Le métier de la critique: Alice Guy-Blaché e la sua memoria finita nell’oblio

“È difficile aver fallito, ma è peggio non aver provato” ‒ Alice Guy

 

Alice Guy

Dimenticata dal cinema, di cui è stata l’antesignana, Alice Guy-Blaché torna a far parlare di sé e del posto che ha occupato in quella creazione nota come cinematografia.

A ricordare quanto la memoria umana possa essere labile, soprattutto se la protagonista dell’evento è una donna, in questo caso una paladina d’altri tempi, è un documentario del 2018 presentato al Festival di Cannes, per rinfrescare un ricordo offuscato dal tempo e dalla dimenticanza.

La regista, Pamela B. Green, si è improvvisata detective, operando una ricerca capillare durata anni, al fine di rintracciare materiale di repertorio, residui di vecchie pellicole, articoli e interviste, con lo scopo di restituire la debita memoria ad Alice Guy.

La voce narrante dell’edizione originale, prestata a commento del documentario, è quella dell’attrice Jodie Foster, che ha partecipato emotivamente alle vicende della protagonista del lungometraggio.

“Le donne sono più adatte al cinema perché sono abituate a lavorare sulle proprie emozioni, mentre gli uomini da secoli si allenano a controllarle” ‒ Alice Guy

Nata nel 1873 in Francia da una famiglia benestante, la giovane Alice fin da piccola respira cultura nel proprio ambito familiare; elemento questo che ne forgia una personalità ben definita e portata all’autodeterminazione. E, la cui inevitabile conseguenza è il desiderio di rendersi economicamente autonoma.

Approdata presso l’imprenditore Léon Gaumont, ne diventa presto una fedele collaboratrice: l’incontro sarà fondamentale per il futuro professionale di Alice, così importante da permetterle di vedere concretizzata la sua geniale intuizione.

È il 1895 quando i fratelli Lumière, inventori del proiettore cinematografico, presentano la loro invenzione ad un pubblico curioso e attento e quanto mai esterrefatto dall’eccezionale scoperta. Fra coloro che intervengono all’evento c’è l’imprenditore Gaumont, accompagnato da Alice Guy, ventenne esuberante e dalla evidente creatività.

È quindi in veste di segretaria che Alice assiste alla presentazione dei fratelli Lumière, restando letteralmente folgorata da quell’apparecchio che, attraverso sequenze fotografiche scattate in rapida successione, riproduce la realtà in movimento.

Se Alice apprezza la creazione dei Lumière non apprezza invece le loro rappresentazioni, che considera monotone e sempre uguali. Ed è questa la spinta che accende in lei quell’intuizione che la porterà a scalare vette impensabili per una giovane donna nata e cresciuta nella seconda metà dell’Ottocento.

Entusiasta e temeraria, Alice partorisce l’idea di poter creare una scena e filmarla, con lo scopo di farne una rappresentazione da mettere in scena a pagamento.

Gaumont, subodorando profumo di soldi, da abile uomo d’affari quale è, appoggia l’intuizione della sua segretaria. A patto che la giovane continui a lavorare per lui. Ed Alice manterrà fede all’accordo stipulato, almeno fino al giorno in cui si trasferisce negli Stati Uniti con un giovane inglese di cui si innamora.

Alice Guy

Nel frattempo, si accinge a scrivere le prime storie, e con audacia realizza piccoli film che le danno l’opportunità di sperimentare le attività comprese nel mestiere del cineasta. Inventa scenari per ambientare le sue sceneggiature e sperimenta nuove attrezzature, fra cui il cronofotografo, al fine di creare un’armonia musicale con le esibizioni degli attori durante le loro rappresentazioni.

Vertiginosamente, Alice comincia a produrre film, attività che la vede, almeno in un primo momento, fare tutto da sola. A eccezione dell’aiuto che chiede ad amici e conoscenti, pronti a interpretare il ruolo di figuranti in un gioco innovativo e anche un po’ surreale. In seguito, necessariamente, dovrà servirsi di capaci collaboratori.

Il primo soggetto messo in scena è La fée aux choux girato nel 1896 con una scenografia elementare, ed interpretato dai suoi amici che si esprimono seguendo il copione affidato loro dalla neoregista.

Molti dei fotogrammi dei film vengono pitturati a mano da diligenti impiegate, che si servono di finissimi pennelli per colorarne le immagini.

Alice Guy esplora generi narrativi fra i più svariati: la commedia come il dramma storico, il teatro classico come il varietà, fino a confrontarsi anche con pellicole western; approfittando poi della naturalezza degli scenari dà ai suoi lavori una connotazione ben precisa e uno stile singolare e moderno.

Regista e produttrice, dal 1896 al 1907 Alice realizza numerosi lavori che attraversano ogni genere di film, un mare magnum di pellicole il cui esempio più clamoroso e singolare è La naissance, la vie et la mort du Christ, soggetto narrativo del 1906, che racconta della passione di Gesù Cristo e mette in scena oltre 300 figuranti. Per l’epoca un vero e proprio colossal.

“La mia giovinezza, la mia inesperienza, il mio sesso: tutto cospirava contro di me” ‒ Alice Guy, dalla sua autobiografia.

Raggiunta l’America, trova una prateria ancora tutta da esplorare e decide di dare vita a un progetto a lungo accarezzato: fondare con il marito una propria casa di produzione, la Solax Company, di cui nel 1910 diventa la presidente.

“Be natural” è il motto che campeggia sul primo studio cinematografico realizzato dalla Guy, che riassume lo stile e l’impronta che dà al suo modo di fare cinema.

Per Alice il successo non si fa attendere, così come i notevoli profitti; anzi, la sua popolarità è piuttosto immediata e le richieste per i suoi lavori sono numerose e attraenti, tanto che si butta a capofitto nella professione, nonostante nel frattempo sia diventata madre.

Ostinata e di multiforme ingegno, la regista continua a sperimentare nuovi strumenti per ampliare il suo patrimonio artistico, fra cui effetti speciali, compatibilmente con il contesto temporale in cui si sviluppa la sua professione; motivo per cui la si può considerare l’iniziatrice dell’utilizzo anche dei video musicali.

Osteggiata dai colleghi maschi, che ovviamente guardano con contrarietà al suo successo, e vedono in lei un’avversaria da eliminare e non una seria professionista quale dimostra essere, Alice non si perde d’animo. Donna emancipata e di temperamento, continua instancabile a produrre film su film, consegnando ad essi una connotazione moderna e ben precisa, al fine di distinguerli dalle pellicole dell’epoca. Perché lei, donna ostinata, reclama il diritto, cosa inusuale a quei tempi, di realizzarsi nella professione come poche altre donne sanno fare.

Alice Guy – Be Natural

Il suo obiettivo, da realizzarsi attraverso una macchina da presa di fattezze ancora rudimentali, è capovolgere le regole sociali dell’epoca, soprattutto per ciò che riguarda il ruolo della donna in un mondo per la quasi totalità appannaggio degli uomini.

Sono diversi i tipi psicologici femminili che Alice Guy mette in scena, a volte con un pizzico di ironia che serve a suscitare l’attenzione del pubblico, e un’ilarità che non è fine a se stessa, ma è motivo di riflessione sulla condizione femminile dell’epoca, una narrazione esclusiva e inedita con lo scopo di offrire un’immagine diversa del genere femminile.

Inevitabilmente, da ciò si origina uno scontro con il mondo degli uomini, roccaforte allora difficile da attaccare, da parte di una donna che ha il coraggio, attraverso il cinema, di scompaginare l’universo maschile dell’epoca.

Nelle pellicole della Guy le donne non sono più la femme fatale di sessista memoria, ma eroine coraggiose e decise, ed è così, come un’autentica pioniera, che Alice si offre all’immaginario collettivo. Perché pioniera Alice lo è stata per davvero, nel significato più corrispondente a tale termine.

Alice Guy non solo è stata la pioniera dell’arte del cinema, ma anche modello di autodeterminazione in un periodo in cui la maggior parte delle donne era ancora relegata fra le mura di casa a occuparsi delle faccende domestiche. Nonostante il movimento femminista facesse sentire con forza la propria voce.

“Gran parte dei critici per errore, ignoranza o incredulità non mi hanno attribuito la ‘maternità’ di molti dei miei film, a volte addirittura accreditandoli ad altri o a figure sconosciute che non avevano mai fatto una regia in vita loro” ‒ Alice Guy

Dopo aver conosciuto un’ampia fama, grazie alla sua innovativa intuizione, ben presto Alice viene relegata nell’oblio, anche per l’avvicinarsi della Prima guerra mondiale, che porta con sé una grave crisi energetica.

La casa di produzione da lei stessa creata non riesce a sostenere il confronto con gli allora nascenti colossi del cinema; e, miseramente, la Solax Film Corporation viene sciolta, anche perché la regista è soffocata dai debiti contratti dal marito.

Caduta in disgrazia e povera, e amareggiata dal trattamento poco edificante che le è stato riservato, la Guy dà prova ancora di coraggio e fermezza svolgendo svariati tipi di lavoro: l’impellente urgenza di mantenere sé e i suoi due figli la incita ad andare avanti.

Trascurata dal mondo del cinema, critici e nuovi registi compresi, Alice è schiacciata dalla prepotenza dei colleghi maschi, mentre, in maniera illegittima molta della sua produzione va perduta o attribuita ad altri registi o a suoi collaboratori.

Per dare la misura degli ostacoli che Alice Guy ha incontrato sul suo cammino, da aggiungere poi l’abbandono da parte del marito che le preferisce una donna più giovane, occorre ricordare che per ottenere i riconoscimenti che le sono stati tolti scrive la sua autobiografia, che però non viene pubblicata. Amareggiata, decide di tornare in Francia. Ma anche qui, nessuno pare ricordarsi di lei.

Dopo aver fruito del suo innovativo e imponente lavoro, il cinema la relega in un dimenticatoio dal quale riemerge soltanto attraverso la memoria dei nostri giorni.

Alice Guy

È l’anno 1968 quando si conclude l’avventura terrena, ricca ed emozionante, di Alice Guy, prima donna regista, la quale sarebbe da inserire a pieno titolo nel guinness dei primati. Il più importante dei quali è stato quello di inventare il cinema come lo conosciamo.

Nel 1976 un gruppo di femministe ha avuto l’opportunità di far pubblicare le Memorie di Alice Guy, dal quale ancora una volta spicca il profilo pionieristico di una donna sui generis che ha dato vita non solo alla cinematografia in genere, ma soprattutto a quella destinata all’universo femminile.

Esempio di coraggio e di lungimiranza, oggi la figura di Alice è conosciuta dal grande pubblico e ridimensionata grazie a pubblicazioni e circoli femministi a lei dedicati.  D’altra parte, come si può fingere che una persona di geniale levatura come Alice Guy non sia mai esistita?

“Era una regista di una grande sensibilità, con uno sguardo incredibilmente poetico. Ha scritto, diretto e prodotto più di mille film. Eppure è stata dimenticata dall’industria che lei stessa aveva contribuito a inventare” Martin Scorsese

 

Written by Carolina Colombi

 

 

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