Intervista di Claudio Fadda a Giulio Ciani Bassetti: della vela, di Carlo Sciarrelli e dello Schooner Dragut
“Tra vent’anni sarai più infastidito dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. Perciò molla gli ormeggi, esci dal porto sicuro e lascia che il vento gonfi le tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.” ‒ Mark Twain

Lo scrittore e docente statunitense Mark Twain (pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens) fu anche pilota di battelli a vapore nel Mississippi, da qui deriva “by the mark, twain” (“dal segno, due” con sottointeso “tese”) che in slang della marineria fluviale segnala la profondità delle acque (due “tese” corrisponde a circa 3,7 metri).
Mi è sembrato opportuno presentarvi Giulio Ciani Bassetti con questa curiosità di uno scrittore che non solo ha scritto di mare e d’avventura ma che ha fatto della sua vita un’avventura sul mare.
Dalla carriera di velista e regatante che lo ha portato a partecipare a tre Middle Sea Race, alla vittoria di una Transadriatica sino all’amicizia con il Maestro Carlo Sciarrelli ed alla progettazione dello Schooner Dragut: eccovi Giulio Ciani Bassetti.
C.F.: Ciao Giulio ben approdato nella banchina virtuale di Oubliette! Vorrei iniziare chiedendoti come è nata e come si è sviluppata la tua carriera di velista e regatante?
Giulio Ciani Bassetti: Ciao Claudio, ben lieto di questo ormeggio! In verità ti confesso che nei miei inizi velici non c’è nessuna particolare gloria. Tutto ebbe inizio nel 1960 a Lignano sulla spiaggia: al massimo si navigava col dinghy di mio cugino. Assieme guardavamo i motoscafi, finché mio padre (che era un trentino) ci ha comprato un Flyng Junior. Abbiamo imparato da soli divertendoci tra fratelli. Due anni dopo, stanchi di questi puerili giochi siamo passati ad un QR-52°, Punta Secca, una passera cabinata in vetroresina disegnata da Giovanni Sigovich. Con questa barca abbiamo eseguito i primi tentativi di arrivo in Istria ed a Lussino con tutte le varie comiche da inizio esperienza che ti lascio immaginare. L’anno dopo con mia sorella e con l’aiuto di una carta stradale siamo riusciti ad arrivare a Spalato ed addirittura a ritornare senza creare disastri. La barca era molto veloce e così, forti delle esperienze passate, abbiamo iniziato a partecipare alle prime regate a Trieste. Qui principiamo a farci onore contro gli Alpa 7 e contro le più tradizionali passere, considera che i triestini avevano molta pratica perché da tempo partecipavano alle regate quindi per noi fu un inizio importante.
C.F.: Dalle piccole alle grandi barche, per poi passare ai classici e alle barche tradizionali. Come è nata l’amicizia con il Maestro Carlo Sciarrelli?
Giulio Ciani Bassetti: Conobbi Carlo Sciarrelli ai tempi in cui il “Maestro” era ancora un astro nascente. Conoscevo l’ingegnere Scardellato che fece costruire dal Mastro d’Ascia Piero Crosato ‘Alema’ 3° classe Rorc: mi sono imbarcato con lui ed abbiamo vinto la Transadriatica in assoluto 1970. Quell’anno correva anche Giorgio Falk con il Guia, che era stato appena varato. Abbiamo toccato il cielo con un dito. Dopo due anni di megaregate e la vittoria del campionato adriatico, mio padre ha deciso di comprare uno Show 29. Ed è così che abbiamo iniziato a navigare come matti! Ricordo che con Sergio Cravedi abbiamo vinto anche la prima 500 per due in classe e terzi in assoluto. Due anni dopo ho deciso di vendere tutto ed ho iniziato a correre in deriva Contender: conquisto un terzo posto ai Campionati Italiani! Non pago di queste esperienze ho chiesto a Piero Crosato di costruire un Flying Dutchman. Era bello, sì… ma fu un disatro! A questa sorta di disastro seguono le regate sugli Hobie 18 e campionati vari. Arriva poi quel gioiello, Orofino, realizzato con G. de Polo, un progetto Vallicelli quarta classe lor, costruito da Morri e Para. Con Orofino vinciamo due campionati italiani contro Elwstrom, con l’assistenza di Bortolotti. Ma anche dopo queste vittorie abbiamo deciso di vendere tutto ed imbarcarci in nuove barche e nuovi limiti da superare. Ed ecco che compare Windless uno Sciarrelli di 15 metri con il quale ho partecipato a tre Middle Sea Race a Malta, con Carlo a bordo. Ed è qui che inizia la mia profonda amicizia con il Maestro che si manifesta non solo nella passione verso le regate ma anche verso la conversazione. Si parlava di Dio, di pirati che avevano solcato i mari in tempi immemori e di altre cose. Non riuscivo ad afferrare tutto quello che Carlo diceva, intuivo… provavo emozioni, fantasticavo sulle sue parole.
C.F.: Le velocità impressionanti di Chica Boba, e le sfide con Carlo Sciarrelli. Come e perché nasce Dragut?

Giulio Ciani Bassetti: Ah… Dragut! L’idea della Barca di Dio non poteva che nascere da una provocazione all’uomo che tende all’infinito le sue possibilità creatrici. Ti dicevo… a bordo di quel 17 metri, il Chica Boba, in direzione Inghilterra ed all’incirca sull’aliseo del Portogallo ho iniziato a pungolare Carlo sulla possibilità di costruire un’imbarcazione più veloce del Chica Boba. Ricordo che Carlo mi disse: “non è possibile realizzare qualcosa del genere! Chica Boba è la più veloce!” Lì per lì non volli capire perché nella mia testa pulsava questa idea di maggiore velocità. Sapevo che poteva realizzarsi in qualche modo, ne ero così sicuro che continuai per tutto il viaggio a provocare Carlo. Il risultato? Il Maestro si chiuse per tre giorni nella sua cabina… nessuno dell’equipaggio osò disturbarlo. Stavamo tutti in attesa. Quando Carlo, al terzo giorno di reclusione, salì sul ponte senza badare ai convenevoli disse: “sì, è possibile ma per aver qualcosa di più veloce dobbiamo tornare indietro al 1736 e prendere ispirazione dai piani dello Schooner St.Ann”. Ed ecco come è nato Dragut. O meglio… il nome del veliero è stato dato successivamente… e confesso che la scelta del nome fu un dispetto che volli fare a Carlo perché lui voleva battezzare la Barca di Dio, come amorevolmente veniva da noi chiamata, con il nome di un santo cristiano. Ma durante la sua lunga costruzione, dal 1981 al 1985, a me fu chiaro il nome: doveva essere il corsaro Dragut ad impersonare la barca più veloce dei mari.
C.F.: San Nicolò è il prototipo di Dragut, e ha due asterischi. Perché?
Giulio Ciani Bassetti: San Nicolò nasce come prototipo di idea assoluta del Dragut. Ho prima commissionato questo prototipo a Carlo per rendermi conto del progetto finale. Che dirti? Bellissimo, perfetto. Infatti per questo motivo lo stesso Carlo l’ha segnato nella famosa striscia con due asterischi. Da lì il passo è breve, e venduto il San Nicolò si inizia la storia di Dragut.
C.F.: Piero Crosato ed il cantiere sul fiume Sile: perché non un cantiere più blasonato?
Giulio Ciani Bassetti: Ho scelto Piero Crosato non solo per il mio rapporto d’amicizia con lui, ma anche perché, essendo Dragut una barca derivata dagli scafi di lavoro americani ho reputato opportuno che fosse costruita da un Mastro d’Ascia che si occupava di scafi da lavoro.
C.F.: Eri preparato a navigare su uno scafo classico come Dragut? Come fu percepita la costruzione di una barca con la chiglia lunga, e le linee lunghe e strette con due alberi, quando i cantieri di tutto il mondo facevano l’esatto contrario?

Giulio Ciani Bassetti: In tutta onestà, non ero preparato a navigarci sopra. Dragut è una barca difficile per chi è abituato agli scafi contemporanei. Per farti capire: se il progetto è nato dal modello di un’imbarcazione del 1700 va da sé che per navigare con Dragut bisognava tornare indietro al 1700. Che ho fatto? Ho seguito l’ispirazione. Che hanno detto di me i miei colleghi velisti ed amici? Semplice: mi davano del pazzo! Poi in verità ho provato gradualmente a navigarci imparando pian piano da ogni errore… e dopo 20 anni di navigazione mi sono reso conto che non avevo ancora finito di imparare. Ripeto: Dragut è una barca difficile. Ero convinto di ciò che facevo, ma mi credi se ti dico che ero tremendamente solo? La realtà è che Dragut era il prodotto di una fantasia e dell’estro creatore di Sciarrelli con l’aggiunta del buongusto di mia moglie Giusy che ha messo mano al progetto per gli interni. Agli italiani non piaceva ma ricordo che ricevevo complimenti dagli inglesi che incontravo in navigazione.
C.F.: Dove hai navigato con Dragut, e dove avresti voluto navigare?
Giulio Ciani Bassetti: Da Venezia abbiamo navigato lungo le coste dell’Ex-Jugolasvia, Puglia, Calabria, Sicilia, Grecia sino alla Turchia. Dragut, poi, è rimasto qualche anno ormeggiato in Grecia. E qui apro una finestra: Sciarrelli aveva costruito Grande Zot nel 1983. Possiamo definire questa barca la sorella di Dragut, nata utilizzando i piani originali di Dragut e riadattandoli ad uno scafo in ferro da charter. Tu sai bene il materiale pregiato con il quale è stato costruito Dragut e non mi sono soffermato prima a parlarne ma penso sia necessario ora per informare i lettori. Dragut è quasi per la sua totalità costruito in cedro del Libano. Anche Grande Zot è un progetto interessante tanto che il famoso Eric Tabarly se ne innamorò e prenotò il noleggio per ben sette anni dopo esser andato ai Caraibi con la famiglia. Un fatto curioso è che anche io avrei voluto portare Dragut ai Caraibi, ci abitava mia sorella, ma il destino ha voluto che tornasse prima lei in Italia.
C.F.: Dopo un lungo periodo di disarmo hai deciso di vendere Dragut. Sei contento della vita che sta facendo oggi la barca?
Giulio Ciani Bassetti: Quando siamo rientrati dalla Grecia sentivo di essere un profeta inascoltato nel deserto morale della nautica moderna. Ho scelto di disarmare Dragut e successivamente ho deciso di metterla in vendita. Ho ricevuto diverse proposte ma ogni volta ho seguito il mio istinto che mi sussurrava di aspettare perché l’acquirente che avevo davanti non era la persona giusta. Poi sei comparso tu, Claudio! Mi hai dato nuova speranza, mi hai convinto e così ho deciso di venderti la barca. Per rispondere alla tua domanda: sì, sono felice della vita che sta facendo oggi Dragut, naviga ed è ben accudita.
C.F.: Qual è secondo te il futuro delle barche classiche, e dove ci sta portando l’innovazione delle barche moderne?

Giulio Ciani Bassetti: C’è una grossa crisi spirituale nella vela. Te ne accorgi guardando i nuovi naviganti. Dal mio punto di vista, io sono rinato con la vela al terzo, che mi ha dimostrato quanto Carlo Sciarrelli avesse avuto ai tempi ottime intuizioni sia dal punto di vista aereodinamico che da quello idrodinamico.
C.F.: Oltre che di vela sei un appassionato di architettura e storia.
Giulio Ciani Bassetti: Sì, di entrambe. Ho sempre ricercato il bello, l’architettura con le sue fattezze mi ha sempre fatto sospirare al cielo e la storia delle società umane è una continua strada che percorro e che apre nuove vie alla mia conoscenza. La bellezza è sempre una necessità dello mio spirito sin da quando ero fanciullo… altrimenti come sarebbe mai potuta nascere l’idea di Dragut? Cercavo il bello!
C.F.: Salutiamoci con una citazione…
Giulio Ciani Bassetti: “La vera pace di Dio comincia in qualunque luogo che sia mille miglia distante dalla terra più vicina.” ‒ Joseph Conrad
Written by Claudio Fadda
Info
Life After Death – Carlo Sciarrelli
Le métier de la critique – Dragut Rais