Life After Death: l’intervista ad un soldato della Prima Guerra Mondiale
Amici ascoltatori ben trovati. Scusate se urlo così ma è necessario! Qui le bombe cadono come coriandoli! Siamo quasi al capodanno dell’anno 1914, la Prima Guerra Mondiale è iniziata da poco. Oggi vorremmo… (una bomba esplode nelle vicinanze e raffiche di mitra esplodono) accidenti!
Non è proprio un bel posto per fare interviste questo (l’inviato si rifugia in una piccola trincea) Mi trovo in una buca… credo una trincea scavata nella terra. Fango e acqua sporca qui non mancano, come i colpi di mitra. Come vi dicevo amici… oggi non abbiamo un personaggio storico famoso e riconosciuto. Oggi ci limiteremo ad intervistare un soldato qualsiasi, se tutto va bene… Sembra comunque che dovrò attendere qui, finché…
Soldato: Mani in alto!
A.T.: Oddio!
Soldato: Mani in alto ho detto!
A.T.: Sì, sì, le alzo! Cerchiamo di calmarci…
Soldato: Chi sei tu? Di che reggimento! Parla! Che bandiera servi?
A.T.: Nessuna bandiera… nel senso… sono italiano, ma non sono un militare… ho fatto la leva ma non ho mai combattuto!
Soldato: Italiano? Dunque siamo alleati… l’Italia schiera ogni genere d’uomo in battaglia. Persino quelli troppo vecchi per impugnare un fucile?
A.T.: Come ho detto non sono un soldato.
Soldato: Se non combatti allora che ci fai qui?
A.T.: Sono un cronista, un inviato di una piccola radio. Ero venuto per fare un’intervista ma… (esplode una bomba che copre il suono) Questa era vicina!
Soldato: E saranno ancora più vicine!
A.T.: Ho già capito che l’intervista di oggi sarà difficile da fare. E dire che speravo di poter riportare al meglio la prospettiva di un soldato!
Soldato: Non troverai molti interessati alla mondanità! Io, come altri, sono qui solo per un unico scopo! Servire il mio grande paese in guerra!
A.T.: Capisco… però… potrei sempre intervistare te ragazzo.
Soldato: Me?
A.T.: Be ho solo pensato, visto che siamo bloccati qui, un po’ di conversazione tra alleati… inoltre se devo intervistare un soldato, puoi andare bene anche tu. Sei o non sei un soldato?
Soldato: Certo! E si nota sempre di più che tu non lo sei! Nessun soldato farebbe tanto domande! Oh bé, almeno non mi annoierò.
A.T.: Grazie mille! Bene… cominciamo con… qual è il tuo compito principale in questa guerra?
Soldato: Vincerla! Mi pare chiaro! Quale altro scopo potrei avere?
A.T.: Sì certo ma… intendo, il tuo ruolo, il tuo compito.
Soldato: Sono un portaordini. 1ª Compagnia, 16º Reggimento di Fanteria, Divisione di Riserva. Ero sotto il comando del colonnello Linz, caduto in battaglia poco tempo fa. Come la maggior parte dei miei compagni. Di quasi quattromila uomini del mio reggimento, ne sopravvissero poco più di seicento.
A.T.: Oh, mi spiace. Brutto affare la guerra, vero?
Soldato: Questo lo dicono tutti quelli che si fanno prendere dai sentimentalismi. Quelli che vedono la guerra come una grande nemica! Quegli uomini sono morti facendo il loro dovere, proteggendo il loro paese! Non c’è onore più grande!
A.T.: Questo non consolerà le loro famiglie. Ma quello che mi domando è… ecco, ho notato che hai un accento più austriaco che tedesco quindi…
Soldato: … che ci fa un austriaco in una compagnia bavarese? Bè si dà il caso che io non mi senta austriaco! Anzi se proprio vuoi saperlo io detesto l’Austria! Specie Vienna! Un crogiuolo di diversità, senza una vera una e propria uniformità culturale.
A.T.: Una città multietnica.
Soldato: Una città che non è né carne né pesce! Tutti che parlano lingue diverse, che la pensano diversamente… ognuno che bada ai propri affari senza un bene comune. No, mi rifiuto di essere considerato austriaco. Per quanto mi riguarda non è l’accento o il parlare una lingua che mi rende parte di una nazione, ma le mie azioni! E le mie azioni sono per la Germania!
A.T.: Allora dove sei nato?
Soldato: A Braunau, vicino a Linz. Immagino non la conosca. Il giorno di Pasqua di 25 anni fa.
A.T.: Hai 25 anni? Sei ancora giovane.
Soldato: Per il mio paese, la Germania, sono abbastanza grande da imbracciare il fucile! E ciò mi rende orgoglioso! Non come quegli austriaci che non riconoscono un loro compatriota quando lo vedono!
A.T.: Perdonami ragazzo mio, ma 25 anni fa, se memoria non m’inganna, Linz era nell’Alta Austria. Sotto l’impero Austro-Ungarico. Perciò tecnicamente…
Soldato: Ho detto che non sono austriaco! Io sono tedesco! Tutti i miei concittadini si considerano tedeschi! Non sono i semplici confini a dare la nazionalità. La mia stessa città è divisa dal fiume Inn che fa da confine naturale tra Austria e Germania. Ma se lo immagina? Una cittadina metà tedesca e metà Austriaca? Stupidaggini! Noi ci siamo sempre sentiti una città unica… e cosa più importante, una città tedesca, molto più legati alla bella Monaco che a quella bolgia di Vienna! Molti tra le due città erano imparentati tra loro, parlavano la stessa lingua tedesca! Perciò noi siamo tedeschi! Quindi basta fare illazioni, o lo giuro, alleati o meno, ti scarico addosso il mitra!
A.T.: Va bene, va bene, non c’è bisogno di arrivare alle minacce! È il mio lavoro essere preciso nelle ricostruzioni storiche di un’intervista! Noto comunque che sei molto legato alla tua città.
Soldato: La porto sempre con me. Anche se vi abitai per poco tempo. Avevo pochi anni quando, per motivi di lavoro di mio padre, ci trasferimmo in Baviera.
A.T.: La famiglia di un soldato. Bene, raccontami un poco.
Soldato: Bè… c’è poco da dire, visto che sono quasi tutti morti. Mio padre era un impiegato. Capo esattore doganale. Aveva a sento terminato le elementari. Autoritario, ampolloso, severo e privo d’ogni senso dell’umorismo. Un uomo mediocre. Uno che spende lo stipendio in tabacco, liquori all’osteria di turno e che non è in grado di tenersi allacciati i pantaloni davanti ad una donna, lei come lo definirebbe? Mia madre era la sua terza moglie, e non l’ha certo sposata per amore mi creda. Mia madre… da tempo non pensavo a lei…
A.T.: E di lei che mi dici? Sarà in ansia per te, sapendoti al fronte.
Soldato: Sì, se fosse ancora in vita. È morta sette anni fa, poco prima di Natale. Un cancro ai polmoni. Ricordo bene l’ultimo giorno che la vidi. Non aveva perso il suo sorriso, quel sorriso che dava solo a me. È il ricordo più bello che ho di lei. Quando è morta mi sono sentito perso.
A.T.: Perdonami ragazzo, non volevo farti ricordare…
Soldato: Oh, non importa. Volevo molto bene a mia madre e ricordarla è sempre bello per me. Era una donna bella ma fragile, sempre sottomessa dal carattere autoritario di mio padre. Ricordo una volta… lui era estremamente puntuale e pretendeva lo stesso dalla sua famiglia. Gl’imprevisti non contavano, lui rientrato a casa doveva trovare la cena pronta. Una volta, mia madre aveva perso del tempo per rammendarmi il giacchetto che avevo strappato e non l’aveva preparata in tempo. Tornato dalla locanda, ubriaco, iniziò ad ingiuriarla. Quando l’ho difesa ricevetti uno schiaffo che mi fece cadere a terra. Mio padre… il ricordo più vivido di lui è il suo alito, che puzzava perennemente di vino e alcol. Alla sua morte non versai nemmeno una lacrima. Non posso dire di averlo amato.
A.T.: E sei figlio unico?
Soldato: C’erano i due figli del precedente matrimonio di mio padre. Dei figli di mia madre restiamo solo io e mia sorella Paula. Gli altri li han portati via difterite e morbillo. Forse per questo mia madre era così affettuosa, persino soffocante a volte. Ma era l’unica ad avere piena fiducia in me e nelle mie decisioni! A spronarmi anche quando le cose andavano male. Specie a scuola…
A.T.: Non eri un bravo scolaro?
Soldato: L’essere un bravo a scuola non dipende solo dallo scolaro. Dipende anche dagl’insegnanti. E quando la tua scuola è piena di inetti… voglio dire, io ci arrivavo alle cose. Da bambino ero il primo della classe, poi dalla scuola secondaria, quando ci siamo trasferiti a Leonding è cambiato tutto. Improvvisamente non andavo più bene. I miei metodi di studio erano insufficienti! Quanto ai professori poi…
A.T.: Sempre colpa dei professori vero?
Soldato: Certo! Chi se non professori e i maestri devono instillare la voglia di scoprire il mondo, d’immaginare! Una cosa che non si deve mai perdere negl’anni! Bisogna sognare in grande! Ma alla scuola secondaria tutto cambiò. Abitavo lontano dalla scuola e dovevo ovviamente raggiungerla a piedi, il che mi tolse tempo e amicizie. Inoltre le mie idee sul mio futuro erano del tutto diverse da quelle di mio padre.
A.T.: Cioè?
Soldato: Voleva vedermi dietro una scrivania, proprio come lui. No, assolutamente! Mi rifiuto di seguire la routine per il resto dei miei giorni. Avevo inclinazioni molto più artistiche. Non fu un bel periodo tra i professori impersonali, i litigi con mio padre… “in casa mia non voglio preti o artisti” questo diceva. Ma era chiaro che lo studio non era la mia strada. Finii gl’anni d’obbligo scolastico senza neppure diplomarmi. Fu un sollievo per me… tanto che mi trovarono ubriaco in una locanda. Il giorno dopo oltre a un gran mal di testa, sentivo il più profondo disgusto di me stesso. Sembravo mio padre. Da allora non ho più toccato un goccio.
A.T.: Una buona scelta direi. Ma… come sei finito qui? In guerra.
Soldato: La guerra è stata la mia salvezza.
A.T.: Una salvezza?
Soldato: Esatto. Quando smisi di andare a scuola passai diversi anni da nullafacente, poi decisi di andare a Vienna per iscrivermi all’accademia di belle arti. Mia madre non ebbe nulla in contrario “piuttosto che vedermi a far nulla”. Sfortunatamente non venni neppure ammesso per scarsa attitudine, dicevano loro! Scarsa attitudine! Guarda qui! Guarda…
A.T.: Bello.
Soldato: Vero? Quando ho tempo mi diverto ancora a schizzare qualcosa. Questo invece è acquarello. Un piccolo scorcio di un paesaggio…
A.T.: Un po’ desolato devo dire.
Soldato: Bè è territorio bellico, non ci potevo certo mettere fiorellini o i palazzi viennesi. Di Vienna infatti c’è da dire che ha degli splendidi palazzi. Il parlamento, l’opera… restavo ore ed ore a fissarli e a disegnarli. Quando mi sono presentato all’esame d’ammissione all’accademia e sono stato bocciato ero sconvolto, tanto che ho chiesto spiegazioni al rettore…
A.T.: E lui?
Soldato: Disse che non sapevo ritratte il corpo umano… che era meglio se mi dedicavo all’architettura ma…
A.T.: Con la sola licenza elementare…
Soldato: Stupida società viennese! Valuta un uomo con la pergamena piuttosto che per le sue reali capacità! A questo poi si aggiunse la morte di mia madre… non fu un bel periodo.
A.T.: Lo immagino.
Soldato: Tornai a Vienna ma le cose non migliorarono. Fui ospite per qualche tempo di mio fratello Alois in Inghilterra ma era chiaro che lui e sua moglie non mi volevano tra i piedi, così tornai nuovamente a Vienna. Lì, sbancavo il lunario… con un po’ di fortuna. Mi guadagnavo da vivere vendendo qualche tela e con la pensione da orfano cui avevo diritto. C’era solo una cosa però a cui non rinunciavo mai, qualsiasi fossero le mie condizioni. Il teatro. Vedere le opere di Wagner per me era il massimo dell’estasi! Vedevo anche due, tre volte la stessa opera non m’importava. Tutto per estraniarmi dall’opulenta Vienna.
A.T.: Ammetto che sono molto sorpreso del tuo astio verso Vienna. Mi hanno sempre parlato molto bene di questa città.
Soldato: Chi? Magari qualche visitatore di passaggio? Un ricco imprenditore? O un borghese agiato dei quartieri più alti? Guardi che Vienna è tutta una facciata! Si c’è lo sfarzo, il lusso. Ci sono gli atelier, le mostre e i musei, le grandi opere architettoniche come il teatro dell’opera. Ma dietro ai palazzi suntuosi e ai giardini c’è la più opprimente società borghese e bigotta, nonché povertà e indigenza! Io stesso non avevo quasi di che vivere!
A.T.: I soldi per vedere Wagner li avevi però…
Soldato: Che vorrebbe dire questo?
A.T.: Bè ragazzo, ti lamenti tanto però a me pare che le opportunità le hai avute per sollevarti dalla tua miseria. Sei stato tu a scegliere di proseguire lungo la tua strada, ora non puoi lamentartene! Possibile poi che non ci fosse un parente qualsiasi che poteva…
Soldato: Aiutarmi? Mia zia Johanna premeva perché diventassi un impiegato come mio padre ed il mio tutore legale voleva diventassi un fornaio! Mi aveva persino trovato il posto…
A.T.: Ecco! Potevi accettare… e mettere da parte i soldi per proseguire i tuoi studi in arte, magari conseguire il titolo per entrare nella facoltà di architettura. Sarebbe stato semplice se tu…
Soldato: Se io cosa? Mi fossi piegato? Se avessi messo tutto da parte e ammesso la sconfitta con la società viennese? Al diavolo! Non mi sono piegato ai desideri di mio padre, mi sarei dovuto piegare a quelli degli altri? Non avrei avuto più rispetto di me stesso! Preferivo fare la fame. E comunque… io non me ne sto lamentando. Vienna fu una scuola di vita decisamente dura per me, ma che mi è servita. Inoltre… potei capire meglio il perché di certe questioni… specie il perché la capitale austriaca fosse… così.
A.T.: Così… come?
Soldato: Così marcia nel midollo. La società Viennese non si può neppure definire una società! È piena di contraddizioni, non c’è un’unione razziale. Slavi, rumeni, ebrei… una quantità di pensieri e uomini così diversi come acqua e olio tutti mescolati insieme. Come può l’Austria pensare di essere uno Stato unico se nella sua capitale gli austriaci rappresentano quasi una minoranza! E io, mi sarei dovuto agglomerare in un simile brodo! Assolutamente no! Quando poi è arrivato l’annuncio che era scoppiata la guerra… fu davvero la mia salvezza!
A.T.: Una minoranza… via, non esageriamo!
Soldato: Esagero? C’erano intere zone della città, veri e propri ghetti in cui non si poteva quasi entrare senza che ti guardassero come… come se fossi tu quello fuori posto lì! Come se la città appartenesse a loro! A loro, che erano stati ospiti sino a poco prima! Lei accetterebbe che un so ospite arrivi a casa sua e poi iniziasse quasi a far da padrone?
A.T.: Bè è un po’ estremo come pensiero, sono certo che in fondo…
Soldato: Lo accetterebbe o no?
A.T.: Ma certo che no, però…
Soldato: Vede? Io esprimo i fatti! E i fatti sono che Vienna non mi ha dato quel che cercavo. Una delle città più belle d’Europa… come no! Apparenza e nient’altro, ecco cos’è la capitale austriaca! E si sorprende se io preferisco essere tedesco e militare per la Germania!
A.T.: Ecco, in tal senso ragazzo… torniamo alla mia domanda iniziale… come sei finito a militare nell’esercito tedesco? Di norma avresti dovuto prestare servizio nell’esercito austro-ungarico.
Soldato: Perché, quando ho detto, e ripetuto, che io non sono austriaco… tecnicamente è vero. Io non ho più cittadinanza austriaca. La norma ha ragione, avrei dovuto fare la leva nell’esercito dell’Austria ma… mi sono dato alla macchia.
A.T.: Cioè hai disertato?
Soldato: Certamente! Già detestavo l’Austria, avrei dovuto combattere per lei solo per un pezzo di carta che attestava la mia nascita in territorio austriaco? Nemmeno per sogno. Senza contare che poi non mi hanno voluto loro!
A.T.: Non credo di capire… hai disertato o ti hanno scartato?
Soldato: Tutt’e due. Quando sono scappato per evitare la leva mi hanno ripreso. Quando mi hanno sottoposto, obbligatoriamente, alla visita medica, mi hanno scartato. Sembrava uno scherzo di pessimo gusto! L’Austria mi stava dicendo che non valevo come artista e ora… anche come militare? Oltre al danno pure la beffa! Ho rinunciato subito alla cittadinanza austriaca per avere quella tedesca… sto ancora aspettando una risposta effettivamente. Nel frattempo ho fatto richiesta per entrare come volontario nell’esercito bavarese… ed eccomi qui. Ad imbracciare il fucile per quella che è e sarà sempre la mia vera patria. La Germania!
A.T.: Non sento più mitra né bombe… forse la situazione si sia calmata un poco… magari ora potremo uscire.
Soldato: Credo anch’io.
A.T.: Bè… è stato interessante. Intervisterò qualche altro soldato per avere più punti di vista. Spero tu possa tornare a casa sano e salvo ragazzo.
Soldato: Io spero di fare il mio dovere per me questo è più che sufficiente. Inoltre… ho il presentimento che questa guerra non mi ucciderà.
A.T.: Cosa te lo fa credere?
Soldato: Bè… poco prima d’incontrarla, un soldato inglese ha cercato di uccidermi ma… non l’ha fatto. È evidente che Dio ha ben altri progetti per me!
A.T.: Un miracolato insomma… un momento… Braunau… accademia artistica senza successo… un soldato inglese che…
Soldato: Ora devo andare. Devo raggiungere la truppa. Speriamo d’incontrarci ancora… sul campo di battaglia la prossima volta!
A.T.: Un momento ragazzo… dimenticavo di chiederti… qual è il tuo nome?
Soldato: Il mio nome? Adolf… Adolf Hitler.
Written by Alister Tinker
Voce intervistatore: Alberto Navoni
Voce Adolf Hitler: Alister Tinker
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