“Vincanti”, album dei Mé, Pék e Barba: un eterogeneo inno al vino

Un gruppo con 15 anni di storia che per qualche mistero è riuscito a sfuggire ai radar dei media nonostante abbia realizzato 6 album, un CD/DVD live e una serie di collaborazioni per cui molti potrebbero vantarsi per anni, senza contare i concerti in club e festival.

Vincanti – Mé, Pék e Barba

Vengono dalla provincia di Parma e, nella loro musica, c’è il folk emiliano che incontra il rock, la canzone d’autore ma anche il pop più raffinato.

La confezione dell’album “Vincanti” si presenta con un booklet corposo, così come ricca è la scaletta di 14 brani, un viaggio ispirato e dedicato al vino, in tutte le sue forme, e i brani possono essere sia visti come singole canzoni ma anche come episodi di un concept o uno spettacolo teatrale.

Ci sono due voci che si alternano, quella di Sandro Pezzarossa, con tonalità e intento da cantautore e quella di Michela Ollari, di impostazione più pop ma sempre al servizio della canzone.

Sono molti i riferimenti sonori dai quali è forse meglio non farsi distrarre troppo e seguire invece la narrazione.

“Vitalia” e “Riempi la tua testa di vino” sono brani in cui si assapora l’influenza della canzone d’autore più tradizionale, da De Andrè a Fossati, ma la prima sorpresa arriva con “Filastrocca”, singolo che unisce il folk a nuove influenze elettroniche e un’alternanza di voci e lingue, con ospiti di indiscutibile riguardo: Omar Pedrini, Puccia degli Après La Classe, Gigi Sanna per la parte in sardo, Franco Giordani in friulano e Dario Canossi dei Luf in lingua camuna.

La produzione artistica (e qui va un applauso per una delle poche donne producer che abbiamo nel nostro paese), è stata curata da Elisa Minari, bassista della band nonché un pezzo di storia del rock in Italia con un curriculum come musicista di tutto rispetto: dai Nomadi a Freak Antoni.

“Mi manca il bar” è più leggera, con uno sguardo allo stile surreale di Jannacci, una fisarmonica furiosa, il violino e un ritmo incalzante da festa popolare e quel classico folk rock che non risente delle mode. Il “Codice Cichero” è ispirata alle vicende dei partigiani, ma qui la storia viene raccontata con note nuove in cui emerge l’anima soul di Michela Ollari.

La narrazione prosegue anche nel successivo “Vinificazione” che vede alternarsi i due cantanti in un racconto popolare, che parte dalla Resistenza ma non segue gli schemi tipici di una certa canzone politica.

Mé, Pék e Barba

I Mé, Pék e Barba osano anche dal punto di vista musicale “Etichetta”, ad esempio, è un brano disco funk di gran classe che introduce un altro episodio molto particolare, “Peronospora”, dissonante e blues, con la ghironda di Domenico “Dido” Di Donna, chitarre distorte, un’invettiva contro un parassita che devasta le vigne e poi si trasforma in un brano di world music, riprendendo le parole di una poetessa persiana, cantate da Ala Azadkia.

L’apertura alle collaborazioni è una delle caratteristiche di questo gruppo numeroso ed eterogeneo, e in scaletta incontriamo di nuovo Omar Pedrini, questa volta anche in veste di autore oltre che di cantante in “Sarà festa (Una storia nel bicchiere)”, anch’egli grande appassionato di vino e a sua volta coltivatore, qui alle prese con sonorità reggae.

Chiude il disco “Ramezolfo”, ancora una volta punto di incontro tra folk e canzone d’autore, nello spirito di “Crêuza de mä” e del migliore De Andrè, ma sempre con un tocco personale che potrà piacere agli appassionati di entrambi i generi.

 

Written by Luca Dainese

 

 

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