“L’impresa della salamandra” del cantautore Cranchi: origini e distanze
“L’impresa della salamandra” è il quinto album ufficiale per Cranchi.
Cantautore mantovano tra i più attivi nella scena nazionale e che nel corso degli anni è riuscito a costruire uno stile ed un marchio di fabbrica inconfondibile, che non fa nulla per nascondere le sue origini della cosìdetta “bassa”, quell’ubertoso territorio pianeggiante che si estende lungo il corso del Po, nonché il suo accento, trasformandolo senza troppi fronzoli in un punto di forza.
Rispetto al precedente, “Spiegazioni Improbabili”, Cranchi ritrova la collaborazione della band che lo accompagna anche in fase di composizione e arrangiamento, realizzando un disco dall’impatto più rock, quasi alternative, cosa che rende la proposta ancora più personale.
“Atacama” non è un’espressione dialettale ma un deserto del Sud America e il brano, con tutta probabilità è stato ispirato dal viaggio del cantautore in quelle terre, e le chitarre di Marco Degli Esposti sono qui presenti ed incisive.
Sempre dallo stesso viaggio anche “Ushuaia”, con una linea vocale che ricorda lo stile di Battiato, e poi il viaggio prosegue nello spazio e nel tempo, tornando nelle terre intorno al Po, tra Mantova e Rovigo, con “La Boje”, ispirata ai moti contadini di fine ottocento, un brano combat folk grintoso che ha però spazio anche per un momento più intimo con l’inserto cantato in dialetto veneto da Silvia Belluco.
Cranchi ama giocare con la storia, e in “Mantova” esplora il suo rapporto con la città di cui sente le origini ma allo stesso tempo anche una certa distanza.
Ed è ancora storia con la “s” maiuscola in “Aldo”, canzone ispirata alle vicende del figlio di Palmiro Togliatti e al suo essere relegato lontano dalle grandi vicende che hanno segnato la vita del padre nonché alla sua sofferenza per questa distanza.
“Ta Pum” è il celebre canto alpino, che qui rivive in chiave rock, non distante come risultato da certi esperimenti di metà anni novanta come “Materiale Resistente”, in cui gruppi dall’origine alternative (tra i various artists della compilation nomi di spicco come CSI, Üstmamò, Marlene Kuntz e altri), rileggevano le musiche della tradizione italiana e canti di lotta.
Chiude l’album “A Te Che Aspetti Il Treno”, singolo travolgente che forse avrebbe meritato ben altra collocazione in scaletta, e che pone Cranchi e la sua band al pari dei più celebrati artisti indie rock della scena nazionale, senza niente da invidiare ai vari Motta o Le Luci Della Centrale Elettrica, una canzone d’amore, “generazionale”, direbbe qualcuno, con la giusta energia e dinamica.
Written by Luca Dainese