Life After Death: l’intervista ad Anita Garibaldi
Amici ascoltatori bentornati al consueto appuntamento con queste interviste speciali a personaggi storici.

Oggi siamo, è proprio il caso di dirlo, in alto mare.
Mancano poche ore al nostro arrivo a Genova, abbiamo quindi poco tempo per trovare il nostro ospite che sfortunatamente per noi si è mescolato ben bene con i passeggeri. O dovrei dire mescolata, trattandosi di una donna.
(si sente un gran vociare) Sembra che ci sia una rissa.
Anita Garibaldi: E che questo te serva de lezione desgraçado! Solo porque soy una donna non vuol dire che no me sappia difendere! E lei? Che ha da guardare?
A.T.: Oh cielo! Ma è lei! È la persona che cercavo! Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva. Lei è Anita Garibaldi!
Anita Garibaldi: Sssh! È impazzito?! Vuol far sapere a tutti che sono imbarcata aqui? Ha idea di quanto abbiamo faticado por trovare posto su esta nave senza che l’Impero lo scoprisse?
A.T.: Oh mi scusi, ma sa… è un’emozione poterla incontrare. L’eroina dei due mondi!
Anita Garibaldi: Chi prego?
A.T.: No… guardi lasci stare. Comunque le dicevo, io sono venuto oggi su questa nave per poter parlare proprio con lei, per poterla…
Anita Garibaldi: Smascherare? Catturare? O forse vuole uccidermi?! Lei è uno di quelli che vogliono ancora riscuotere la taglia sulla mia testa?! È al servizio di quel general imperialista, vero? Non riesce proprio ad accettare de essere stato preso in giro di una donna?!?
A.T.: No, no mi creda… guardi sono disarmato! Quale taglia?
Anita Garibaldi: Niente scherzi claro? Ho fucilato gente e preso per il naso general molto più svegli di lei, senhora!
A.T.: La prego, ci dev’essere un malinteso, io non sono qui per farle alcun male, solo qualche domanda per poterla intervistare!
Anita Garibaldi: Intervi… che?
A.T.: Intervistare… ecco mi consideri una specie di giornalista, un cronista! Volevo solo farle alcune domande.
Anita Garibaldi: De che genere?
A.T.: Ma… sulla sua vita, sui suoi ideali. Mi creda, il mio intento è solo quello di riportare la sua versione della storia, niente di più.
Anita Garibaldi: Se sono poche domande, està bem. Ma non dirò nulla che possa compromettere me, i miei figli e soprattutto mi marido!
A.T.: Naturalmente, signora. Allora possiamo cominciare questa intervista?
Anita Garibaldi: Siate breve comunque. Non posso lasciare troppo i miei figli.
A.T.: I vostri bambini sono con voi sulla nave?
Anita Garibaldi: Claro! Voleva che lasciassi soli una bambina di tre anni e un bimbo di uno? Grazie al cielo c’è Estela che mi da una mano.
A.T.: Estela?
Anita Garibaldi: Una delle poche donne che ho conosciuto durante la revoluzion in Brasile e una delle poche che sa usare el cervello come usa le pistole. Ci siamo incontrate alcuni anni fa, poco prima che… la mia piccola Rosita raggiungesse la Virgem Santa en cielo. Da allora mi è sempre stata molto vicina avendo avuto una tragedia simile. Mi ha sempre seguito ed è l’unica donna a cui affiderei la mi vida.
A.T.: Allora c’erano delle donne durante la rivoluzione?
Anita Garibaldi: Oh sì! Poche ovviamente, rispetto agli uomini, ma non mi sono mai sentita a mio agio con loro comunque.
A.T.: Perché mai?

Anita Garibaldi: Porque? Porque erano tutte succubi dell’uomo! Erano quasi tutte “sogno di potermi sposare” oppure “quando questa guerra sarà finita quero che encontrar quello giusto” e quelle che erano già sposate che chiedevano il permesso ai maridi per fare qualunque cosa che non fosse respirar! Non parliamo poi di quelle che avevano già figli. Le più incatenate a quest’assurdità che la donna deve essere un soprammobile, un oggetto a servizio del marido dentro y fuori dal letto. No no, non erano proprio il mio genere de compagnia!
A.T.: I tempi e la società di questi anni impongono un certo tipo di comportamento. Lei comunque è riconosciuta come una donna che ha sconvolto queste regole.
Anita Garibaldi: Ha usato el termine correto. Impongono! È sempre stata l’imposizione delle cose che a me non è mai andata giù! Come se il mondo non dovesse cambiare en meglio, come se le donne non potessero aspirare a qualcosa di ben più alto che fare da fattrici! Spero che le donne italiane siano più coraggiose.
A.T.: Visti gli anni che si prospettano in Italia io credo che lo saranno. Dopotutto siamo nel 1848, i moti sono iniziati da poco tempo. Però la prego, non resti delusa se troverà che anche le donne italiane sono ancora… come dire, legate all’idea che l’uomo sia superiore alla donna.
Anita Garibaldi: Benissimo! Dovrò avere a che fare con altre teste vuote che pensano solo al matrimonio! Come se este sacramento in fondo avesse un chissà quale poder de portar felicidade. A me certo non l’ha data la prima volta!
A.T.: Non è stata felice con suo marito?
Anita Garibaldi: Mai stata in realtà.
A.T.: Strano. Lei e Garibaldi venite descritti come una coppia affiatata e…
Anita Garibaldi: Cosa? Espere un momento, aqui c’è un errore! Giuseppe è meu secundo marido! Io fui casada… volevo dire, già sposata. Avevo quattordici anni quando me sposai con un calzolaio, Manuel.
A.T.: Ah! Quindi lei ha avuto un matrimonio prima di conoscere Giuseppe Garibaldi?
Anita Garibaldi: Sì, e come le ripeto, non ero affatto feliz. Manuel Duarte de Aguiar. Un uomo che riparava um par de scarpe in un giorno e ci metteva la metà del tempo per spendere il poco dinheriro che prendeva. E io dovevo pure fare la parte di quella feliz in quel matrimonio? Non sopportavo neppure che me toccasse. L’ho rimesso al suo posto più de una volta. E lui di contro ha usato la cinta più de una volta, ma non mi sono mai piegata.
A.T.: La sua famiglia era al corrente di questo?
Anita Garibaldi: Le mie sorelle non capivano e meu padre e i miei tre fratelli se li è presi il tifo quando avevo poco più di dodici anni. La mia famiglia era mia madre e anche lei… non era certo una donna con cui poter parlare di certe cose. Si figuri che quando sono diventata una “donna”… lei sa cosa intendo vero? Quando una bambina non è più una bambina… bè lei non è stata certo incoraggiate. La prima cosa che ha fatto è stata portarmi in chiesa a recitar un rosario come penitenza! Come se il fatto di diventare una donna fosse stata colpa mia e avessi accelerato il processo in qualche modo. A dodici anni poi avevo già… un fisico che le mie amiche non si sognavano neppure quindi…
A.T.: E sua madre non l’ha mai aiutata?
Anita Garibaldi: Aiudarme? È stata lei ha volere che me sposassi! Per la salvezza della mia anima diceva! In realtà era solo perché non poteva sopportare lo scandalo di avere una figlia che pensa con la sua testa! Ma avevo solo quattordici anni, che potevo fare allora?
A.T.: Perciò lei si è sposata a quattordici anni perché costretta. Questo spiega perché non è stata felice.

Anita Garibaldi: Sa quando io ero feliz? Quando cavalcavo. Quando io monto in sella ad un cavalo mi sento libera come l’aria. Un’altra cosa che mia madre non ha mai apprezzato e neppure meu marido. A volte la notte, quando lui dormiva cavalcavo per ore sotto le stelle o sulla spiaggia. Non c’era pericolo, tanto mio marido era quasi sempre ubriaco e dormiva come un vecchio orso. Mio padre aveva iniziato ad insegnarmi ma dopo la sua morte si può dire che ho imparato praticamente da sola. Mi alzavo presto, prendevo il cavalo di meu padre e galoppavo per tutta Morrinhos e raggiungevo la spiaggia. Le lascio immaginare gli sguardi della gente. Tutta Laguna sembrava conoscermi come la pazza a cavallo! Una volta due ragazzi per sfidarmi mi hanno detto “porque non facciamo una gara?” non me lo sono fatta ripetere due volte. Sono salita sul cavalo e ho sfrecciato veloce per la spiaggia.
A.T.: Ed è riuscita a vincere la sfida?
Anita Garibaldi: Claro che sì! E sa qual’era la posta en gioco? Chi perdeva la sfida doveva fare el bagno completamente nudo. Credevano di impressionarmi per così poco.
A.T.: E invece lei li ha gabbati tutti e due.
Anita Garibaldi: Già, tanto che quelli per la rabbia si sono rimangiati la parola. Sa che ho fatto allora?
A.T.: Cosa? Cosa?
Anita Garibaldi: Mi sono tolta io i vestiti e mi sono gettata tra le acque del mar come se nulla fosse. Doveva vedere le loro facce! Non mi guardavano neppure. Sta di fatto che non li ho più visti sulla spiaggia per diverso tempo. Purtroppo però sembra che la mia voglia di vivere non andasse bene agli abitanti di Laguna, la mia città. Specie ai padri dei due che avevo stracciato a cavalo. Iniziarono a girare ogni tipo di voce che mi presentava come una specie di diavolo, un’invasata che faceva il bagno nuda per adescare i ragazzi e fargli perdere l’anima. Alcuni poi se ne approfittavano pure. Un giorno ero sulla spiaggia che raccoglievo granchi e un uomo completamente ubriaco provò a mettermi le mani addosso e io gli rifilai un bel calcio… nel suo orgoglio potremmo dire e lo denunciai subito alla gendarmeria. Le lascio immaginare cosa è stato detto su di me quella volta.
A.T.: Ma lei non ha spiegato l’accaduto, come si erano svolte le cose…?
Anita Garibaldi: Sarebbe stato inutile. Ero una ragazza e già avevo dato più che il sospetto di essere posseduta dal demonio. Chi mi avrebbe creduto? Non mi credette neppure mia madre. Tanto valeva che la pensassero come volevano.
A.T.: Il suo primo matrimonio però avrà sortito almeno l’effetto di far cessare certe voci spero.
Anita Garibaldi: Non molto in realtà. Sentivo anzi che veniva detto “povero Manuel, guarda che diavolo che si è preso in casa”. Comunque non fu per questo che mia madre decise che dovevo sposarmi. Non sono mai stata interessata alle opinioni della gente se si limitavano alle dicerie o alle maldicenze. La vera ragione fu che ero più interessata alle opinioni del popolo, di ciò che pensava la gente della loro vita.
A.T.: Era più interessata alle opinioni popolari in termini politici vuole dire?
Anita Garibaldi: Esatto! Il Brasile era stretto nel pugno dell’Impero e a molti del popolo questo non andava più! Mio zio Antonio mi disse che i piccoli… come li chiamate voi, borghesi, i commercianti, erano vessati dal governo imperialista che aveva messo imposte molto, troppo alte, e non aveva intenzione di rinnovare l’industria locale. Insomma el popolo si sentiva schiacciato. Non ci volle molto porque insorgessimo tutti.
A.T.: Anche lei infatti partecipò a questa rivoluzione, quella conosciuta come la Guerra dei Farrapos o guerra degli straccioni.
Anita Garibaldi: Sì, un nome stupido! Venivano chiamati tutti così porque non potevamo permetterci di bere caffè in un locale alla moda. Straccioni. Invece quelli che ci chiamavano così, io li chiamavo “sanguisughe” porque loro toglievano non solo dinhero ma anche sangue e dignità al popolo. Inutile dirle che, nonostante fossi sotto el vincolo del matrimonio io non mi sono arresa e anzi, parteggiavo per i ribelli. Ovviamente mia madre non era affatto contenta della cosa. Poi ricordo particolarmente la giornata del 22 luglio del 1839. La guerra durava già da quatro anos e i ribelli erano riusciti a conquistare la cittadina de Laguna e tutti insieme siamo andati in chiesa a cantare le lodi. Ed è stato lì che vidi por la primeira vez Giuseppe.
A.T.: Giuseppe Garibaldi! Si era rifugiato nell’America meridionale perché condannato a morte in Italia dove si era iscritto all’organizzazione di Giuseppe Mazzini. Era venuto per dare man forte alla rivoluzione, ma certo non si aspettava di incontrare una donna come lei. E mi dica, com’è stato il vostro primo incontro? È rimasta affascinata o impressionata da lui?
Anita Garibaldi: All’inizio sì. Ma più per la sua fama di liberatore, che per lui como uomo. Era uno come molti altri, non è che mi avesse colpito molto. E poi in chiesa eravamo separati, non abbiamo avuto occasione de parlare. Il nostro primo colloquio poi è durato pochi secondi, il giorno dopo. Ero en casa da sola, meu marido non sapevo dove fosse, si era dileguato. Si era unito all’esercito imperialista e da allora era svanito. Bussano alla porta, vado ad aprire e mi trovo avanti Giuseppe che dice “Tu devi essere mia” e in italiano, non parlava portoghese.
A.T.: Molti lo definirebbero romantico.
Anita Garibaldi: Io lo definirei stupido! Inutile dire che gli ho sbattuto la porta in faccia. Non tanto porque ero sposata, quanto per la sfacciataggine! Lei darebbe retta ad uno che le si presenta davanti a casa sua e le dicesse una cosa simile? Lui poi continuò a farsi vivo, ogni volta sempre più sfacciato. Una volta provò persino a baciarmi. Gli ho fatto subito cambiare idea!
A.T.: Insomma gli ha reso difficile il corteggiamento.

Anita Garibaldi: Claro che sì! Ma lui non si è arreso e dopo pochi mesi, mi sono resa conto che Giuseppe era perfetto. Non mi mai chiesto di cambiare, né di essere qualcuno che non volevo essere. Anzi! Mi appoggiava in tutto e se non mi appoggiava con lui si poteva discutere! E visto che meu marido sembrava sparito dalla città, non mi sentii certo in dovere di essere fedele ad uno che mi aveva abbandonata!
A.T.: E da quel momento in poi lei è sempre rimasta accanto a Garibaldi.
Anita Garibaldi: Sì e mi creda spesso non è semplice. Non ha un carattere molto facile, specie porque non gli piace perdere! Né nella vita, né in battaglia, né in una discussione. Vuole sempre aver ragione lui. Quando poi cercavo de insegnargli un poco de portoghese o lui cercava de insegnare a me l’italiano erano vere battaglie! Se poi arrivavamo a urlare, lui mi sgridava nella sua lingua, io lo riprendevo nella mia… eh… quante cose che ci siamo detti senza esserci capiti. Ma con gli occhi, ci capivamo al volo. Quando c’era da capirci sul serio, non avevamo bisogno di parole. Anche se, ripeto, non era molto facile.
A.T.: Lei lo ha seguito spesso anche in battaglia giusto?
Anita Garibaldi: Lo seguivo in campo aperto, ma mi affidava spesso la difesa delle armi, delle munizioni e della polvere da sparo. Imparai così bene a fare il mio dovere che mi chiamava “la mia Santa Barbara”. Mi ha spiegato che per voi è una santa che protegge i soldati.
A.T.: Sì infatti. Esplosivi e luoghi dove vengono conservati sono spesso chiamati “santabarbara” in suo onore. È una Santa molto conosciuta nell’esercito.
Anita Garibaldi: Mi piace esto nomignolo che mi ha dato! Lo trovo adatto a me e sono onorata de portarlo. Così come ammetto, non me dispiace neppure il nome Anita.
A.T.: Bè, non si preoccupi. Presto ne avrà uno molto più importante.
Anita Garibaldi: Che vorrebbe dire?
A.T.: Oh non importa mi scusi, pesavo ad alta voce. Stavamo parlando dei suoi primi trascorsi con Garibaldi. Ha già detto che non era sempre facile andare d’accordo con lui. Crede che potesse dipendere dalla differenza d’età? Lei aveva diciotto anni quando vi siete conosciuti e lui una trentina se la memoria non mi inganna.
Anita Garibaldi: No, no era por quello. Manuel era poco più vecchio di lui e già a quattordici anni non era un problema per me. No, il problema vero è che siamo due teste dure. Abbiamo caratteri molto simili e questo ci porta a discutere spesso. Ma questo è ciò che mi piace del nostro legame, non è stagnante. Bastava una piccola scintilla e insieme scatenavamo un fuoco. Alcune mie compagne come Estella a volte ci prendevano in giro porque ci vedevano discutere al mattino e la sera eravamo abbracciati al tavolo come se niente fosse. Ricordo molto bene quella volta che… avevamo litigato perché io, nonostante fossi incinta e a breve dovevo partorire il nostro primo bambino, desideravo combattere come avevo sempre fatto. Lui invece ragionava già da padre e me lo proibì. Ricordo di avergli tirato addosso il vaso da notte talmente ero arrabbiata.
A.T.: Menotti Garibaldi, o per meglio dire Domenico. Menotti è il nome con cui è conosciuto per onorare Ciro Menotti, un grande patriota italiano.
Anita Garibaldi: Un’idea di Giuseppe. Era un uomo che lui rispettava molto, per il suo coraggio. Comunque sia, io non mi sono tirata indietro e ho partecipato alla battaglia di Curitibanos insieme a tutti. Non mi interessava se Giuseppe non capiva, ma io non potevo né volevo restare a casa ad aspettare. Purtroppo però in quella battaglia fui catturata e tenuta prigioniera. E non solo, mi dissero che Giuseppe era morto. Mi sono sentita por la primeira vez senza vita. Non avrei mai pensato che mi sarei potuta sentire in questa maniera por un uomo.
A.T.: Una situazione non facile la sua. Ma a quanto mi ricordo, lei non si arrese neppure in quell’occasione.
Anita Garibaldi: Claro che no! Anche quando me circondarono io mi difesi come potevo. Non mi tenevano ferma neppure in catene tanto che il comandante imperialista che mi aveva catturata restò stupito. Fu allora che me venne l’idea.
A.T.: Quale?
Anita Garibaldi: Me finsi una donna addolorata e in preda agli umori di tutte le donne incinte. Con le lacrime agli occhi, chiesi de poter cercare meu marido tra i cadaveri sul campo de battaglia. E lui, stupido mi credette. Mi fece accompagnare sul campo da due soldatini e mentre cercavo tra i cadaveri il corpo di Giuseppe, alla prima occasione afferrai uno dei cavalli e fuggìi via, più veloce che potevo. La mia unica tristezza era che tra i cadaveri non avevo trovato il meu Giuseppe.
A.T.: Perché Garibaldi in realtà non era morto.
Anita Garibaldi: Sì ma questo non potevo saperlo. Cavalcai per diversi giorni, riposandomi solo per poche ore ogni tanto per via del bambino e poi, giunta a Vacaria, nel Rio Grande do Sul, s’immagini la sorpresa de trovarsi davanti Giuseppe. In quella occasione, forse è venuta fuori la donna che c’è in me. Ricordo che lo abbracciai e lo baciai come non avevo mai fatto. C’era però un fattore che non avevo considerato.
A.T.: Cioè?
Anita Garibaldi: Meu bebè! Il mio bambino! L’emozione è stata tanta che, pochi giorni dopo, il mio piccolo decise che voleva vedere il mondo a tutti i costi! Un tempismo perfetto, visto che dodici giorni dopo, la casa dove stavo era stata circondata, proprio dallo stesso general che avevo preso in giro. Ma neppure lì mi sono fermata. Adesso poi ero madre e mi creda, avrei ucciso chiunque avesse cercato di portarmi via il mio bambino.
A.T.: Quale madre non lo farebbe? Che accadde poi? Fu di nuovo catturata?
Anita Garibaldi: Mi sono alzata dal letto, ho raggiunto la stalla col bimbo e senza neppure mettere la sella sul cavalo, ho superato lo sbarramento e sono fuggita. Rimasi nascosta per alcuni giorni in un bosco. Mangiavo tutto ciò che potevo, radici, piccoli frutti, uccisi qualche lepre e non potendo accendere un fuoco dovetti mangiarli crudi. Dovevo farlo! C’era il bambino da allattare. Poi, finalmente, Giuseppe mi trovò e mi riportò al sicuro. Ricordo bene quella giornata porque la sera, fecero una piccola festa. Avevano recuperato un po’ di pane, qualche pezzo di formaggio, del latte e del vino e festeggiammo la nascita del nostro piccolo Menotti. E ricordo che Giuseppe, mi chiese d’insegnarli ad andare a cavalo. Curioso, porque fino a quel momento, a parte poche lezioni di portoghese, era sempre lui a insegnare a me le cose. Io che poi, sapevo a mala pena leggere e scrivere.
A.T.: Un finale felice e fortunato il suo.

Anita Garibaldi: Sì ma da quel momento in poi, le cose non sono andate bene. La rivoluzione ormai stava morendo e per quanto Giuseppe e pochi altri s’impegnassero a tenerla in piedi, presto anche lui capì che non poteva continuare. L’anno successivo infatti ci siamo trasferiti a Montevideo in Uruguay dove abbiamo vissuto senza conflitti per alcuni anni. Quelli, sono stati anni calmi, sereni, anche un poco noiosi devo ammetterlo. Certo avevamo le nostre difficoltà specie economiche ma Giuseppe insegnava e guadagnava quel poco che ci serviva per tirare avanti. Fu in quegli anni però che la nostra famiglia fu costruita. Il ventisei marzo del 1842 nella chiesa di San Francesco io e Garibaldi ci siamo sposati e negli anni successivi sono nati i nostri altri figli. Mi stavo abituando ormai a fare la donna de casa, la madre e la moglie, quando un vecchio compagno di Giuseppe porta nuove dall’Europa.
A.T.: Intende i moti del quarantotto giusto? È per questo motivo che ora lei sta raggiungendo l’Italia, vero?
Anita Garibaldi: E porque altro? Giuseppe e Menotti sono rimasti indietro, ma lui voleva che arrivassi coi bambini a Nizza. Finalmente almeno conoscerò la madre di mue marido e i miei figli conosceranno una nonna! Mia madre non ha mai voluto saperne di conoscerli, neppure il primogenito. A proposito! Eccoli lì i miei bambini! Povera Estella, mi sono trattenuta più del dovuto e mi avrà data per dispersa! Quando poi Teresita e Ricciotti si mettono insieme, non c’è forza che li tenga a bada!
A.T.: Oh sì, anche io devo andare adesso, oltretutto sembra che la nave stia per giungere in porto. Non la trattengo oltre signora Garibaldi. Le auguro tanta fortuna in Italia e mi creda, mi ha fatto davvero molto piacere conoscere una donna come lei! Addio!
Anita Garibaldi: Adeus! Ricciotti, smettila de tirare i capelli di tu sorella! Teresita smettila di tirare calci a tuo fratello! Capito? Non fatemi venire lì!
Written by Alister Tinker
Voce intervistatore: Vilma Tenchini
Voce Anita Garibaldi: Alister Tinker
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