“Agrippina, la sposa di un mito” di Lorenzo Braccesi: la vera artefice dell’immagine di astro nascente di Germanico

OSSA

AGRIPPINAE M. AGRIPPAEF. DIVI AVG. NEPOTIS VXORIS

GERMANICI CAESARIS,

MATRIS C. CAESARIS AVG.

GERMANICI PRINCIPIS

Agrippina, la sposa di un mito

Finisce così la vita di Agrippina, figlia di Agrippa e di Giulia, nipote di Augusto e custode della politica e dell’anima della Roma di Augusto.

L’unica immagine che abbiamo si trova al Museo Capitolino a Roma, di cui l’esemplare più antico viene da Leptis Magna.

La sua esistenza è terminata ma la memoria del suo nome e della sua storia continua a riecheggiare nei secoli.

È Lorenzo Braccesi a restituirci il ritratto di questa donna che ha vissuto amando e lottando, portando il ricordo del marito come una corona fatta di fiori e di spine. Agrippina era una donna che, nonostante la consuetudine romana di escludere le matrone dalla politica pubblica, ha giocato le sue carte tenendo testa alla moglie di suo nonno: Livia Drusilla.

Agrippina, la sposa di un mito” è edito da Laterza nel 2015 ed è l’ultimo libro, non in ordine di pubblicazione, che compone il trittico delle donne augustee viste da Lorenzo Braccesi.

La nipote dell’autocrate di Roma inizia la sua battaglia molto presto. Aveva solo 10 anni quando la madre: Giulia, venne mandata in esilio a Pandataria, oggi Ventotene. Era anche la prole del celebre Marco Agrippa, già morto da tempo all’epoca della tragedia di Giulia, da cui ereditò gran parte della sua tempra che le sarebbe servita fino all’ultima goccia.

Fino a quando Agrippina non sposa Germanico, di lei sappiamo poco ma conosciamo la politica di suo nonno per quanto riguarda le donne della sua casa:

Educò la figlia e le nipoti in modo che si abituassero anche a filare la lana, e proibì loro di dire o di fare qualsiasi cosa se non in presenza di tutti, e in modo che potesse essere riportata nei diari giornalieri.‒ Svetonio. Aug. 64,2

Inoltre, Agrippina era ben instruita, sempre per premura di suo nonno, ma le veniva spesso ricordato di abituarsi a non parlare in maniera presuntuosa: la figlia di Giulia aveva ereditato la passionalità della madre, l’ingegno del nonno e aveva ben compreso chi e cosa avesse portato la sua genitrice alla sorte che le era stata imposta.

Fu fiera sostenitrice delle norme di austeritas e severitas dettate da Augusto e mai, se non dopo la morte di Germanico, ha dato la possibilità a chiunque di coglierla in fallo.

Nonostante la grande macchina del matrimonio atta a suggerire una successione al nonno, Agrippina ebbe la fortuna di essere data in moglie alla persona che amava e che ricambiava i suoi sentimenti. Un vero raggio di sole se si considera tutto quello che era accaduto alle donne della famiglia che l’avevano preceduta.

Lei e Germanico sarebbero stati il futuro del principato e unica possibilità, dopo la morte dei fratelli di lei: Gaio e Lucio Cesari, di ostacolare l’ascesa di Tiberio. Ma, come spesso accade alla famiglia che risiete sul Palatino, le cose non andranno affatto come previsto.

Agrippina fu la vera artefice dell’immagine di astro nascente di Germanico, si adoperò in modo che il marito fosse visto come la luce costante che, alla morte di Augusto, avrebbe protetto l’impero e che sarebbe stato lo scudo che avrebbe tenuto Tiberio alla larga.

Si mosse anche per salvare la madre e il fratello minore: Agrippa Postumo dall’esilio ma senza risultato e si dovette arrendere di fronte alla morte dell’unica persona che avrebbe potuto aiutarla.

Nel 14 d. C. Augusto si spegne lasciando il mondo in rivolta. Germanico e la moglie vivevano acquartierati tra le legioni sul Reno e, tra alti e bassi, saranno impegnati a sedare gli animi dei soldati in rivolta. Sembra che la stessa Agrippina abbia prima acceso gli animi per poi permettere a suo marito di placarli.

Le legioni urlavano a gran voce il nome di Germanico, lo volevano sul trono e non successore designato di Tiberio, ma egli decise, anche e probabilmente per proteggere la sua famiglia, di affermare la sua fedeltà all’erede designato.

Lorenzo Braccesi

Tutta la carriera e la vita dei due sposi inizia ad accentrarsi sull’Imitatio Alexandri (l’imitazione eroica di Alessandro Magno), ripercorrendo le sue tappe e, complici i crescenti malanimi di Germanico nei confronti di Tiberio, riportando, a quanto affermano le fonti, maggiori successi in ambito umano di quanti il macedone ne abbia mai avuti.

Vi era chi lo paragonava ad Alessandro per la prestanza fisica, per l’età, per il modo stesso della morte e per la vicinanza dei luoghi era spirato. Entrambi erano belli d’aspetto, di stirpe nobile, non molto in là dei trent’anni ed entrambi erano morti tra genti straniere per insidie dei loro familiari. Ma Germanico si era fatto conoscere umano con gli amici e temperante nei piaceri, aveva sposato una sola donna e avuto figli legittimi; non era da meno come condottiero, anche se alieno da gesti temerari e vittima di intralci nel soggiogare definitivamente la Germania, già fiaccata da tante vittorie. Se fosse stato arbitro dello stato con il titolo e il pieno potere di sovrano, tanto più prontamente avrebbe potuto pareggiare la gloria militare, quanto più la sopravanzava per generosità, per dominio di sé e per ogni sorta di altre doti dell’animo.” ‒ Tacito. Ann. 2, 73, 1-3

Ebbene sì, nonostante Agrippina siano stati la spada e lo scudo contro la politica incerta di Tiberio e le angherie attuate dalla sua persona verso i due sposi, Germanico, come Alessandro, muore lontano da Roma e con la consapevolezza di essere stato ucciso da Pisone e sua moglie Plancina: maschere ghignanti della volontà di Livia che non era, come abbiamo già visto, mai stanca di prevaricare la volontà del figlio e di esserne il braccio armato di veleno.

Le ultime parole di Germanico furono per i suoi amici, che avrebbero dovuto vendicarlo, e per la moglie. Pregava che la sua amata Agrippina capisse la situazione di pericolo in cui era costretto a lasciarla senza protezione e la implorava di frenare il suo animo e di piegare la testa.

Un amore, il loro, che avrebbe fatto impallidire lo stesso Antonio di cui Germanico era il nipote.

Agrippina, rimasta sola e con sei figli da proteggere, si ammanta del suo lutto e della fedeltà degli amici del marito, si erge come la vedova del nuovo Alessandro ed unico e vero erede del sangue di Cesare e Augusto. Non smetterà mai di lottare per far sì che tutti sapessero chi aveva ordito l’omicidio del marito.

Quando Tiberio, dopo la morte del suo unico erede di sangue e della madre, inizierà a lasciare il potere nelle mani del prefetto del pretorio Seiano, la vita di Agrippina e dei suoi figli, ormai unici eredi all’impero, diventerà un inferno.

Seiano, animato da sete di potere e ambizione, ricoperto della fiducia di un imperatore imbelle e senza più carattere, diverrà fautore dell’opera di Tiberio ordendo trame che manderanno a morte Agrippina, Druso e Nerone. La donna verrà mandata in esilio nella stessa isola che ospitava la madre, frustata a morte e lasciata a morire di stenti, privata di un occhio dalla cima dell’arma che la puniva; mentre i suoi figli maggiori verranno costretti alla fame e, dichiarati hostes (nemici dello stato), alla morte per suicidio o inedia.

Solo Caligola e sua sorella Agrippina Minore si salveranno dalla purga di Seiano. Il primo diventerà imperatore e la seconda moglie e madre di altri due.

Conosciamo tutti le atrocità di Caligola ma gli va riconosciuto il merito di aver ricondotto i resti della madre a casa, nel mausoleo di famiglia, al fianco all’amore della sua vita.

Ad imperitura memoria ci resta la lapide che suo figlio fece realizzare per commemorarla:

OSSA

AGRIPPINAE M. AGRIPPAEF. DIVI AVG. NEPOTIS VXORIS

GERMANICI CAESARIS,

MATRIS C. CAESARIS AVG.

GERMANICI PRINCIPIS

 

Written by Altea Gardini

 

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