“Klimt & Schiele – Eros e psiche” diretto da Michele Mally: Vienna nel suo periodo d’oro ed i pittori della Secessione
“Vienna è una città vivida, ricca e colta. Nei salotti borghesi si riuniscono maestranze, intellettuali, grandi musicisti e artisti di rottura”

Per celebrare la grande arte al cinema, in quest’ottobre 2018, si è affacciato nelle sale cinematografiche 2018 un nuovo film evento.
A raccontare l’epoca d’oro di una Vienna ormai scomparsa è Klimt & Schiele – Eros e psiche, docufilm scritto da Arianna Marelli, e realizzato dalla sapiente regia di Michele Mally; e distribuito e prodotto da Nexo Digital in collaborazione con 3DProduzioni.
Protagonisti del lungometraggio sono due artisti d’eccezione, Gustav Klimt e il suo allievo Egon Schiele; personaggi differenti fra loro, ma figure simbolo del periodo artistico austriaco che sta a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Era in una Vienna ricca di fermento culturale che si svolgeva la vita di questi giganti dell’arte, come quella di altri intellettuali che animavano una capitale gravida di un’atmosfera unica e dal fascino indiscusso.
Nei prestigiosi salotti borghesi, come per le strade di questa città vivace e colta, si potevano incrociare i passi di intellettuali della statura di Sigmund Freud, dello scrittore Robert Musil, di Ludwig Wittegenstein, del regista Fritz Lang, oltre che quelli di musicisti e artisti, simbolo di superamento del passato.
Era dunque un clima sfavillante quello che si respirava nella Vienna di fine Ottocento, destinato purtroppo a spegnersi presto: l’impero austroungarico era prossimo a disgregarsi e, di là a poco, la Prima guerra mondiale avrebbe inghiottito l’Austria, come il resto del mondo, in un gorgo infernale senza scampo.
È dunque questo il contesto storico-culturale in cui è ambientato il docufilm Klimt & Schiele – Eros e psiche, in una ricostruzione cronologica puntuale, in cui le opere di Gustav Klimt e di Egon Schiele sono la rappresentazione plastica ed espressione del loro tempo.
“Al tempo la propria arte, all’arte la propria libertà” ‒ Gustav Klimt
È il 1862 quando Gustav Klimt vede la luce a Vienna, città che amerà visceralmente e da cui si allontanerà di rado.
Dotato di uno straordinario talento per il disegno, il giovane frequenta la Scuola d’arte e di mestieri di Vienna, la Kunstgewerbeschule.
Terminati gli studi, con il fratello e un amico dà vita a un sodalizio di lunga durata, che frutterà loro incarichi importanti quale, per esempio, la decorazione del soffitto delle Sale di riunione di Karlsbad (oggi Repubblica Ceca).
Fin dalle sue prime opere emerge l’inclinazione a ritrarre soggetti femminili, espressione di una bellezza decorativa, ancora influenzata dalla scuola romantica.

La creatività di Klimt subisce però un grave contraccolpo nel 1892, in seguito alla prematura morte del fratello, episodio che lo spinge a isolarsi, senza poter dipingere per un lungo periodo. Con il risultato che, anche il sodalizio con Mansch, amico e collega, viene meno.
Superato il lutto, nel 1901 ha inizio il cosiddetto ‘periodo aureo’ del pittore con il quadro ‘Giuditta’, opera in cui la figura femminile rappresentata la si può definire, secondo i canoni del simbolismo, come la ‘femme fatale’, ovvero la donna che non esita a sacrificare il proprio amante.
L’uso di arricchire con foglia d’oro le sue opere ha per Klimt funzione decorativa, ma è anche espediente per potenziare la luminosità del soggetto pittorico. L’impiego del prezioso materiale, inoltre, fa parte della tradizione della sua famiglia, se così si può dire; suo padre era infatti un abile orafo e uno dei suoi fratelli un fine cesellatore.
Durante un suo breve soggiorno in Italia, Klimt sarà stupito della preziosità e dallo splendore custoditi nei mosaici bizantini, fatto questo che gli conferma l’opportunità di usare l’oro, materiale da lui privilegiato per le sue composizioni, almeno fino a un certo momento della sua produzione.
Consapevole che l’arte austriaca è troppo ancorata al passato, nei primi anni del Novecento, insieme ad altri artisti, Klimt dà origine alla cosiddetta Secessione, che si personifica in un gruppo: la Kunstschaun Wien.
L’intento di questi artisti era cambiare la concezione dell’arte pittorica, portandola fuori dalla tradizione accademica. Simbolo della Secessione è la Pallade Atena, dea greca della saggezza, raffigurata da Klimt nel 1898.
Si racconta che Klimt fosse un lavoratore instancabile. Trascorreva infatti ore e ore nel suo atelier, ritraendo le sue modelle, con cui stabilirà relazioni amorose, senza però unirsi in matrimonio con nessuna di loro.
Tra i dipinti più complessi ed enigmatici di Klimt emergono le allegorie sulla condizione umana. È difficile però comprendere a pieno il contenuto dei suoi dipinti meno convenzionali, anche perché il pittore non era avvezzo a commentare le sue opere.
Spesso, il tema dominante della sua produzione è il sesso, interpretato da lui in maniera singolare; a tratti rappresenta le donne come idoli, a tratti invece come predatrici che si servono del loro fascino facendone una trappola. Altre volte, ancora, sono rappresentate in atteggiamenti provocatori; senza mai sfiorare la volgarità però, semmai sono intrise di eleganza.

Contestato dalle autorità per il contenuto delle sue opere, ritenute pornografiche, Klimt non si cura delle critiche e realizza dipinti, anche erotici, che si fanno simbolo delle speranze e delle paure dell’uomo, come dei suoi sogni e delle sue angosce.
Ma Klimt non solo rappresenta soggetti femminili; paesaggi che rappresentano i luoghi frequentati d’estate dai viennesi sono compresi nei suoi soggetti pittorici.
Il disegno rimane comunque il focus della sua arte, tanto da eseguire disegni che sono considerati opere autonome rispetto al resto della sua produzione.
Realizzati a carboncino, molti bozzetti per i suoi dipinti denotano un legame con le tecniche tradizionali: quelli successivi invece sono colorati a pastello.
Dopo il cosiddetto ‘periodo aureo’, durante il quale conosce fama e benessere, Klimt attraversa un periodo di crisi esistenziale che lambisce anche la sua arte, un’evoluzione che lo porta a nuove sperimentazioni artistiche, influenzato anche dall’espressionismo, corrente artistica a cui si avvicina grazie a Oscar Kokoschka e ad Egon Schiele, esponenti di notevole spessore artistico.
“Anche l’opera d’arte ha una sua sacralità!” ‒ Egon Schiele
Di Egon Schiele si può affermare, al pari di Klimt, che è ossessionato dalle donne, ed è proprio in nome della passione che nutre per il genere femminile, che consegna al suo pubblico disegni erotici molto espliciti, e ritenuti all’epoca pornografici.
Altre immagini che fanno parte della produzione artistica di Schiele mostrano la forza di un abbraccio, o corpi animati da un forte desiderio, simbolo di un modo nuovo di intendere la sessualità femminile. Opere che raccontano di una ‘donna nuova’, proiettata verso l’emancipazione femminile, pronta a rivendicare un ruolo inedito.
“Nessuna opera d’arte erotica è porcheria, quand’è artisticamente rilevante, diventa una porcheria solo tramite l’osservatore, se costui è un porco” ‒ Egon Schiele
In Schiele, come in altri artisti, c’è un elemento che costantemente aleggia come un fantasma sia nella sua vita come nella sua produzione: la morte. Che in stretta correlazione con l’amore dà origine a una dicotomia: quella fra morte e amore.

Una dualità che racconta del malessere umano generato dalla solitudine e dall’abbondono, che in ugual misura sfiorano ogni individuo. A tratti il dualismo viene vissuto da Schiele con una sorta di ribellione, a tratti invece con arrendevole disillusione.
“Il mio cammino conduce nell’abisso” ‒ Egon Schiele
È infine il 1918 quando si conclude il percorso terreno di Klimt, a causa di un malore improvviso provocato da un ictus, che gli impedirà di continuare a dipingere, portandolo alla scomparsa. Mentre la Prima guerra mondiale, distruttiva e messaggera di morte, volge al termine, anche Egon Schiele, sempre nel 1918, alla giovane età di ventotto anni, muore a causa della ‘influenza spagnola’, altro flagello degli uomini.
Per Vienna si conclude il suo periodo d’oro; mentre, svuotata dai contenuti che l’hanno vista protagonista di un crogiuolo di menti brillanti, si prepara a implodere: da quel momento nulla sarà come prima.
“Hanno spezzato il conformismo e scardinato tabù” – Michele Mally
Oggi, nel 2018, a distanza di cento anni dalla morte dei due artisti, le opere e la vita di questi visionari viene raccontata al cinema, spinta da una delle mostre che gli sono state dedicate dalla loro città natale.
“Ad ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà”
Sono parole che si aprono su uno scenario inedito che, attraverso interventi di critici, studiosi e autorevoli rappresentanti di ogni disciplina trattata nel docufilm, Klimt & Schiele – Eros e psiche, racconta anche le storie, spesso dolorose, dei geni del Secessionismo austriaco.
Ma Klimt & Schiele – Eros e psiche non è soltanto un documentario su due grandi artisti, è anche un vero e proprio viaggio nella storia appartenuta alla Vienna di fine Ottocento a dei primi decenni del Novecento.
Guidato dalla voce di Lorenzo Richelmy, il film esplora attraverso un suggestivo percorso espositivo le opere di Klimt che hanno fatto la storia dell’arte, immerso in Musei fra i più importanti al mondo: le sale dell’Albertina, del Belvedere, del Kunsthistorisches Museum, il Leopold Museum, il Sigmund Freud Museum e il Wien Museum.

Realtà culturali che si aprono agli occhi stupefatti del visitatore, il quale desidera conoscere la stagione artistica contrassegnata da quel fenomeno culturale definito come la Secessione viennese.
Periodo dove le vite di personaggi che hanno fatto la storia dell’epoca si intrecciano a quella dell’Europa, in uno scambio culturale che si è fatto testimone di un cambiamento epocale.
Frutto di una regia raffinata e di una fotografia precisa e limpida, che conferisce ai colori ed alle forme una sua unicità, Klimt & Schiele – Eros e psiche è documentario arricchito dalle straordinarie immagini delle decorazioni di Klimt come dalle linee più inquietanti di Egon Schiele.
Colme di un erotismo dirompente e sofferto che scaturisce suscitando nello spettatore un interesse che non è solo meramente artistico, ma è tema sviscerato dalla psicanalisi.
“Chi vuole sapere di più su di me, cioè sull’artista, l’unico che vale la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio” ‒ Gustav Klimt
Written by Carolina Colombi
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