprirà l’era Reiwa; ‘wa’ significa pace, armonia, equilibrio: coincidenza o messaggio dall’alto da parte di Shizo?

Franco Faggiani: Purissima coincidenza. La data di uscita era stata decisa insieme ad Alice Di Stefano, direttore editoriale di Fazi, quattro o cinque mesi prima, e di sicuro non avevamo certo pensato alla data d’avvio della nuova era. Certo, adesso vado in giro a dire che i kami sono stati molto benevoli con me e Shizo.

 

R.M.:  Un aggettivo per definire “Il guardiano della collina dei ciliegi”?

Franco Faggiani: Educativo perché, credo, tutti possano attingere qualcosa che di utile al proprio riscatto. Tutti noi abbiamo qualche impegno – soprattutto etico, morale – a cui non abbiamo prestato fede, ancora da onorare. Alcuni lettori dalla veloce lettura mi hanno scritto già dopo due o tre giorni dall’uscita dicendo che in molte cose personali, in molti pensieri di Shizo, si erano riconosciuti, per quanto lui e la sua storia appartengano a un’altra epoca, a un’altra tradizione. Per molti versi può dunque essere anche consolatorio.

 

R.M.:  Su cosa vertono le tue letture personali? Generi e autori/autrici preferiti/e?

Franco Faggiani: Domanda facile, risposta difficile. Sono cresciuto con Hemingway, Bonatti e Tex Willer, ma poi da adolescente ho letto ben poco, perché tutto il mio tempo lo dedicavo a star fuori casa, nei boschi, in campagna, in montagna. Ho fatto delle cose da pazzi. Una mattina mia mamma mi ha mandato a comprare il pane e io, visto che ero fuori, sono andato a scalare una montagna in Piemonte, lungo un versante dove non era ancora salito nessuno. Con la busta del pane mi sono ripresentato solo la sera tardi. Stavo fuori sempre, con qualsiasi tempo. Leggere mi sembrava tempo perso. Ho poi cominciato a scrivere per i giornali molto presto, a 20 anni il mio primo reportage da free lance dalla Nuova Guinea, poi ne sono seguiti molti altri in giro per il mondo. Così ho conosciuto la Fallaci, con la quale ci siamo scambiati anche delle lettere, quando lei era in Vietnam, poi Biagi, Bocca, Lucio Lami, Ettore Mo… tutti i grandi giornalisti della mia epoca. Con Lucio Lami, mitico inviato di guerra in Afghanistan, ho anche lavorato per diversi anni, è stato un po’ il mio maestro. Così ho cominciato a leggere le loro storie. Poi non sono mancati Rigoni Stern, Buzzati, Thoreau, Chatwin. Dove c’erano natura e avventura, c’ero anche io.

 

R.M.:  Chi vorresti leggesse il tuo romanzo?

Franco Faggiani

Franco Faggiani: Prima di rispondere a queste domande ho risposto a un lettore che mi aveva chiesto dove trovare il libro per regalarlo a suo figlio, che doveva “portare” il Giappone a un esame. Aveva sentito dire che il “mio” Giappone era diverso da tutti gli altri Giappone descritti nei libri e quindi gli sembrava una buona idea proporre a suo figlio “Il guardiano della collina dei ciliegi”. Ecco, forse i ragazzi potrebbero appassionarsi a un Paese lontano, e capirne un po’ l’evoluzione, attraverso la storia di una persona schiva e solitaria.

 

R.M.:  Il tuo libro è disponibile anche in formato digitale. E-book sì o e-book no? Ne leggi mai?

Franco Faggiani: Amici, lettori, giornalisti, librai mi consigliano sempre un sacco di libri da leggere. Quelli che intendo conservare, quelli che mi seguiranno in eventuali traslochi (conto sempre di andar a vivere definitivamente in montagna…) li compro di carta; quelli che leggo solo per curiosità, su suggerimento, specie se non sono nel mio panorama di interessi primari, li leggo sul Kindle. Non perché li consideri minori ma perché siamo arrivati al punto che in casa o ci stanno i libri o ci sto io. Non c’è più spazio per entrambi.

 

R.M.:  Progetti futuri? Stai forse già lavorando a qualcosa di nuovo?

Franco Faggiani: Una delle domande più gettonate nelle presentazioni è: cosa prova quando è appena uscito un suo libro? Soddisfazione e un po’ di vuoto dentro, rispondo io. E come si fa a colmare questo vuoto? Affrontando una nuova storia. Sì, sto lavorando a un nuovo romanzo, che oltretutto era l’alternativa al “Il guardiano della collina dei ciliegi”. Shizo, essendo un corridore, è arrivato prima, ma quella che ho iniziato a scrivere mi sembra una storia altrettanto intrigante.

 

Written by Rebecca Mais

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *