“La donna che leggeva troppo” di Bahiyyih Nakhjavani: la condizione delle donne nella Persia del XIX secolo

La poetessa di Qazvin era nota con una quantità di nomi diversi. Alla nascita le era stato dato quello solito, quello dato a tutte le ragazze di famiglia religiosa, il nome santo della figlia del Profeta. Gli studiosi dei centri teologici di Najaf e Karbala la citavano come fosse un oracolo, oppure la condannavano come fosse una strega. Alcuni dicevano che la sua bellezza era un piacere per gli occhi e che la purezza della sua mente non temeva confronti; altri la definivano eretica, assassina e puttana. Ma quando fu arrestata nel primo inverno del regno del giovane Shah, tanto i suoi ammiratori quanto i suoi detrattori furono costretti ad ammettere che nessuno dei suoi nomi tradizionali poteva bastare a riassumerla. Riconobbero che era la calamità del suo tempo”.

La donna che leggeva troppo

Bahiyyih Nakhjavani, iraniana trapiantata in Occidente (attualmente vive in Francia) ricostruisce in questo ambizioso romanzo “La donna che leggeva troppo“, pubblicato in Italia da BUR, la condizione delle donne nella Persia del XIX secolo e lo fa intrecciando riferimenti storici e fantasia, in un continuo spostamento temporale fra l’anno 1852, in cui venne compiuto il primo attentato nei confronti dello Shah Nasiru’d-Din e il 1896, quando lo Shah venne infine assassinato.

La storia ruota intorno alla figura di una donna persiana realmente esistita nel XIX secolo, Tahirih Qurratu’l-Ayn, meglio nota come la poetessa di Qazvin. Un’anima indomita, profonda conoscitrice del Libro Sacro che interpretava a suo modo, suscitando le ire del clero costituito, una donna fermamente convinta del potere dell’istruzione quale strumento di liberazione del mondo femminile così duramente sottomesso nella Persia dell’epoca.

A quei tempi le relazioni fra donne erano caratterizzate da invidie e rancori.

Le donne dell’harem avevano elaborato strategie che rivaleggiavano con i più sofisticati intrighi di corte. Portavano rancori, covavano risentimenti, nutrivano ambizioni capaci di competere con la politica estera dello Shah. E nel corso degli anni gareggiavano ferocemente l’una contro l’altra per poter essere le madri dei suoi figli maschi. La maternità è l’unica immortalità, proclamavano a gran voce”.

Naturalmente si trattava delle donne a diretto contatto con il potere regale, quelle che sgomitavano le une contro le altre per aggiudicarsi i favori del re.

La poetessa di Qazvin invece rappresenta esattamente il contrario: incarna quell’ideale di autonomia e indipendenza cui tutte le donne dovrebbero tendere, suscitando scandalo e scalpore in primis fra le stesse donne che entrano in qualche modo in contatto con lei. La sua è una figura pericolosa, perché mette in discussione l’ordine costituito.

È una figura di una forza e di una potenza straordinarie: riuscirà a passare indenne nel suo tempo, nonostante i lunghi anni di prigionia, e a tornare a predicare il suo credo nel sapere per le donne.

La prigioniera in casa del primo notabile insegnava alle donne a leggere e scrivere ben altro che poesie. Quelle dame impararono a incidere la loro vita sulle pagine della storia, a leggere le loro motivazioni, a scrivere le loro azioni, a interpretare il mondo. La poetessa di Qazvin forniva loro gli strumenti con cui diventare autonome”.

Il romanzo si snoda fra gli intrighi di corte, le umiliazioni del giovane Shah ad opera di sua madre, la Regina che pretendeva di tenere sotto controllo ogni azione di suo figlio divenuto sovrano in età precoce, le trame di notabili e visir.

Bahiyyih Nakhjavani

Ma tutto si scontrerà con la forza della donna che leggeva troppo, quella donna cheNon si accontentava semplicemente di dire ciò che pensava, ma si misurava con l’opinione generale per plasmarsi, come una stella cadente affrontava le tenebre inesplicabili per definirsi. E guai a quelli che contraddicevano la sua lettura dell’universo; guai a chiunque cercasse di discutere la sua interpretazione dell’eternità, perché lei demoliva i loro argomenti senza preoccuparsi della loro umiliazione”.

Un libro con un forte messaggio, che pone al centro della riflessione la donna e il mondo nel quale si realizza il femminile.

Un messaggio che partendo dalla Persia del XIX secolo arriva ai nostri giorni con una straordinaria connotazione di attualità e non solo nella Persia attuale, quell’Iran nel quale le donne, sottomesse all’hijab, dimostrano una spiccata capacità di ergersi a protagoniste della loro esistenza.

Un romanzo in cui l’autrice dosa con sapienza la ricostruzione storica e l’invenzione letteraria, tessendo una trama che è un avvincente omaggio a una donna libera, intelligente e coraggiosa.

 

Written by Beatrice Tauro

 

 

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