“Diario Intimo” di Henri-Frédéric Amiel: la parola è una rivelazione ‒ maggio 1852/1855
“L’uomo è un colono; tutta la sua opera, se ben si considera, è di sviluppare la vita, di seminarla dappertutto; tale è il còmpito dell’umanità, ed è còmpito celeste. L’influenza di una parola detta a tempo è incalcolabile.” ‒ Henri-Frédéric Amiel
Nel mese di maggio ma nel 1852 e 1855 il filosofo, poeta e critico letterario svizzero Henri-Frédéric Amiel (Ginevra, 27 settembre 1821 – Ginevra, 11 maggio 1881) scriveva le sue quotidiane riflessioni nel Diario Intimo.
Amiel non è celebre, non ha avuto la fortuna di altri filosofi e poeti dell’800, la sua non è stata una vita “di corte”, di società ma una vera e propria esistenza donata al Pensiero.
Eppure, malgrado l’atteggiamento da eremita, con il suo Diario Intimo ha mostrato tutte le piaghe della società a lui contemporanea e che si sono moltiplicate nella nostra attuale.
In 16.840 pagine il Journal Intime disegna perfettamente ciò che è accaduto in Europa in 150 anni. Alla sua morte furono pubblicate alcune pagine scelte in “Fragments d’un Journal intime” decretate come fenomeno letterario molto interessante, e successivamente nel 1923 il filologo e docente svizzero Bernard Bouvier pubblica una selezione più ampia.
Henri-Frédéric Amiel è tagliente, non accomoda alcun partito, alcuna fazione, il suo scrivere è portare alla luce, è trasmettere il canto, è ragionamento continuo che non ha pretesa di pubblicazione editoriale né di ammirazione da parte degli altri intellettuali contemporanei.
E forse è per questi semplici motivi che il Journal Intime è vero e si presenta come il dialogo di un uomo con l’anima.
Una rarità nel mondo post illuminista che volgeva l’interesse verso la velocità e la produzione, verso la mercificazione dell’essere umano, sulle basi di quello che noi abbiamo chiamato capitalismo.
Abbiamo deciso di selezionare alcuni brani di questo grande filosofo augurandoci di potar ai lettori di oggi qualche riflessione interessante dando la possibilità di curiosare all’interno di un libro diventato pressoché introvabile.
Siamo partiti dal gennaio del 1866 con una bellissima pagina di diario nella quale il nostro filosofo esortava se stesso ed il possibile lettore alla contemplazione. La selezione di febbraio ci ha portati nel 1869 con il discorso della facoltà di conoscere, a marzo 1868 abbiamo attraversato le facoltà di metamorfosi, aprile del 1850 è stato il mese in cui abbiamo visto come la coscienza possa essere duplice e ci siamo soffermati sull’importanza del matrimonio.
Ed eccoci ad alcune date del mese di maggio del 1852 e 1855, abbiamo voluto condividere una triade di giornate a differenza delle altre puntate su Amiel sia per presentarvi alcune caratteristiche del suo pensiero sia per la brevità dei testi selezionati. Il 2 maggio 1852 ed il 23 maggio 1855 condividono l’interrogazione sulla parola e sull’abisso che risiede in ognuno essere umano ma che viene cercato da pochi. Mentre nella data del 10 maggio si esplica il rapporto del grande filosofo con il suo Giornale intimo.
2 maggio 1852 (domenica) – Diario intimo
“[…] Quale importanza hanno i primi dialoghi nella prima infanzia!
Come sento la santità di questa missione!
L’affronto sempre con una specie di religioso terrore. L’innocenza e l’infanzia sono sacre.
Il seminatore che getta il grano, il padre che getta la parola feconda compiono un atto pontificale, e vi si dovrebbero accingere con religione, con preghiera e con gravità, poiché lavorano nel regno di Dio. Ogni seminagione è una cosa misteriosa, sia che cada nel suolo sia nelle anime.
L’uomo è un colono; tutta la sua opera, se ben si considera, è di sviluppare la vita, di seminarla dappertutto; tale è il còmpito dell’umanità, ed è còmpito celeste. L’influenza di una parola detta a tempo è incalcolabile.
Noi dimentichiamo troppo che la parola è una rivelazione, una seminagione (sermo-serere).
Oh il linguaggio! Che cosa profonda! Ma noi siamo ottusi, perché siamo materiali e materialisti.
Vediamo le pietre e gli alberi, e non distinguiamo le schiere di idee invisibili, che popolano l’aria e battono perpetuamente l’ala intorno a ciascuno di noi!”
10 maggio 1855
“Lo scopo del Giornale Intimo è di non aver nessuno scopo in particolare, ma di servire a tutto…
Un po’ di capriccio non gli nuoce, l’imprevisto qui non potrebbe costituire un difetto.
Così inteso, il Giornale è il modello dei confidenti, sognato dai poeti tragici e comici: non sa nulla ed è pronto a tutto, ascolta mirabilmente e pur sa consolare, consigliare, rimproverare.”
23 maggio 1855
“[…] Ogni passione nociva attira, come gli abissi attirano con la vertigine. La debolezza di volontà porta la debolezza di testa, e l’abisso, malgrado il suo orrore, affascina come un asilo.
Terribile pericolo!
Questo abisso è in noi, questo baratro aperto come le vaste fauci del serpente infernale, che ci vuole divorare, è il fondo del nostro essere; la nostra libertà nuota su questo vuoto, che aspira sempre ad inghiottirla.
Nostro unico talismano è la forza morale raccolta sul suo centro, la coscienza, piccola fiamma inestinguibile, la cui luce si chiama Dovere e il cui calore si chiama Amore.
Questa fiammella dev’essere la stella della nostra vita, essa sola può guidare la nostra arca tremante attraverso il tumulto delle grandi acque, farci sfuggire alle tentazioni del male, ai mostri ed alle tempeste vomitate dalla notte e dal diluvio.
La fede in Dio, in un Dio santo, misericordioso, paterno, è il raggio divino che accende questa fiamma.
Oh! Come sento la profonda e terribile poesia dei terrori primitivi, donde sono uscite le teogonie; come la storia delle forze scatenate, del caos selvaggio e del mondo nascente diventa la mia vita e la mia sostanza, come tutto s’illumina e diviene simbolo del grande pensiero immutabile, del pensiero di Dio sull’universo!
Come l’unità di ogni cosa mi è presente, sensibile, interiore! Mi sembra di scorgere il motivo sublime, che nelle sfere infinite dell’esistenza, in tutti i modi dello spazio e del tempo, riproducono e cantano tutte le forme create, in seno all’eterna armonia.
Dai limbi infernali mi sento, come Dante, risalire verso le regioni della luce, e come il Satana di Milton, il mio volo attraverso il caos viene a posarsi in paradiso. Beatrice o Raffaele, messaggeri dell’amore eterno, mi hanno indicato il cammino.
Il cielo, l’inferno, il mondo sono in noi stessi.
L’uomo è il grande abisso.”
Bibliografia
“Frammenti di un giornale intimo” di Henri-Frédéric Amiel (Unione Tipografico – Editrice Torinese, 1967, a cura di C. Baseggio)
Info
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