Life After Death: l’intervista alle tre regine Didone, Cleopatra e Zenobia
Buongiorno a tutti, ci troviamo in un punto imprecisato del mare Mediterraneo, su una piccola imbarcazione che, per non fare torto a nessuno, non batte bandiera di alcuno ma nel caso dovessero servire le abbiamo prese tutte e le abbiamo infilate in una scatola che abbiamo provveduto ad imbarcare.
Voi direte: per quale ragione sono su di una barca?
Ecco, questo è una faccenda assai curiosa e, se non l’avessi vissuta in prima persona sarebbe anche di difficile spiegazione. Ve la riferisco così come è accaduta e vi assicuro che è tutto vero.
Tempo fa, ho preso la decisione di convocare tre grandi regine del passato per chiedere loro un punto di vista critico su come sono andate le cose al loro tempo e la verità sulla loro memoria tramandata dai posteri.
Quindi, non senza difficoltà, sono riuscita a contattare le loro maestà e ad averle tutte e tre insieme in questo luogo non luogo. La necessità di questa scelta è sorta dal non poter dire a nessuna delle tre che il loro regno non è più… come dire, per essere gentili: visitabile.
In codesto momento, se le correnti marine ci faranno la grazia di non fare bizzarrie, stiamo aspettando i velieri di Didone, Regina di Cartagine; Cleopatra, Regina d’Egitto e Zenobia Regina di Palmira.
Vediamo i tre velieri che si avvicinano e ci fanno cenno di appropinquarci ad un’isola che, vi giuro non esisteva fino a questo momento, è appena apparsa alle nostre spalle.
Sbarchiamo tutti e osservo le tre signore avvicinarsi accompagnate da tutta la loro corte.
Sul prato viene approntato un salotto improvvisato con cuscini e scranni.
Cleopatra ha dei bellissimi capelli corvini ed è abbigliata con un abito di lino in cui sono intessuti numerosi fili d’oro. L’intreccio del tessuto è tale che ricorda il riverbero del solo sulle acque all’alba di un mattino di primavera. Indossa pochi gioielli e si accomoda su due cuscini, su di un fianco appoggiando il peso del suo volto sul gomito sinistro.
Zenobia, invece, si accomoda su di uno scranno, poggiando morbidamente le braccia sui braccioli. È abbigliata alla maniera dei soldati ed è coperta dal suo mantello porpora fissato con una spilla a forma di conchiglia.
Mentre entrambe mi fissano con sguardo indagatore, Didone sta dando ordine di costruire delle pire, tre per l’esattezza. Non mi degna di uno sguardo ma fulmina le altre due che, di contro, ridacchiano della regina di Cartagine.
A.G.: Buongiorno Vostre maestà, scusatemi se vi ho fatte venire fino a qui, anche se qui non so esattamente dove sia. Ho chiesto alla redazione un posto neutrale per incontrarvi e… sapete, la Dott.ssa Mocci è sarda, credo abbia fatto apparire Atlantide, ma non è questo il punto.
Zenobia: Se non è questo il punto, allora qual è? Nel senso, siamo signore di tre grandi regni, una qualsiasi delle tre capitale sarebbe andata bene.
Cleopatra: A dir la verità, non saremo potuti andare a Cartagine. I romani l’hanno rasa al suolo e si sono sincerati di spargerci del sale sopra. Nulla cresce più sulle rovine. Peccato, doveva essere un posto così bello. Di sicuro dalle alture si potevano scorgere le navi che entravano e che, soprattutto partivano.
(La regina di Cartagine si volta di scatto)
Didone: Cosa vuol dire che l’hanno rasa al suolo?
Zenobia: Su, calmati tesoro. Ormai è fatta, prima ti abitui e meglio è.
A.G.: In realtà, ora esiste una città sopra Cartagine.
Didone: (Con rinnovato entusiasmo) L’hanno ricostruita?
A.G.: Non esattamente, sono passati dei millenni. C’è una città ma non è Cartagine, proprio no. Scusatemi ma sembra che vi conosciate bene, per me è una fortuna insperata!
(Lo sguardo della regina è afflitto e puntato verso il suolo. Didone si volta verso le pire e dà ordine di continuare a prepararle.)
Zenobia: Ci siamo incrociate qualche volta in delle serate nell’aldilà. La musona non è di gran compagnia ma io e Thea abbiamo molto in comune.
A.G.: Thea?
Zenobia: Sì, io la chiamo così. Siamo inseparabili, l’ho sempre detto che avremmo potuto essere parenti.
Cleopatra: Ho detto che non gradisco essere chiamata così in pubblico tante volte, mi sembra. E non siamo parenti nemmeno di striscio!
A.G.: Dicevo, vi ho fatto venire fin qui perché tutte e tre avete avute delle esperienze con i Romani e tutte tre avete combattuto, a modo vostro, per la vostra indipendenza.
Cleopatra: Perché non siamo andate ad Alessandria? La mia corte è splendida.
A.G.: Sì, mia signora, lo immagino ma… ecco… Alessandria non esiste più.
Cleopatra: Temo di non comprendere. Non credo che quell’idiota di Ottaviano l’abbia rasa al suolo, nemmeno lui è così… poco lungimirante, per usare un linguaggio gentile.
A.G.: No, ma non esiste più. La città conserva lo stesso nome ma non credo che assomigli più a quella che avete lasciato. Ci sono stati diversi problemi politici e non è esattamente il grande centro culturale che avete tramandato. Il faro e la biblioteca non esistono più. E nemmeno il palazzo.
Cleopatra: Immagino che, dato che è passato del tempo, sia normale anche se inconcepibile. A questo punto preferisco non sapere altro.
Zenobia: Almeno la mia capitale esiste ancora?
(momento di silenzio)
A.G.: No. O meglio, la città non è coperta da altre ma… da qualche anno, un gruppo di terroristi ha distrutto gran parte di quello che il tempo non si era portato via.
Zenobia: Ma Roma? Roma c’è ancora?
A.G.: Sì, Roma è ancora lì. Sarà cambiata da come la ricordavate ma in gran parte è quasi tutto al suo posto.
(sospiro di sollievo di Zenobia)
Cleopatra: Zenobia, cosa ti interessa a te di Roma? Non è di Palmyra che dovrebbe interessarti?
Zenobia: Io non ho mai avuto la pretesa che Roma risparmiasse la mia città, mi sembra strano che non l’abbiano rasa al suolo loro. Evidentemente una delle tre, qui presenti, sapeva dosare il suo fascino in maniera efficace.
(Le altre due si voltano di scatto verso la regina di Palmira, con sguardo di fuoco, e all’unisono parlano con un tono talmente stridulo che sembra di sentire le unghie su di una lavagna.)
Cleopatra e Didone: Cosa vorresti insinuare?
Zenobia: Io affermo non insinuo. La musona si è data fuoco perché un uomo aveva avuto un sogno e l’ha abbandonata per costruire Roma. Didone, svegliati, quello là ha sposato una meno problematica, pensi che se non fosse partito, avrebbe regnato con te? Sbagliato. Ma non sapremo mai se saresti stata una buona regnante perché hai scelto la via della vittima e ti sei immolata. Ti dico solo che Enea non si voltò nemmeno un secondo. Quindi, se lo scopo era farti fermare da lui, hai fallito. E tu, piccola Thea, hai regnato bene e questo te lo concedo. È andato tutto bene fino a che non hai puntato sul cavallo sbagliato. Dai, Antonio? Quel caprone a cui bastava un sorso di vino per diventare un toro imbizzarrito? Un goccio di potere e già era convinto di poter battere Ottaviano. Se proprio dovevi puntare sul gregario di qualcuno per rimanere libera, avresti dovuto scegliere Agrippa. Forse avresti tenuto il tuo regno.
(Le due donne sono furiose. Come c’era da aspettarsi, Didone da un’ordine, la pira avvampa e ci si getta sopra urlando vendetta. Nel momento in cui tocca le fiamme, sparisce nel nulla. Cleopatra rimane calma, o quasi.)
Cleopatra: Visto che non condividi le mie scelte, per quale ragione sei andata in giro a millantare una nostra parentela?
Zenobia: Tu dicevi di essere una dea per convincere il popolo ad ubbidirti, io dovevo essere te per costringere il tuo popolo a ubbidirmi. È la legge del potere, dovresti saperlo. Adattabilità è la parola che stai cercando.
Cleopatra: Io almeno non mi sono venduta.
Zenobia: Questione di prospettive. Hai provato ma hai beccato male. Ottaviano gradiva le giovani e soprattutto gradiva fossero illibate, almeno così dicevano, tu eri un po’ troppo navigata per lui. Scusami sai ma se voleva una gallina vecchia poteva rivolgersi alla moglie. Furba lei, che donna!
Cleopatra: Livia era peggio del marito.
Zenobia: Ed è rimasta viva. Tra le due, lei non è stata costretta, per ragion di stato o sussulto di orgoglio, ad uccidersi. E poi, suvvia, come l’hai fatta tragica… addirittura un aspide, avresti potuto farti uccidere da tuo figlio. Probabilmente lui avrebbe ottenuto un breve armistizio e tenuto l’Egitto. Forse, perché, ora che ci penso, due figli di Cesare sarebbero stati un po’ troppi sul trono di Roma.
A.G.: Scusate mie signore, stiamo degenerando. Io avrei voluto un incontro pacifico per poter trarre insegnamento e sapere come avreste affrontato il mondo d’oggi.
Zenobia: Tu credevi di poter mettere insieme tre regine come noi nello stesso posto, sperando che ste’ due bambine dal cuore debole, sarebbero state alla mia altezza? Oh dèi, tu non hai capito. Io ho governato come fece Augusto. A nessuno interessa delle contraddizioni di quello che fai se gliela spieghi come si farebbe con un bambino. L’importante, nella retorica, è avere ragione da vendere e al diavolo la verità. Le masse sono tutte uguali, la sopravvivenza è l’unica cosa che conta. Addentate un osso e non lasciatelo andare finché non si spezza e rotto quello, mordetene un altro.
Cleopatra: La Storia si ricorda di me!
Zenobia: Quale Storia? Quella che ti ritrae come una pastorella di bestie e pronta ad essere disponibile con chiunque? Sì, quel pezzo della tua storia la ricordano tutti. Alcuni ricordano del tuo grande amore per Marco Antonio, pochi ricordano che lo hai abbandonato nel mezzo della battaglia per non perdere la Tua flotta.
(La regina d’Egitto è come gelata sul posto. Si ala di scatto e se ne va, sparendo nel nulla.)
Zenobia: Vedi mia cara? La Storia ricorda che ho fatto impazzire più di un imperatore e non intendo sul lato amoroso. Io sono stata una guerriera e ho usato ogni arma di cui disponevo al meglio. Sono stata portata a Roma con un guinzaglio talmente lento che non avrebbe trattenuto nemmeno un elefante e lì ho vissuto a lungo e in pace. Bene, visto che ho vinto per abbandono, io andrei a ricostruire Palmira. Dispiacerebbe a qualcuno se prendessi un paio di pietre da Roma? Sai, è sempre stato il mio sogno usare ogni singola pietra di quel letamaio per qualcosa di utile.
(La regina sparisce mentre ancora sta parlando…)
A.G.: (ormai rivolta solo al timoniere) Adesso? Cosa me ne faccio di tre navi e di un’isola?
Timoniere: Adesso salviamo Roma!
Written by Altea Gardini
Photo “Cleopatra – Didone – Zenobia”
Cleopatra: Cleopatra sulle Terrazze di File (Detail) – Frederick Arthur Bridgman (1896)
Didone: Didone abbandonata – Andrea Sacchi 1630
Zenobia: Zenobia, queen of Palmyra – Sir Edward Poynter (1878)
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