“La bastarda di Istanbul” di Elif Shafak: Armenia e Turchia, fra passato e futuro, storie private e conflitti etnici

Sono pochi i romanzi che riescono a catturare l’attenzione del lettore, trascinandolo in mezzo alle pagine e impedendogli di staccarsene se non quando arrivati al termine, a quel punto che chiude definitivamente una storia ma lascia aperti innumerevoli spiragli di riflessioni.

La bastarda di Istanbul

Questo è ciò che accade leggendo i libri di Elif Shafak, illustre esponente della letteratura moderna turca, e soprattutto quello che accade con il suo La bastarda di Istanbul” (edito da Rizzoli).

Un romanzo corale e intimistico insieme, dove le voci sovrapposte dei numerosi personaggi (o dovremmo dire personagge visto che si tratta quasi esclusivamente di donne!) fanno da contenitore alle riflessioni individuali di ciascuno dei protagonisti, dei loro vissuti quotidiani che sono emanazione di un passato incancellabile e ineludibile per molti aspetti.

Il romanzo si apre con la tesa e struggente descrizione di una “passeggiata” forzata per le vie di Istanbul, sotto una pioggia battente, della protagonista Zeliha.

Non maledire ciò che viene dal cielo. Inclusa la pioggia. Non importa cosa ti precipiti addosso, non importa quanto violento il nubifragio o gelida la grandine: non rifiutare quello che il cielo ti manda”.

In questo incipit è racchiusa buona parte della trama del romanzo, laddove la stessa Zeliha dovrà accettare quello che il cielo le ha mandato, un figlio bastardo, un figlio al quale voleva rinunciare, del quale voleva liberarsi, ma che invece per volontà di Allah, sebbene lei sia atea, le rimarrà attaccato alla vita per sempre.

La bastarda di Istanbul” è la storia di due famiglie, di due culture, di due mondi, uno armeno e uno turco, che si mescolano e si contrappongono, che sottostanno agli scherzi della vita che ad un certo punto li porta a fraternizzare pur dovendo fare i conti con il passato, con quella storia che ha visto i due popoli in forte contrasto l’uno verso l’altro.

Armanoush e Asya sono solo due diciannovenni, la prima americana alla ricerca delle proprie radici armene, e l’altra turca, che vive a Istanbul in una famiglia di sole donne, la madre, tre zie, la nonna e la bisnonna.

Le due giovani si legano come solo a quell’età può accadere, e sarà questo legame adolescenziale a dar loro la forza di indagare e scoprire il segreto che lega le rispettive famiglie.

La Shafak sfodera tutta la sua maestria nel dare corpo e voce ai numerosi personaggi che animano questa complicata vicenda familiare, a descrivere situazioni e sentimenti con una abilità tale da rendere le parole emozioni palpabili.

E allora ci perdiamo nell’ascoltare i monologhi di zia Banu, la saggia di casa, oppure le ipocondriache lamentele di zia Feride o le insensate affermazioni della nonna Petite-Ma ormai in preda alla demenza senile.

Elif Shafak

La bravura dell’autrice si estrinseca nella capacità di mescolare la narrazione di una storia dai tratti tragici con la leggerezza delle descrizioni di piatti tipici della cucina turca, piuttosto che delle colorate e rumorose bancarelle dei bazar cittadini.

Come armena Armanoush incarnava lo spirito della propria gente da generazioni e generazioni, mentre a quanto pareva il popolo turco non possedeva la stessa nozione di continuità con la propria ascendenza. Armeni e turchi vivevano in ordinamenti temporali diversi. Per i primi il tempo era un continuum in cui il passato viveva nel presente e il presente generava il futuro. Per i secondi, invece, il tempo sembrava essere una linea spezzata: a un certo punto il passato finiva, e da quel punto cominciava il presente, e in mezzo non c’era altro che uno strappo”.

Una storia profondamente intima e privata che si intreccia con la storia pubblica di due popoli in eterna lotta fra loro, metafora delle lotte che anche all’interno delle famiglie spesso portano lacerazioni e conflitti insanabili.

Una storia dentro l’altra, un conflitto dentro l’altro, in un groviglio di emozioni che lasciano l’amaro in bocca e una consistente quantità di riflessioni sull’animo umano e sulle sue fragilità.

 

Written by Beatrice Tauro

 

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