“Alfonso il Magnanimo” di Giuseppe Caridi: il re del Rinascimento che fece di Napoli la capitale del Mediterraneo
“Sulle orme del padre, Alfonso mostrò una particolare inclinazione per le lettere e le scienze, si dedicò con impegno allo studio della filosofia senza tuttavia trascurare le altre discipline liberali. […] traspare l’interesse di Alfonso per la grammatica, la poetica, la geometria, la filosofia e l’astronomia, discipline a cui i genitori indirizzarono il giovinetto nel solco della lodevole tradizione della corte di Castiglia. – Giuseppe Caridi

Alfonso V d’Aragona, nacque presumibilmente nel 1396, figlio primogenito di Ferdinando I e di Eleonora d’Albuquerque. Suo padre Ferdinando rappresentava la stirpe della Casa d’Aragona per discendenza materna, mentre, da parte di padre, discendeva dal casato di Trastámara, una discendenza illegittima dei reali di Castiglia. Per diritto ereditario Alfonso V era anche re di Sicilia e Sardegna (che contese al Giudicato di Arborea, alleato con la Repubblica di Genova) e conquistò il Regno di Napoli, nella cui capitale stabilì la propria corte e che divenne il fulcro della Corona d’Aragona, oltre che uno dei più splendenti esempi del primo Rinascimento.
“Con il Villena, un erudito che aveva molteplici interessi culturali, tra cui lo studio della teologia e dell’occultismo, e che si sarebbe poi affermato come uno dei principali poeti spagnoli, Alfonso entrò sicuramente in contatto. La frequentazione di questi eruditi alimentò in lui sin dall’adolescenza quell’amore per le lettere e per l’arte in genere, che lo avrebbe poi portato in età adulta a fare della corte di Napoli uno dei maggiori centri di irradiazione del Rinascimento.” – Giuseppe Caridi
Questa biografia su Alfonso V il magnanimo è stata curata dal professor Giuseppe Caridi, ordinario di Storia Moderna presso l’Università di Messina, studioso della storia del Mezzogiorno d’Italia, e non deluderà gli appassionati e studiosi di storia del Mediterraneo e del Rinascimento.
Il libro “Alfonso il Magnanimo” presentato dalla Salerno Editrice, fa parte della collana “profili”, sotto la direzione di Andrea Giardina, con la collaborazione di Luca Mascilli Migliorini e di Gherardo Ortalli.
Nell’analizzare minuziosamente la biografia di questo monarca, il prof. Caridi pone a confronto e in alcuni casi critica le numerose biografie storiche e studi più recenti sulla vita di Alfonso V, con numerose citazioni, note e riferimenti agli archivi storici. Il libro tratta un periodo storico ricco di avvenimenti, personaggi e che spazia in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo, rendendolo impegnativo per il lettore, ma è strutturato in modo tale da poter essere letto dall’appassionato o studiato più approfonditamente grazie alle oltre 30 pagine di note e riferimenti bibliografici utili per lo storico, e agli indici curatissimi per rapidi consulti nel libro, che lo rendono completo e funzionale. Difficile per lo studioso appassionato resistere al leggere le note senza addentrarsi nelle numerosissime ramificazioni della storia del Mediterraneo per ulteriori approfondimenti, alla ricerca di nuove scoperte.
Addentriamoci quindi nella vita di Alfonso V il Magnanimo.
Alla morte del padre Ferdinando I, nel 1416, Alfonso gli succedette in tutti i suoi titoli, divenendo Re d’Aragona e per prima cosa, vedendo che i Siciliani, per la loro sete di indipendenza, avrebbero voluto eleggere il fratello Giovanni come re di Sicilia, lo richiamò a corte e lo inviò in Castiglia ad aiutare l’altro fratello, Enrico, nella lotta che continuavano a sostenere contro Álvaro de Luna, il favorito del re di Castiglia, Giovanni II, per il controllo del governo del regno. Alfonso non fece mai mancare il suo appoggio ai fratelli.
Nel 1419-1420, Alfonso era impegnato nel consolidamento della presenza aragonese in Sardegna e in Corsica, quando la regina Giovanna II di Napoli, entrata in contrasto con papa Martino V, stava subendo un attacco da parte delle truppe di Muzio Attendolo Sforza, condottiero al soldo del conte di Provenza Luigi III d’Angiò, che il papa aveva nominato re di Napoli al posto di Giovanna. Giovanna, senza discendenza, nell’agosto 1420, in cambio del suo aiuto militare, nominò suo erede Alfonso, il quale si appellò all’antipapa aragonese, Benedetto XIII, che gli diede il suo appoggio.
Alfonso, nel luglio 1421, si imbarcò per Napoli, dove giunse l’8 luglio, accolto da Giovanna II come un figlio ed erede al trono, ma successivamente ripudiato dalla stessa, quando egli fece arrestare il suo amante e primo ministro Giovanni Caracciolo. La conquista del Regno di Napoli si concluse solo nel 1442, quando Renato d’Angiò abbandonò la città.
In pochi mesi Alfonso, dopo aver dichiarato l’unione del Regno di Sicilia con il Regno di Napoli, fece il suo ingresso trionfale in città il 26 febbraio del 1443. Da quell’anno Alfonso V risiedette permanentemente a Napoli e non rientrò più in Aragona, nonostante le sollecitazioni della moglie Maria, che continuava a governare i suoi possedimenti spagnoli coadiuvata da Giovanni, fratello d’Alfonso.
Nel 1446 Alfonso portò a termine l’occupazione della Sardegna, e l’anno successivo gli ambasciatori francesi erano stati mandati a Barcellona per reclamare il pagamento della dote che l’infanta Iolanda di Aragona, più di quarant’anni prima, aveva promesso alla figlia, Maria d’Angiò, nel momento in cui, sposando il Delfino di Francia, Carlo VII (successivamente detto “il vittorioso”), era divenuta la consorte del futuro re di Francia.
Tuttavia, i francesi non ebbero alcuna soddisfazione da Maria di Castiglia, moglie e luogotenente di Alfonso, e durante il viaggio di rientro in Francia occuparono la città di Perpignano come pegno. Nel 1454 la stessa Francia, appoggerà Genova quando Alfonso entrerà in conflitto con la Superba.

Alfonso V combatté e trionfò durante il grande sviluppo di individualità che accompagnò la rinascita del sapere e la nascita del mondo moderno. Da vero principe precursore del Rinascimento, egli favorì i letterati, che credeva avrebbero tramandato la sua fama ai posteri. Il suo amore per i classici fu eccezionale, anche per i suoi tempi. I suoi biografi narrano che Alfonso fece fermare il suo esercito, in segno di rispetto, prima di giungere nella città natale di un autore latino, e che portasse con sé le opere di Livio e Cesare nelle sue campagne. Il suo panegirista, il Panormita racconta nei suoi elogi che Alfonso guarì da una malattia sentendo leggere alcune pagine della storia di Alessandro Magno scritta da Quinto Curzio Rufo.
Leggende a parte, ad Alfonso V si deve la fondazione della prima sede universitaria in Sicilia, a Catania. Nel Regno di Napoli non riuscì ad accattivarsi l’animo di tutti i Napoletani, soprattutto perché volle abolire il seggio del popolo, ma riconobbe indubbiamente a Napoli un’importanza primaria rispetto alle altre città del suo regno facendo della città partenopea una vera e propria capitale mediterranea. Fece ristrutturare Castelnuovo, danneggiato dalle continue guerre, aggiungendovi un mirabile arco di trionfo e decorandolo della superba sala del trono, chiamata in seguito sala dei baroni dopo la tragedia del 1486 durante la quale alcuni dei più potenti baroni del regno, attirati con un tranello, vi furono uccisi.
Protesse le arti e le industrie, prime fra tutte quelle della lana e della seta, quest’ultima introdotta da lui nel Regno di Napoli. Fece giungere alla sua Corte alcuni dei più celebri umanisti, tra cui il Panormita, Lorenzo Valla, Emanuele Crisolora, e, sotto il suo successore, Giovanni Pontano. La popolazione di Napoli si accrebbe per continue immigrazioni, fra cui citiamo una colonia di ebrei respinti dalla Spagna e dalla Sicilia, e la città raggiunse i 100 000 abitanti alla fine del XV secolo.
Alfonso morì di malaria, contratta durante una battuta di caccia in Puglia, durante l’assedio di Genova, il 27 giugno 1458. Lasciò il Regno di Napoli al suo figlio illegittimo Ferdinando, che fu legittimato da papa Eugenio IV e nominato duca di Calabria, mentre tutti gli altri titoli della corona d’Aragona, inclusa la Sicilia che era tornata alla corona, andarono a suo fratello Giovanni. Alfonso V fu inumato nella chiesa di San Domenico a Napoli. Circa due secoli dopo la salma fu traslata preso il monastero di Santa Maria di Poblet.
August von Platen descrive così il monarca: “Alfonso, quanto alla persona, era di mezzana statura e di gracile complessione, di volto pallido, ma sereno; aveva naso aquilino e capelli bruni. Tanto era lontano dalla superbia, che una volta aiutò un contadino a trar dal pantano il proprio asino; e all’assedio di Pozzuoli, avendo il mare gettato sulla spiaggia il cadavere d’un genovese, lo fece seppellire e intagliò egli medesimo la croce di legno da piantarsi sul tumulo. A un cortigiano, che gli attribuiva a merito d’esser figliuolo, fratello e nipote di re, rispose col verso di Dante:
Grande è solo colui che per sé splende.”