FEFF 2019: Sezione Classici Restaurati – “A Speck in the Water” di Ishmael Bernal
Oubliette Magazine aveva già incrociato allo scorso Far East Film Festival di Udine la figura di Ishmael Bernal, del quale si proponeva la versione restaurata di “Himala” (1982), probabilmente la sua opera più nota, di sicuro la più celebrata, anche e soprattutto dopo la scomparsa del regista filippino.
Quest’anno è la volta di “A Speck in the Water” (1976), altro film misterioso e affascinante la cui visione desta non poche incognite. Il motivo di ciò risiede anzitutto nel fatto che quella che dapprima sembra proporsi come trama principale viene in realtà presto collocata in secondo piano per fare spazio a fitte sotto-trame, da essa dipendenti ma caratterizzate da un più complesso sviluppo drammaturgico.
La piccola comunità di Santa Fe, insediata sulla sponda di un lago e dedita prevalentemente alla pesca, viene sconvolta da alcuni eventi nefasti, come una morte sospetta e prematura avvenuta in prossimità delle gabbie sommerse e, soprattutto, un’improvvisa moria di pesci che compromette gravemente l’economia di sussistenza in cui è coinvolta l’intera popolazione.
Mentre dalla città arrivano gli indesiderati esperti a denunciare lo stato di pesante inquinamento in cui versa lo specchio d’acqua, la situazione d’emergenza che s’è venuta a creare stimola gli abitanti a riconvertire le loro attività, chi rimanendo nel paese natio, chi cercando fortuna nel centro urbano o persino nei lontani mari del sud.
A riservarsi le parabole narrative più estese sono però le storie che hanno per soggetti i singoli individui, le quali per l’appunto s’innestano nel plot d’avvio: esse non procedono linearmente, per un tratto parallele e per il successivo intrecciate alle altre che si evolvono simultanee, tornando poi a separarsi; alternano spazi interni ed esterni, diurni e notturni, chiassosi e silenziosi; se contemplano ellissi temporali, queste non risultano mai segnalate da dissolvenze o altri artifizi chiaramente riconoscibili.
Più che per memorabili eventi specifici, la vicenda avanza proponendo delle “isole tematiche” ricorrenti, prima fra tutte il legame con la terra d’origine, posto in contrasto col richiamo di un futuro che offrirebbe altrove, lontano dai cari e dalla routine comunitaria, prospettive più sicure e redditizie, seguito dalla difficoltà vissuta nel partorire e crescere figli sani in un luogo che si rivela sempre più insalubre, e ancor prima nello stabilire relazioni sentimentali durature e univoche all’interno di un gruppo di persone che facilmente viene a sapere tutto di tutti.
“A Speck in the Water” non è esente da eccessi, vuoi di scrittura (motivo per cui il racconto viene percepito come labirintico e frammentato), vuoi di regia e montaggio (alcuni bruschi inserti formalmente dissonanti col contesto imperante), ma accoglie lungo tutto il suo tortuoso percorso numerose intuizioni audiovisive che non mancano di sorprendere.
Ad autorizzare un restauro di prima categoria, davvero prodigioso se si confronta l’esito ottenuto con le immagini restituite originariamente dall’unica copia sopravvissuta (fortuitamente recuperata in pellicola nell’archivio di una biblioteca, con sottotitoli in giapponese sul lato destro dell’inquadratura), sono sufficienti i tanti ritratti di volti femminili così fortemente espressivi, riflessi di stati di benessere o follia, gli sguardi e le labbra intriganti nonostante non ammicchino mai al pubblico, oppure il conturbante commento sonoro che sembra dare voce direttamente alle inquietudini interiori o segnalare una sorta di coscienza oscura e sovrannaturale da parte dell’ambiente palustre, in grado di influire in maniera irreversibile sui destini dei personaggi.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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Rubrica Far East Film Festival