“Il pianista di Yarmouk” di Aeham Ahmad: un pianoforte in mezzo alle macerie
Se cerchiamo su google immagini il nome di Aeham Ahmad, compaiono una serie di fotografie con un uomo al pianoforte e sullo sfondo le macerie di una guerra, case divelte e polvere; sembra quasi un fotomontaggio, un film.

Invece quell’uomo non è un attore, ma un protagonista attivo di Yarmouk, quartiere-città di Damasco, assediato da anni da una guerra complessa.
Il libro inizia proprio da quella immagine e per capire a fondo la tragedia che porta alle spalle, è necessario conoscere la sua vita, l’inizio di tutto. Quando era piccolo, la sua famiglia trovò accoglienza in Siria, nazione ospitale con i rifugiati palestinesi.
In quegli anni suo padre che era cieco, ma faceva il falegname, amante della musica, voleva per lui un futuro da grande pianista. Iniziarono così gli anni della scuola di musica, i lunghi spostamenti dal quartiere popolare a quello ricco, Aeham conobbe le differenze sociali, le rinunce e gli sforzi per raggiungere l’obiettivo del padre, non il suo.
Spesso avrebbe preferito giocare con gli altri bambini del quartiere, ma col tempo riuscì a capire che suo padre aveva ragione e la musica per lui era l’unico modo per salvarsi. Arrivarono gli anni burrascosi della primavera araba e gli echi si sentirono anche in Siria, le rivolte, i check-in, infine la guerra vera e propria e i continui bombardamenti.
La guerra e il suo evolversi, sono il sottofondo di una vicenda personale, quella di Aeham, “Il pianista di Yarmouk“, nome dato alla famosa fotografia, il titolo del romanzo edito da La nave di Teseo, pubblicato recentemente.
Il racconto non inizia subito con la guerra perché è necessario far capire che c’è stato un prima e un dopo, una vita piena di speranze e di ambizioni stroncata da una guerra difficile da spiegare. A tratti le vicende dei telegiornali si incrociano con quelle del pianista e grazie a lui ci riescono a capire degli aspetti meno noti, le difficoltà quotidiane che vengono affrontate dagli abitanti di Yarmouk e la morte così vicina che cammina con loro.
Si riesce a sentire il silenzio lungo quelle strade un tempo affollate, piene di gente e di negozi, silenzio che viene troncato dalle bombe e dai pianti di bambini. Aeham decide di non nascondersi e non piegarsi a tutto questo, decide di continuare a vivere non solo facendo crescere la sua famiglia con la nascita di un figlio, ma anche e soprattutto con la musica.
Un giorno con l’aiuto di amici, mette in strada il pianoforte e comincia a cantare i testi di poesie che compongono conoscenti e vicini di casa. Ben presto diventa una celebrità, molti vogliono cantare con lui e anche i bambini lo fanno.

In poco tempo dal silenzio nasce qualcosa e anche gli uccellini impauriti dai rumori della guerra, ritornano a volteggiare vicino a quel piano. È questa l’immagine del libro che ho apprezzato di più, non a caso il titolo originale è proprio “Und die Vogel werden singen. Ich, der pianist aus den Trummern“. È un titolo tedesco perché è in Germania che Aeham riesce a fuggire e a diventare quello che aveva sempre desiderato essere: un pianista.
“Io sono un pianista. Non ho mai sventolato bandiere. La mia rivoluzione è la musica. Quel giorno capii che doveva essere questa la lingua della mia protesta.”
Un libro che mi ha fatto commuovere, mi ha portato a capire una cultura molto diversa, mi ha portato a conoscere qualcosa di più su questa guerra di cui si parla così poco, ma è così atroce e sembra essere ogni giorno di più senza via di uscita.
Questo libro e il suo autore sembrano dire invece che una speranza esiste, sembrano dire che non bisogna darsi per vinti nelle tragedie. Il potere della musica e della poesia (nel libro ci sono vari testi delle canzoni di Yarmouk, veramente molto belli) riescono a dare un motivo per sopravvivere, un motivo per protestare ed appoggiare la fine della guerra in Siria.
Dopo aver letto questo libro non sono riuscita a guardare a quei fatti del telegiornale con gli stessi occhi e a vedere i rifugiati come un pericolo: un libro forte, necessario e per questo capace di emozionare.
Spero davvero che gli uccellini ritornino a cantare in Siria.
Written by Gloria Rubino