“Zenobia l’ultima regina d’Oriente” di Lorenzo Braccesi: l’assedio di Palmira e lo scontro con Roma
“Visse in uno sfarzo regale. Veniva adorata in forme tipicamente persiane. Teneva banchetti alla maniera dei re persiani. Si presentava alle adunanze militari seguendo l’uso degli imperatori romani, potando l’elmo e indossando un manto purpureo ornato di gemme pendenti lungo le estremità delle frange, fermato del mezzo da una gemma a forma di conchiglia, apposta quale fibbia muliebre, e spesso lasciando le braccia scoperte.” ‒ HA Trig. Tyr., 30 13-14
Qualche anno fa, l’Isis asserragliò l’antica città di Palmira e commise un reato ben più grave di quello di essere simbolo di dei lontani: hanno privato la storia di parte delle sue bellezze e di verità ben più antiche di un libro sacro.
Questo fatto di cronaca e distruzione ha toccato anche Lorenzo Braccesi che ha deciso di scrivere un breve saggio sulla storia di Palmira e di una delle regine antiche che maggiormente ha influenzato la storia del suo tempo e l’immaginazione di tutti coloro che ne hanno sentito parlare.
“Zenobia l’ultima regina d’Oriente” è un saggio scritto, come ho già detto, da Lorenzo Braccesi ed edito per la Salerno editrice nel 2017.
“Palmira è una città celebre per il suo sito, per la ricchezza del suolo e per l’amenità delle acque. Il suo territorio è circondato da ogni parte da grandi estensioni sabbiose ed è come se dalla natura fosse stata separata dal mondo. Si trova infatti ad avere un destino proprio in mezzo ai due potenti imperi dei Romani e dei Parti, attirando l’attenzione di entrambi non appena sorge un conflitto.” ‒ Plinio, Nat., v88
Palmira fu una delle città carovaniere più importanti del mondo antiche e, come asserito da Plinio, uno dei nodi più importanti tra il grande Impero Romano e i Parti. La città sicuramente giovò della situazione, diventando una delle rotte commerciali più ricche del suo tempo.
Ma l’epoca che ci interessa è il III secolo, quando un condottiero di nome Odenato, fedele servitore di Roma, diventa il padrone della città. Ora, i titoli di cui Odenato si fregiò sono molteplici e Braccesi ci guida i questa intricata foresta di termini, alcuni volutamente ambigui, illustrando e facendoci comprendere che la città ha più volte oscillato sul filo del doppio gioco per accaparrarsi i maggiori favori da entrambi i regnanti che se ne contendevano l’attenzione.
Consorte di Odenato era Zenobia (in aramaico Bath-zabbai, in greco Ζηνοβία, in arabo az-Zabba e latinizzato Zenobia Settimia o Julia Aurelia Zenobia).
Sulla figura di Zenobia, come per tutte le grandi donne dell’antichità, sono state messe in circolo dicerie di ogni tipo. Conosciamo tutti l’avversione dei Romani verso le carismatiche regine orientali e le donne di una certa influenza, quindi non a caso, in alcuni autori romani, troviamo la parola prostituta al fianco del nome della regina.
Questa donna riuscì a tenere testa a ben tre imperatori, governando e amministrando il suo regno e riuscendo a conquistare molti dei territori ad esso limitrofi.
La regina, colta e capace, bisognosa di un’immagine che la legittimasse nella sua nuova veste di regnate di un grande territorio, si ammantò di altre identità ideologiche che le sarebbero servite a rievocare nei romani mitologiche inimicizie e più concreti vecchi problemi.
Dopo uno studio delle fonti, si può dedurre che Zenobia si ammantasse alla maniera di Didone. Zenobia, come la regina di Cartagine, si pone come figura vendicatrice in opposizione a Roma che le aveva portato via suo marito Odenato.
“Dopo la morte del marito Odenato, gravatesi le spalle di un manto imperiale, agghindatasi alla maniera di Didone, postosi inoltre in capo un diadema, resse il potere in nome dei figli Erenniano e Timolao” ‒ HA. Trig. Tyr., 30 2
L’altro modello a cui Zenobia, in conseguenza alla conquista dell’Egitto, farà riferimento è Cleopatra. Ultima tra le regine ellenistiche, antica spina nel fianco romano e rievocatrice degli antichi fasti dei Tolemei, in una vera e propria imitatio Cleopatrae.
Durante il suo regno l’ostilità con Roma divenne crescente, le continue conquiste di territorio romano procurarono diversi scontri con l’Impero e, l’ultima goccia fu la conquista dell’Egitto.
Cleopatra fu la regina d’Egitto, Zenobia si impossessò dell’Egitto e, come c’era da aspettarsi, l’imperatore Aureliano non era incline a rinunciare al grano di Roma.
Fu questo motivo a portare Aureliano alla fulminea corsa verso il regno di Palmira e alla guerra aperta tra i due regni. Perché Roma, impegnata nelle numerose guerre civili al suo interno, poteva essere disposta a rinunciare a qualche regione orientale ma non al suo granaio.
“Tu chiedi la mia resa, come se non sapessi che la regina Cleopatra preferì morire piuttosto che vivere […]. non ci mancano i soccorsi persiani, che ormai attendiamo prossimi, abbiamo dalla nostra parte sia i Saraceni sia gli Armeni. I predoni siriaci hanno già battuto il tuo esercito, Aureliano. Se dunque arriveranno le forze che attendiamo da ogni parte, dovrai di certo deporre l’arroganza con la quale ora mi intimi la resa.” ‒ HA Aur.,27 2-5
La conquista della città non fu facile e lo stesso Aureliano si trovava nella difficile, ed infamante per il suo Cursus Honorum, posizione di dover combattere una donna.
“I Romani dicono che io sto conducendo una guerra soltanto contro una donna, come se contro di me combattesse Zenobia da sola e con le proprie forze, e non piuttosto un nemico altrettanto ingente che se il mio avversario fosse un uomo, essendo però in lei di gran lunga più pericolosa la consapevolezza della sua colpa e il conseguente terrore.” ‒ HA Aur., 26 3-5
La presa di Palmira portò al primo processo ai vinti, vero primo precedente noto di quello che avverrà a Norimberga, in cui la regina Zenobia provò e in parte riuscì a sottrarsi alla pena capitale dando l’intera responsabilità delle sue azioni al suo consigliere, Longino, e agli uomini che l’avevano plagiata.
Questa fu la vigliaccheria di Zenobia: non ebbe il coraggio di accettare la morte e lottò con ogni mezzo per salvarsi la vita. Cleopatra, fece sì un tentativo disperato, ma accettando la sconfitta si impose la morte piuttosto che essere trascinata a Roma in catene.
Aureliano le salvò la vita ma la portò a Roma come prigioniera. Sembra che la regina esercitasse un certo ascendente sul suo carceriere tanto da condizionarne l’azione politica e l’immagine pubblica.
Braccesi ci dice che Zenobia, invece di vivere fino alla morte in carcere, visse come una qualsiasi matrona romana e le fonti ci tramandano che la regina, anche molti anni dopo la sua morte aveva ancora dei discendenti che facevano parte della vita politica dello Stato.
La figura della regina palmirena è davvero una delle figure più sfaccettate della storia e le mie parole ne colgono solo il sunto. Lorenzo Braccesi, con competenza e ferma mano ci restituisce un ritratto della regnante quanto più fedele possibile al reale, accompagnandoci tra le pagine di questa vita come un padre che esorta i propri figli a crearsi una propria idea su quello che fu nella storia.
Written by Altea Gardini