“Patres” di Sonia Morganti: il romanzo su Romolo e Remo, dal divino padre alla leggenda di Roma

“Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli aruspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino.” ‒ Livio, Ab Urbe Condita

Patres di Sonia Morganti

Mi sono imbattuta, più o meno di recente, in un romanzo storico che narra una vicenda che è stata portata all’attenzione di tutti dai media. Quale?

Quella di due gemelli che, invece di morire tra i flutti di un fiume impetuoso, hanno vissuto prosperando e diventando gli eroi, figli di Marte, che in un giorno da noi molto lontano fondarono la città che divenne l’Impero: Roma.

Patres è un romanzo che poggia le sue basi su una ricerca storica, attraverso le fonti e delle tradizioni, e su una buona e consistente dose di umanità e di amore per la narrazione.

Il libro è vergato dalla penna di Sonia Morganti ed è edito per Leone editore nel 2018.

“Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti.” ‒ Livio, Ab Urbe Condita

Me lo sono chiesta spesso ultimamente: è possibile narrare una storia che vive nelle radici della storia rendendola accattivante per il pubblico moderno ma, allo stesso tempo, restando fedeli alla leggenda anche se con qualche atto di cuore dell’autrice?

La risposta è per cento volte sì.

I due gemelli sono figli di Silvia, una sacerdotessa, e del dio Marte che, volendo giocare con gli umani e mettere in moto un futuro noto solo a lui, decise di prenderla e poi lasciarla al suo destino.

Forse il dio della guerra metteva alla prova il mondo degli uomini, forse voleva vedere come un aiuto divino avrebbe cambiato le sorti del mondo.

Silvia, che proveniva dalla distrutta dinastia di Numitore, re di Alba Longa, forte della sua fede, rimase fedele a se stessa e al dio che le aveva fatto dono della gravidanza, per questo fu giudicata Rea.

Rea di aver commesso sacrilegio, di essere venuta meno al voto di castità, Rea di donare vita ad una discendenza che Amulio aveva interrotto macchiandosi del sangue della sua stessa famiglia.

Silvia venne murata viva dopo aver dato alla vita i due gemelli. Morì sperando nel futuro, augurandosi che i suoi figli fossero il perno di una storia che, con la sua morte, era solo all’inizio.

Infatti, il destino e il Tevere, quel giorno, vollero giocare a dadi con Marte e salvarono Romolo e Remo.

Il resto non è solo storia, è leggenda.

Non solo per noi ma per tutti gli uomini e le donne che a Roma vivevano e che tramandavano, davanti ai Lari e alle generazioni future, la storia di come un Uomo, che era uno ma anche due, volle e ottenne una città in cui tutti potessero ottenere una seconda possibilità o un nuovo inizio.

Utopia?

Roma è ancora lì, le genti che la abitavano vivono nelle opere degli autori loro contemporanei.

Da non molto, un regista ha regalato al cinema la sua versione del mito.

Come gli aedi, Sonia Morganti ha narrato la storia di due orfani che lottarono per conoscere la verità sulla loro nascita e, durante il viaggio, si resero conto che volevano essere loro l’inizio di una storia che regalasse speranza agli altri.

Fu un incidente…

Un tragico scherzo di un destino…

Un prezzo che per il dio Marte, per il suo favore, doveva essere pagato…

“Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore.” ‒ Livio, Ab Urbe Condita

Lo ammetto, prima di conoscere questa autrice, ero scettica sui romanzi storici. Alcuni sono eccelsi, altri compensano solo l’ego di chi li scrive, questo entra di diritto a far parte della prima categoria.

Si può far propria una storia ed esserle fedeli. Si può donare a due persone perse nel tempo una voce e farle tornare a vivere.

Romolo e Remo vivono e si stupiscono ancora di quanto sia luminosa la volta celeste e di quanto fosse puro il loro sogno prima che la vita decidesse di giocare con loro.

Per i sogni si paga un prezzo, questo lo hanno imparato.

Ho avuto anche il piacere di rivolgere all’autrice del romanzo tre piccole domande ma che, spero, vi aiuteranno a conoscere meglio Patres e la sua autrice.

 

A.G.: Sonia, benvenuta su Oubliette Magazine. Da dove parte l’idea di scrivere un romanzo come Patres?

Sonia Morganti

Sonia Morganti: Lo spunto per “Patres” nasce nell’estate del 2013 e si collega a una delusione, seguita da un guizzo di rabbia dalla forza inattesa. Da lì, per una serie di associazioni mentali, ho iniziato ad approfondire il mito della fondazione di Roma e in particolare la storia dei gemelli Romolo e Remo che, dopo una vita passata in incantevole simbiosi fraterna, si “individuano” e si distaccano in modo cruento ed estremo. Assodato che la Roma dei primordi allora era ancora stata raccontata di rado, ho iniziato ad ampliare l’oggetto della mia ricerca e a stendere qualche appunto. Mi sono trovata a viaggiare nel tempo in un mondo vitale e dinamico, niente affatto primitivo, con tratti di veracità intensa che lasciano senza parole soprattutto chi, come me, è nato e cresciuto nel cuore d’Italia. Nel 2015 il libro era quasi pronto ma sono rimasta piantata per un anno in cerca di un finale plausibile, che facesse rivivere il mito ma anche il filo conduttore della “mia” fabula, ossia che non sempre sono possibili due felicità e che la realizzazione chiede sempre un prezzo, forse addirittura più il più alto. Giocando sul filo di questo concetto, mi sono accorta che l’onomastica della mia famiglia mi serviva sul piatto d’argento una soluzione narrativa perfetta, che collegava “Patres” persino al mio primo romanzo storico, ossia “Calpurnia, l’ombra di Cesare”. Nel settembre 2016 il manoscritto era imbustato, nell’ufficio postale, pronto per iniziare il suo viaggio, che gli ha fatto poi vedere la luce nell’autunno 2018.

 

A.G.: È di recente uscito un film importante per il cinema italiano che tratta la storia dei gemelli di Patres, nell’eterna lotta tra trasmissione attraverso la storiografia, a voce o attraverso i media, quale preferisci o come pensi che sia giusto affrontare gli argomenti e la diatriba stessi?

Sonia Morganti: Credo che la una buona narrazione pop – sia al cinema che in tv o scritta – abbia l’immenso potere di incuriosire in maniera piacevole, oltre a intrattenere. Chiaramente, bisogna accettare dei compromessi per centrare l’obiettivo e adattarsi al mezzo. Se c’è amore genuino per il periodo, il personaggio e il luogo, il rispetto per il succo più intimo della Storia dovrebbe venire da sé (mentre il condizionale resta d’obbligo). La cosa migliore? Quando, dopo aver letto un libro o visto un film, qualcuno va a comprare un saggio, a visitare un monumento o un museo. Questo è il potere della narrazione e non lo trascurerei. Resta il fatto che, se si vuole studiare un periodo, bisogna leggere testi di primo e secondo livello – sia quelli rivolti a tutti e che quelli pensati per gli specialisti – possibilmente visitare, viaggiare, se c’è modo documentarsi in lingua originale, su testi antichi e via dicendo. È un viaggio, un piacere. Un ottimo ponte tra la narrativa e la saggistica sta nella divulgazione e per fortuna in Italia abbiamo due… angeliche creature che hanno creato uno stile assolutamente efficace per diffondere concetti belli e importanti.

 

A.G.: Come un Aedo hai narrato questa storia antica per essere letta e tramandata, se vogliamo, tra le nuove generazioni, quanto pensi sia importante conoscere le storie tramandate dagli aedi antichi e quanto lo è ritrovarsi, ora a distanza di circa tre millenni, uguali seppur diversi ai nostri Padri?

Sonia Morganti: Da miope amante delle favole, mi piace l’idea di essere aedo. Adoro ascoltare le storie, leggerle, guardarle: mi piace ancora più che raccontarle. La catena delle generazioni umane è come una collana di specchi: l’una si rivede nell’altra, ogni volta un po’ differente. Si sceglie se abbracciare ciò che vediamo, se fuggirne, se cercare una sfaccettatura nuova. Capita alla famiglia umana dai tempi di Lascaux, capita nelle famiglie che viviamo. “Patres” è un titolo fortemente voluto perché rimanda ai nostri antenati, genitori della nostra civiltà e in un certo senso della nostra anima. Ma può riferirsi anche agli avi, agli antenati di sangue che, come anelli di una catena, ci imprimono una direzione di cui siamo solo in parte consapevoli. E poi sono i padri, i genitori. Non è un caso che la mitologia sia molto usata nell’analisi e ad ogni modo nutre le nostre radici che, se sono salde, non temono alcuna tempesta o almeno sanno dove trovare la forza per affrontarla.

 

Written by Altea Gardini

 

Info

Sito Sonia Morganti

 

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