iSole aMare: Emma Fenu intervista Valeria Pecora, il sorriso dell’identità
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?

“Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.
Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.
Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.
Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.
Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.
Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.
Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.
Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.
Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.” – Emma Fenu ‒ “L’isola della passione”
Isole Amare.
Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.
Isole da Amare.
Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.
iSole aMare.
Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.
Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.
La rubrica è stata inaugurata da Paolo Fresu, hanno seguito Claudia Zedda, le fondatrici di Libriamoci, Pier Bruno Cosso, Grazia Fresu, Cristina Caboni, Maria Antonietta Macciocu, le sorelle Francesca e Marcella Bongiorno, Franca Adelaide Amico, Anna Marceddu, Silvestra Sorbera, Nadia Imperio, Anna Santoro, Salvina Vilardi, Marina Litrico, Tatiana Pagano, Gavino Puggioni, Gabriella Raimondi, Giuseppina Torregrossa, Francesca Mereu, Francesca Guerrini, Claudia Musio, Paola Cassano, Giulia Baita, Olimpia Grussu e Cristina Muntoni.
Oggi è il turno di Valeria Pecora, scrittrice e specializzata in Storia dell’Arte, originaria di Arbus, in Sardegna, ma con i nonni siciliani. Ha scritto due romanzi: Le cose migliori e Mimma, quest’ultimo ambientato nelle miniere di Montevecchio, in Sardegna, dove i suoi nonni lavorarono.
Identità

Per me identità è qualcosa di fluido e variabile, avendo nel mio DNA e nella mia storia familiare un patrimonio di migrazioni ed innesti in terre nuove. Si tratta di un concetto vivo che riguarda non solo la sfera geografica ma anche culturale ed emozionale. Per me è un aspetto importantissimo nella mia sfera personale e letteraria. Identità vuol dire riconoscermi, avere un colore, un sapore, un odore, un tocco che è solo mio e consente di individuarmi in mezzo alla moltitudine. Tanti anni fa in seguito ad un trauma facciale ho riscoperto la mia identità fisica capendo che il sorriso e lo sguardo sono la parte più importante di me, quella che mi permette di comunicare e di essere, di esprimermi nella maniera più autentica.
Tradizione
Tradizione significa capire da dove arriviamo e quale storia ci appartiene e appartiene alla terra che ci ha visti nascere e crescere. Tradizione la lego molto alla parola successiva, Innovazione. Vedo un’alleanza tra i due termini e non una contraddizione. Tradizione vuol dire studiare il passato, la storia, la cultura, quello che è scomparso o minaccia di lasciarci per poter vivere meglio il presente.
Innovazione
Innovazione vuol dire intercettare i cambiamenti dei tempi che si vivono e saperli adattare alle proprie esistenze nel modo più proficuo possibile, con uno sguardo nei confronti della tradizione e uno verso il futuro. Innovazione significa capire prima degli altri, saper trasformare gli ostacoli in risorse e gli scarti in oro. Per quanto riguarda innovazione penso a due imprenditori che vivono nella mia isola: Daniela Ducato, imprenditrice di Guspini che realizza biomateriali sfruttando le eccedenze e i residui vegetali, animali o minerali. Oppure penso ai Fratelli Lampis di Arbus che hanno recuperato la razza della pecora nera di Arbus, a rischio estinzione, producendo prodotti lattiero caseari eccellenti e premiati anche fuori dalla Sardegna.
Isola
Isola vuol dire nascere e vivere in una terra speciale. Imparare presto a saper accogliere e a respingere se necessario. Non credo sia un luogo comune ma la verità quando si dice che: “Nascere in un’isola significa avere un legame diverso con la terra, con i suoi limiti e con i suoi privilegi” e bisogna davvero viverlo per capirlo fino in fondo. Il mare separa e il mare unisce. Il mare sa dispensare vita e morte. Avvicinare o allontanare. Isola vuol dire scoprire i lati più crudeli e affascinanti della natura. L’isola è una potente fonte di creazione, culla di storie, fucina di sogni. Isola è il tatuaggio che porto nel cuore, nei pensieri e nel mio narrare.
Written by Emma Fenu
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