Le métier de la critique: Jan Palach, simbolo di libertà e sacrificio umano

Era il pomeriggio del 19 gennaio 1969 quando Jan Palach, studente di filosofia dell’Università di Praga, muore: aveva soltanto 21 anni.

Jan Palach

Aveva riposto molte aspettative nella Primavera di Praga, stagione ricca di fermento e di cambiamenti da attuarsi in un paese economicamente in recessione. Aspettative andate deluse però dall’arrivo dei carri armati sovietici.

La promettente stagione delle riforme era iniziata l’anno precedente, in seguito a innovazioni che l’allora segretario del Partito Comunista Slovacco, Alexander Dubceck, avrebbe voluto realizzare.

Maggiore libertà di stampa, come quella di espressione erano fra queste. Inoltre, la divisione del Paese in due blocchi, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca; suddivisione che avverrà dopo il crollo del muro di Berlino, in seguito alla fine del blocco sovietico.

Ma la posizione della Cecoslovacchia è strategica, situata com’è al centro dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, e in un periodo di tensione come quello della cosiddetta Guerra Fredda; semmai il fermento nascente dovesse estendersi, costituirebbe motivo di minaccia per l’egemonia esercitata dall’Urss in quell’area geografica.

Dunque, il cosiddetto Socialismo dal volto umano, di cui parlava Dubcek, non può essere realizzato, e l’Unione Sovietica non può far altro che affermare il suo potere mediante l’invasione della Cecoslovacchia, con uomini e mezzi militari.

Ma Jan Palach non ci sta a vivere in un paese sottomesso a principi e dettami che ledono anche le più elementari libertà.

Quello che oggi è ricordato come il simbolo della resistenza anti sovietica, nei tre giorni precedenti alla sua morte, periodo durante il quale si consuma in una lucida e crudele agonia, si è recato nel centro di Praga, in quella piazza San Venceslao che diverrà il simbolo della sua personale battaglia, si cosparge di benzina e si dà fuoco.

Jan Palach

Su modello dei monaci buddhisti del Vietnam, come dichiarerà dopo aver messo in atto un gesto, di per sé, insano. Anche se è gesto che solleva le coscienze.

Lontano da lui, affinché non prendessero fuoco, i suoi scritti, appunti dove, tramite le parole, ha annotato i pensieri che i suoi ideali gli hanno suggerito.

Non è sicuro, come si evince dalla documentazione rimasta, se dietro al gesto del giovane ci fosse un’organizzazione, ma di una cosa si è certi: con quel gesto Jan Palach ha decretato se stesso quale martire, ed a eroe del suo popolo.

A lui sono state dedicate piazze e strade, non solo in Cecoslovacchia, ma anche in altri angoli di mondo. Purtroppo la sua azione ha sollevato sì le coscienze, ponendo attenzione a una questione di rilievo internazionale, ma ha avuto anche conseguenze terribili, perché altri giovani ne hanno seguito l’esempio, offrendosi anch’essi a diventare torce umane.

 

Written by Carolina Colombi

 

 

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