“Il tempo dell’attesa” di Elizabeth Jane Howard: il secondo capitolo della saga dei Cazalet

È trascorso un anno da quando la “pace con onore” siglata dalla Conferenza di Monaco ha scongiurato la guerra.

 

Il tempo dell’attesa

È il settembre 1939. La Polonia è stata invasa e ormai il conflitto è inevitabile e imminente. A Home Place non si respira più l’atmosfera gioiosa e rilassata delle estati precedenti ma anche per i Cazalet è arrivato il momento di prepararsi al drammatico evento.

Da Londra la famiglia si trasferisce stabilmente in campagna; le finestre vengono oscurate e tutti si muniscono di maschera antigas, cibo e vestiario vengono razionati.

La casa poi sembrava più fredda, l’acqua calda scarseggiava. […] il giardino era diverso: non c’erano più le aiuole di fiori […]

Già dalle prime pagine de Il tempo dell’attesa (Fazi Editore, 2016, pp. 638, trad. Manuela Francescon), Elizabeth Jane Howard ci introduce nel clima austero che aleggia nel secondo capitolo della saga dei Cazalet.

Gli adulti si dividono fra la città e la campagna per far fronte alle varie incombenze e agli affari dell’azienda. Hugh e Sybil devono affrontare una durissima prova. Edward continua la sua relazione clandestina con Diana. L’amicizia tra Rachel e Sid è sempre più salda. Rupert, partito per combattere, finisce disperso in Francia e non è presente quando Zoë dà alla luce la loro figlioletta Juliet. È una figura diversa da come l’abbiamo conosciuta, Zoë; ella vive una profonda metamorfosi nel corso della vicenda: dalla ragazza frivola che era sboccia la donna.

Ne Il tempo dell’attesa i giovani acquistano più spazio rispetto al capitolo precedente e seguiamo la loro evoluzione. Essi sono protagonisti di scontri generazionali, rivendicano autonomia e libertà di scelta e sono lo specchio di una società che sta cambiando sullo sfondo della Storia.

Louise si iscrive a una scuola di recitazione per coronare il sogno di diventare attrice e vive i primi turbamenti d’amore. Polly non ha ancora capito qual è la sua vocazione ed è quella che più teme la guerra. Clary è fermamente decisa ad affermarsi come scrittrice e, in seguito alla scomparsa del padre, deve maturare in fretta.

È davvero una brutta guerra […] e la cosa peggiore è che separa le persone che si vogliono bene

Sì, è vero, la guerra ha strappato gli affetti ai propri familiari ma è proprio essa a far emergere la generosità dei Cazalet. Da loro c’è posto per tutti, l’ospitalità non è mai negata a chi si trovi nel bisogno. Inoltre il conflitto suscita domande e riflessioni, è occasione di introspezione, di confronto e di crescita.

Elizabeth Jane Howard

La naturalezza della prosa della Howard ingentilisce l’atmosfera plumbea che si respira nel romanzo. Garbata come sempre, la sua penna delinea storie d’amore, di amicizia e lealtà, che sono il Bello che resiste alle brutture della malvagità umana. Nell’attesa che la guerra abbia fine, ognuno cerca a suo modo di esorcizzare le proprie paure.

In questo frangente l’arte ha un grande potere salvifico: recitare e scrivere permettono di evadere dalla realtà. C’è chi si dedica a fare del bene per non sentirsi inutile. Ma c’è anche chi si chiude in se stesso e vive in segreto il proprio dramma.

Non bisogna farsi ingannare dalla spontaneità dello stile della Howard: essa non è un guscio vuoto, al contrario è la veste di contenuti importanti. È questo ciò che incanta: riflessioni esistenziali vengono espresse con una freschezza mai banale ma che sa cogliere grandi verità, soprattutto quando tali riflessioni vengono presentate nella prospettiva straniante dei più piccoli.

Se tu fossi un giocattolo ingegnoso, non proveresti la sensazione che essere tale sia orribile. Credimi, i sentimenti possono essere molto brutti, ma non puoi dire che non sono niente. Che ti piaccia o no, tu puoi pensare, provare emozioni e scegliere […]

C’è un tempo per ogni cosa, dice la Bibbia. Per i Cazalet, questo è il tempo dell’attesa e delle attese. Si attende la fine della guerra, certo, e intanto c’è chi attende di diventare adulto, di realizzare i propri sogni, di trovare la propria strada. C’è chi attende la nascita di un figlio, chi il ritorno di un familiare, chi l’amore. E così, mentre si attende, si vive, perché l’attesa è uno sguardo proiettato nel futuro, è promessa e speranza. È fiducia che, dopo la tempesta, tornerà il sereno.

 

Written by Tiziana Topa

Photo Il tempo dell’attesa by Tiziana Topa

 

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