Intervista di Rebecca Mais a Maurizio Roccato e al suo intrigante giallo “Come candele nella notte”
“La notte del 23 settembre 1859 la fregata imperiale Sané, in viaggio da Tolone a Brest, fa naufragio al largo delle coste della Bretagna, all’apparenza per un errore di manovra. È la prima volta che la Marina francese subisce la perdita di un vascello da guerra di tale potenza. Per questa ragione, nei pressi della sciagura, viene intrapresa un’opera titanica: la costruzione di un imponente faro su uno spuntone di roccia in mare aperto, incessantemente battuto dai venti e dalle furiose correnti atlantiche. I suoi guardiani, che da quel giorno hanno vissuto isolati in mezzo all’oceano, sono stati protagonisti di storie leggendarie. Ma quello che successe esattamente cent’anni dopo quel naufragio, la notte del 23 settembre 1959, sembrò a molti un evento che superava addirittura i limiti del razionale. Qualcosa che solamente là sarebbe potuto accadere, in quel luogo abbandonato nel nulla che per tutti era il faro di Ar-Men, ma dai faristi di tutto il mondo è conosciuto come l’Inferno degli Inferni.”
Non si tratta della prima pubblicazione di Maurizio Roccato, né come autore né tantomeno come editore. Sì, perché questo nome lo avrete già sentito nominare accostato ad altri titoli di romanzi e alla casa editrice Undici Edizioni della quale è socio con Giuseppe Celestino.
Ma siamo qui per parlare dell’ultimo romanzo, Come candele nella notte (Intrecci Edizioni) un’intrigante giallo ambientato in un faro in Gran Bretagna che si rifà ad un reale fatto storico.
Un romanzo per appassionati del genere il cui autore vercellese, quarantatreenne, è laureato in lettere presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi in antropologia criminale.
Mi fermo qui e lascio parlare Maurizio Roccato che ci descriverà il suo libro e parlerà di se stesso. Buona lettura!
R.M.: Benvenuto su Oubliette Maurizio. Come nasce e di cosa parla il tuo “Come candele nella notte”?
Maurizio Roccato: Grazie per l’invito! “Come candele nella notte” è un giallo, di un giallo intenso, che nasce prendendo spunto da eventi storici reali. La sera del 23 settembre 1959, a causa di una violenta tempesta, il faro marino di Ar-Men, al largo delle coste bretoni, resta isolato per tutta la notte. Il mattino seguente la sua lanterna continua a rimanere accesa, e nessuno risponde alla radio. I soccorsi inviati sul posto, che trovano il faro ancora chiuso dall’interno, rinvengono uno dei due guardiani morto al penultimo piano, mentre l’altro sembra scomparso nel nulla. Il commissario Arno Delta viene inviato con un medico legale su Sein, l’isola più vicina, per avviare le indagini. Dopo un avventuroso sopralluogo e un’autopsia eseguita con mezzi di fortuna, i due stabiliscono che il guardiano ritrovato cadavere si è suicidato. La loro conclusione viene però messa in dubbio dall’arrivo su Sein del notaio Nicole Martin, in possesso di un testamento che dimostrerebbe che il suicida, il giorno stesso della morte, ha ereditato il misterioso contenuto di una cassetta di sicurezza da un secolo depositata nella camera blindata di una banca. A effettuare il lascito è stato il comandante della fregata imperiale Sané, che proprio cento anni prima, la notte del 23 settembre 1859, si è schiantata in circostanze inspiegabili sullo scoglio di Ar-Men.
R.M.: Perché un faro e perché la Bretagna?
Maurizio Roccato: L’idea del faro marino, luogo difficile da raggiungere e quasi impenetrabile visto il suo isolamento, si prestava bene per ambientare un mistero della camera chiusa. Da tempo pensavo di scriverne uno, perché la categoria dei “delitti impossibili” è una vera sfida sia per i lettori sia per gli scrittori di gialli. Si tratta infatti della variante più avvincente di questo genere letterario: la vittima di un omicidio viene ritrovata in un ambiente chiuso e inaccessibile dall’esterno. Gli eventuali accessi, come porte, finestre o aperture di qualunque genere, sono sbarrati dall’interno o impossibili da praticare per le ridotte dimensioni. Non ci sono segni di effrazione o manomissione, non esistono passaggi segreti, duplicati di chiavi, ed è da escludersi il suicidio e la morte naturale. Un vero rompicapo! L’azione criminale sembra quasi un gioco di prestigio, e il lettore non deve solo individuare il colpevole, come nel giallo classico, ma anche capire come abbia fatto a commettere il delitto.
R.M.: Un aggettivo per “Come candele nella notte”?
Maurizio Roccato: Suggestivo. L’ambientazione che si alterna tra un faro isolato nell’oceano atlantico e una minuscola isola a decine di miglia nautiche dalla terraferma lo rendono misteriosamente affascinante. Così come i colpi di scena che si avvicendano senza sosta.
R.M.: Chi vorresti ti leggesse?
Maurizio Roccato: Ovviamente tutti, in generale, per questo i miei romanzi sono adatti a qualunque pubblico. Infatti, nonostante le uccisioni che caratterizzano la maggior parte dei thriller, non scado mai nel violento o nell’eccesso di descrizioni alle quali spesso si ricorre per soddisfare la morbosità dei lettori. Mi piacerebbe però fossero i veri appassionati del genere a prendere “Come candele nella notte” in considerazione, in modo da poter avviare un confronto con chi, essendo già esperto, potrebbe fornire critiche e suggerimenti utili per i miei prossimi lavori.
R.M.: Quando e come hai cominciato a scrivere?
Maurizio Roccato: Nel 2010 ho pubblicato il mio primo lavoro, “Solo il caso”, un thriller dal taglio molto americano. Il titolo, oltre a rappresentare i contenuti della storia, è anche un po’ metafora di come sia avvenuta la stesura. Fino a quel momento, infatti, non avevo pensato alla scrittura, ma l’idea che ha dato vita a quella trama mi ha stimolato a estenderne i contorni costruendole intorno l’intero romanzo. È stata una prova entusiasmante! Ho proseguito nell’attività negli anni successivi, con una certa regolarità, dedicandomi a idee che fossero il più possibili originali e interessanti da sviluppare.
R.M.: Generi letterari e scrittori preferiti?
Maurizio Roccato: Leggo narrativa di genere e non, anche se il giallo/thriller rimane la mia predilezione. Non ho modelli a cui ispirarmi, sono molti gli scrittori validi oggigiorno; canoni narrativi a parte, quindi, obbligatori da rispettare, utilizzo uno stile che non risente di particolari influssi o ispira a imitazioni. Per questo è in continua evoluzione, che è la base del miglioramento.
R.M.: Il genere thriller è quello al quale sembri essere più legato, dando un’occhiata alle trame dei tuoi libri. C’è un motivo particolare?
Maurizio Roccato: Mi sono laureato con una tesi in antropologia criminale, e da anni tengo i corsi di criminologia presso l’università popolare di Vercelli. Ho anche avuto l’occasione di collaborare con un noto criminologo di Torino, che ha fornito un importante supporto ai miei scritti. La passione per certe materie l’ho sempre avuta.
R.M.: I tuoi libri possono essere acquistati sia in formato cartaceo che digitale. Cosa ne pensi degli e-books? Leggi mai e-books?
Maurizio Roccato: Li leggo se capita, soprattutto per questioni di comodità più che per un reale interesse verso il supporto digitale. Da circa tre anni, insieme al mio socio Giuseppe Celestino, ho dato vita a Undici Edizioni, una dinamica casa editrice sempre alla ricerca di nuovi talenti da pubblicare e molto attiva sul mercato. Questa esperienza mi ha confermato quanto sia più importante, oltre che piacevole, la lettura di un libro cartaceo. Non è solo una questione psicologica o abitudine, è proprio diversa la sensazione che lascia l’esperienza della lettura e, a mio parere, è diversa la percezione dei contenuti.
R.M.: Progetti per il prossimo futuro? Sono previste presentazioni del tuo libro?
Maurizio Roccato: L’ultima presentazione è avvenuta a inizio anno a Torino, poi ho sospeso l’attività per dedicarmi a una nuova ispirazione che, nel giro di alcuni mesi, ha dato vita a “I miracoli del sangue”. Uscirà a primavera 2019, con i tipi di Intrecci Edizioni, realtà editoriale che ha riconfermato la fiducia nei miei confronti e verso i miei romanzi dopo avere già pubblicato “Come candele nella notte“. Sono contento per questo rapporto di collaborazione, che spero proseguirà nel tempo. Anche “I miracoli del sangue”, come tutte le mie storie, prende spunto da eventi reali, in questo caso un fatto di cronaca avvenuto una mattina di ottobre del 2013 a Torino: il ritrovamento su una panchina antistante il cimitero monumentale di una scatola contenente diverse ossa umane. Erano incise con strani simboli e ricoperte da cera fusa, che ha fatto supporre l’impiego in un rituale satanico, e avvolte in una pagina della “Stampa Sera” del 1963, che riportava l’articolo su un delitto attualmente insoluto. La storia parte dalle indagini di un giornalista torinese, che riesce a scoprire la reale – e sorprendente – identità di quei resti.
R.M.: Grazie Maurizio e alla prossima!
Written by Rebecca Mais