“Al caffè degli esistenzialisti” di Sarah Bakewell: un romanzo filosofico tra Heidegger e Sartre

Tra gli avventori del caffè parigino Bec-de-Graz in Rue de Montparnasse figurano tali Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Raymond Aron. Lì tutto nacque e… nacque da un cocktail all’albicocca.

Al caffè degli esistenzialisti

Il romanzo filosofico di Sarah Bakewell Al caffè degli esistenzialisti (Fazi Editore, collana Campo dei Fiori, 2016, pp. 470, trad. Michele Zurlo) reca come sottotitolo Libertà, Essere e cocktail. Può sembrare bizzarro accostare la voce cocktail ai grandi temi di Libertà ed Essere, eppure la Bakewell lo fa a ragion veduta.

Siamo a cavallo tra il 1932 e il 1933; i tre amici amavano incontrarsi al Bec-de-Graz per discutere di filosofia e proprio durante una di queste riunioni Raymond Aron disse: «Se sei un fenomenologo puoi parlare di questo cocktail ed è filosofia!».

Eccola la frase fatidica, l’impulso che fece scattare nella mente di Sartre una sorta di clic di spitzeriana memoria. È questa la scintilla da cui si è sviluppata una delle correnti filosofiche più complesse e influenti del XX secolo: l’Esistenzialismo.

Esso si occupa dell’esistenza umana concreta e individuale che è il modo di essere di quell’ente finito che è l’uomo. Gli attributi dell’essere umano sono libertà e responsabilità. La consapevolezza di essere responsabili delle nostre scelte genera angoscia e altre sensazioni che non sono solo stati psicologici ma delle tonalità emotive dell’esistenza, la quale si manifesta così nella sua finitudine e si palesa nella sua ambiguità: è relegata entro dei limiti ma è nel contempo “trascendente ed elettrizzante”.

Al caffè degli esistenzialisti è concepito dalla Bakewell come un momento di incontro tra gli esponenti dell’esistenzialismo. I giganti di questa storia sono Heidegger e Sartre; accanto a loro grandeggiano la de Beauvoir e Camus, intorno una costellazione di esistenzialisti che incarnano le varie declinazioni di questa corrente filosofica.

Molti di loro non si incontrarono mai. Tuttavia, mi piace figurarmeli in un grande e affollato caffè immaginario, presumibilmente parigino, pieno di vita e movimentato, animato da chiacchiere e opinioni, e sicuramente un caffè abitato”.

Nel 1933 Sartre arriva in Germania per entrare in contatto con la fenomenologia, il cui gran sacerdote è Husserl che predica l’imperativo di andare dritto al cuore delle cose.

Una grande figura si stacca da una costola del maestro per vivere di vita propria. È Martin Heidegger, il “mago di Messkirch”.

La Bakewell struttura il romanzo come un rapporto dialettico tra Heidegger e Sartre. Al centro della loro speculazione i concetti di Essere e Libertà.

In Essere e tempo (1927), Heidegger analizza la struttura dell’Essere (Sein) e il suo rapporto con l’esistenza (Dasein). Visto nel suo quotidiano esistere, l’uomo è un essere-nel-mondo. La morte svela la nullità di ogni progetto, pertanto l’esistenza autentica è un essere-per-la-morte che ci libera dal venir sommersi da fatti e circostanze.

Il capolavoro di Sartre è L’Essere e il nulla (1943). Anche il filosofo francese indaga le strutture dell’Essere. Esso ci è dato in due maniere: l’Essere in sé e l’Essere per sé. Il primo si identifica con ciò che chiamiamo le cose del mondo, il secondo è la nostra coscienza la quale ha il potere di attribuire un significato al dato con cui entra in contatto.

Sarah Bakewell

Altro tema comune a Heidegger e Sartre è quello della Libertà. Per Heidegger essa non coincide con l’attuazione volontaria di azioni che hanno origine nel soggetto e tendono a un fine ma è il fondamento di ogni comportamento dell’Esserci in rapporto all’Ente.

Per Sartre la Libertà è al centro di tutta l’esistenza umana ed è ciò che distingue gli esseri umani da ogni tipo di oggetto.

Io sono la mia Libertà: niente di più, niente di meno.

È una lettura impegnativa Al caffè degli esistenzialisti e sì, dopo le prime pagine si può essere tentati di abbandonarla. Ma poi la Bakewell ci prende per mano e con la sua prosa fluida e limpida ci guida al cuore di questo colosso novecentesco che è l’Esistenzialismo.

Lo fa con naturalezza e garbo, come se raccontasse una storia. Nel sottotitolo è citato un cocktail: ebbene lo stile della Bakewell è assimilabile a questo perché sa dosare nella giusta misura concetti metafisici e aneddoti, leggerezza e ironia e riferimenti autobiografici.

Il risultato è un’opera ben riuscita la cui lettura, dopo la difficoltà iniziale, dà soddisfazione. Chiudendo il libro si ha l’impressione di essere in cima a una collina. Sotto, la vastità del pensiero esistenzialista si offre completa e chiara al nostro sguardo.

L’Esistenzialismo ha influenzato forse più di altre correnti la vita dei contemporanei, i costumi, la cultura. Ma, soprattutto, esso suscita domande sul senso del nostro essere nel mondo e su come dovremmo vivere. Ci ammonisce che l’esistenza umana è un percorso difficile ma è altrettanto ricco di possibilità. Gli esistenzialisti erano prima di tutto persone e, come tali, imperfetti ma proprio per questo, ancora oggi, leggendo i loro scritti ci sembra di trovarci faccia a faccia con noi stessi.

Non credo che gli esistenzialisti possano offrire chissà quale soluzione semplice e magica per il mondo moderno.”

È vero. Ma possono indicarci la rotta nella complessità della nostra epoca perché, pur cambiando i tempi, l’essere umano è sempre lo stesso, con le sue fragilità e i suoi dilemmi che cercano risposte.

 

Written by Tiziana Topa

Photo Al Caffè degli esistenzialisti by Tiziana Topa

 

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