Le métier de la critique: la storia del corsaro Dragut Rais, un uomo oltre il mito

Cranio rotondo, chioma folta a crespe naturali, collo carnoso, poca barba, labbra strette, naso perfettissimo, pomelli rilevati, liscia la pelle, e l’occhio fisso.‒ Abate Alberto Guglielmotti

Dragut Rais

I libri di storia per anni, a partire dal 1492 puntano la quasi totale attenzione alle politiche espansive degli stati europei verso le Americhe. Gli occhi del mondo odierno sono proiettati sulle scoperte di Cristoforo Colombo mentre il Mediterraneo è avvolto dal mistero di complotti, guerre e sodalizi tra reali, vescovi e pirati.

Uno dei personaggi che gravita in questo periodo storico e che ha notevolmente agitato le acque degli imperi è il celebre corsaro Dragut. Per entrare nelle dinamiche di questo grande uomo è necessario riepilogare brevemente il tessuto storiografico.

Nel 1492, la Spagna riesce a cacciare i musulmani dalla Penisola Iberica, dando inizio ad una politica di conquiste territoriali nell’Africa Settentrionale, con lo scopo di ottenere il dominio sul Mediterraneo.

Nel 1453 i turchi occupano Costantinopoli, ponendo fine alla lunga storia dell’impero Bizantino, e la guerra di corsa, condotta da raìs al soldo del Sultano, divenne uno degli aspetti più rilevanti della storia del Mediterraneo del ‘500.

Dopo aver conquistato anche i possedimenti veneziani e genovesi nel Mar Nero, la flotta turca muove verso Occidente. Nell’Egeo, la prima a cadere nel 1522, fu l’isola di Rodi, sede dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni, i quali la occupavano dal 1306. Da quest’isola, le galee dell’Ordine salpavano per contrastare l’avanzata turca, portando il Sultano Solimano alla decisione di espugnarla. L’assedio durò oltre 6 mesi, e costrinse i Cavalieri ad abbandonare l’isola.

Il Gran Magistero si appellò a Carlo V per ottenere la donazione dell’Isola di Malta. L’isola fu data in feudo perpetuo ai Gerosolimitani nel 1530, e da qui, le galee dell’Ordine, che prese il nome di “Ordine di Malta” ripresero la lotta contro i turchi e i corsari barbareschi in appoggio alle altre flotte cristiane.

Gli immediati successori dei potenti fratelli Barbarossa, furono i loro luogotenenti, scelti e cresciuti alla loro scuola.

Il primo fu Dragut

Pirata per i Cristiani, eroe per gli Ottomani, raìs della flotta, temuto e rispettato dai nemici. Lo stesso Andrea Doria, suo nemico giurato, chiamò il suo gatto “Dragut”, come testimonia un quadro conservato nella pinacoteca di Palazzo Ducale a Genova – La Superba.

Uomo di grandissima intelligenza e carisma, ha passato la sua vita sul mare a combattere, con rapide soste a Lampedusa e Djerba, dove si ritirava con le sue concubine. Un “Corsaro” che tuttavia poteva permettersi di scrivere direttamente ai personaggi più potenti dell’epoca: Enrico II, Solimano il Magnifico, Filippo II, Andrea Doria, re e viceré con un savoir-faire non proprio da pirata.

Nato a Karabağ, in Anatolia, attorno al 1485. Il suo vero nome era Turghud Alì.

La storia della sua infanzia è legata più alla leggenda tramandata dagli storiografi suoi contemporanei che alla realtà. Ci rifacciamo così a quanto narra Giacomo Bosio che nel XVI sec. che riporta la versione più dettagliata della giovinezza di Dragut: “Egli era uno dei pochi capi della marina turca che fosse nato musulmano. I suoi genitori erano contadini, ma quella vita oscura e faticosa, mal di conveniva al genio potente e ambizioso del giovane Dragut”.

Secondo la leggenda, all’età di 12 anni Dragut scappò di casa e si arruolò a bordo di una nave corsara turca, probabilmente accettando l’ingaggio come mozzo su una delle imbarcazioni che al comando dei tanti raìs che battevano le coste.

Bosio arricchisce la nostra storia, secondo la quale Dragut sarebbe stato notato per caso da un capo cannoniere al servizio del Sultano, che, colpito dal suo aspetto e della sua spavalderia, avrebbe chiesto al padre il permesso di condurlo con sé al Cairo, dove Dragut crebbe alla scuola dei giannizzeri, le guardie personali del Sultano.

Alla morte del cannoniere, Dragut si sarebbe poi trasferito ad Alessandria, dove si è imbarcato su un vascello diretto a Djerba, allora covo di pirati e corsari di Barberia, dove entrò in contatto con Sinan, il rinnegato giudeo, e Acsac Raìs, detto Lo Zoppo.

Con loro Dragut in breve tempo acquisì fama di buon pilota, e di eccellente cannoniere, e in breve tempo divenne proprietario di una galeotta da lui stesso catturata, con la quale cominciò a battere le acque del Levante.

La fama delle sue imprese non tardò ad arrivare alle orecchie di Khayr al-Din, detto Barbarossa.

Invitatolo ad Algeri, e svelto nel giudicare i talenti, gli affidò il comando di 12 galere e lo inviò nel Mediterraneo per la fortuna del Sultanato e sua.

Così continua Bosio: (egli) non lasciò trascorrere una sola estate senza devastare le coste di Napoli e della Sicilia, e non tollerò mai che i vascelli cristiani tentassero di passare tra la Spagna e l’Italia, giacché ogni volta non mancava di intercettarli, e se glie ne sfuggiva qualcuno, egli faceva onorevole ammenda dandosi a colpi di mano sul costato…”

“Ritratto di Andrea Doria con il gatto Dragut” – Anonimo veneto

Col passare del tempo, i suoi successi divennero così intollerabili che nel 1540 l’Imperatore Carlo V decise di inviare un ordine speciale ad Andrea Doria, in quel periodo impegnato nella lotta contro la pirateria nel Mediterraneo, ordinandogli di sforzarsi ad ogni costo e con tutti i mezzi per “purgar i mari da un tale intollerabile flagello”.

Fu tuttavia suo nipote Giannettino Doria a catturarlo, sorprendendolo in Corsica, nella baia della Girolata, mentre era intento a spartire un bottino relativo a una serie di incursioni tra Toscana e Liguria.

Per una volta Dragut fu preso alla sprovvista, e dopo una lotta selvaggia ma senza speranza, fu costretto ad arrendersi. Non rinunciò tuttavia ad insultare personalmente Giannettino Doria, che lo fece incatenare ai remi della sua galea, dove passò i successivi 4 anni.

La storia narrata dal Bosio si fa a questo punto poco chiara, e ci viene in aiuto Monsieur de Boudreille, signore di Brantôme, coevo di Dragut e Andrea Doria, combattente sulle galee dell’Ordine di Malta, il quale ci narra di uno scambio di battute avvenuto a bordo della Superba, la galea capitana della flotta di Andrea Doria, fra Dragut e il Gran Maestro di Malta Jean Parisot de La Valette, probabilmente alla fine del 1542.

De La Valette fu fatto prigioniero da Dragut nel 1540 durante uno scontro navale in cui la sua nave si ribaltò, e fu poi scambiato dopo un anno con un altro prigioniero turco, schiavo di un cavaliere di Malta.

Avuto modo di salire in visita a bordo della Superba, de La Valette riconosce Dragut tra gli schiavi incatenati, e, toltosi il cappello, gli avrebbe rivolto queste parole: “Messer Dragutto, spiacente. Usanze di guerra”.

Alle quali Dragut avrebbe risposto: “Y mudança de fortuna”.

I più sicuri documenti di archivio custoditi a Genova ci narrano invece che la notte tra il 14 e il 15 febbraio del 1543, Dragut ed uno schiavo turco riescono a liberarsi dalle catene e a fuggire dalla Superba, alla fonda nel porto di Genova, senza lasciar tracce.

La mattina dopo, Andrea Doria fa redigere due editti pubblici: il primo per informare la popolazione della fuga del pericoloso corsaro. Il secondo per offrire una taglia per la sua cattura.

Non si hanno tuttavia notizie di ciò che avvenne dopo l’emanazione dei due proclami, mentre l’ipotesi del pagamento di un riscatto di 3500 ducati viene confermata dalle autobiografie di Giovanni Andrea Doria e di Antonio Doria, rispettivamente figli di Giannettino e Andrea.

Ancora i documenti di archivio dei Lomellini, ricchi banchieri genovesi, confermano le trattative avvenute tra gli stessi banchieri, Barbarossa e Carlo V per la liberazione di Dragut, allo scopo di salvaguardare il possesso dell’isola tunisina di Tabarka, ricca di banchi di corallo rosso.

La somma che è stata sborsata per la liberazione di Dragut è veramente notevole, se consideriamo che il prezzo per il riscatto di un prigioniero di rango si aggirava a quei tempi tra i 100 e i 150 scudi d’oro.

Ma Dragut… non era davvero un uomo “normale”.

Non appena libero, Dragut riprende le sue scorrerie nel Mediterraneo, e Andrea Doria si rimette in caccia.

Nel 1551 ebbe nuovamente occasione di beffarsi del Doria a Djerba.

Doria salpa da Genova il 6 marzo con 11 galee, per unirsi a Napoli con altre 4 galere di don Garcia de Toledo e 3 di Antonio Doria. La flotta prosegue per Messina, Palermo e Trapani, dove Doria viene a sapere che Dragut si trova nella baia di El Kantara, a Djerba, dove è intento a spalmare le sue navi.

Raggiunta l’isola il 12 aprile, Doria trova la flotta di Dragut intenta a carenare le navi nella baia di El Kantara, in una posizione non facile da attaccare, a causa della ridotta larghezza dell’ingresso della baia.

“Lo sbarco di Dragut a Malta” dipinto di Eugenio Caxes, 1575-1634 – Museo Navale di Istanbul

Dragut era intrappolato nella baia, con le navi in secca, e senza possibilità di uscita. Doria era sicuro di prenderlo per fame.

Dragut avvistata la flotta nemica comincia un potente fuoco di sbarramento, che impedisce ai genovesi di sbarcare, e studia un piano di fuga geniale.

Creando una serie di diversivi per distogliere l’attenzione della flotta genovese, recluta gli abitanti di Djerba e fa scavare un passaggio nella bocca occidentale della baia, ostruita da un banco di sabbia.

Fece poi alleggerire le navi smontando cannoni alberi e attrezzature per diminuirne il pescaggio, e con alcuni alberi e pennoni costruì dei falsi bersagli da posizionare nell’ingresso della baia per far credere alla flotta nemica che i vascelli fossero ancora al loro posto. Durante la notte tra il 19 e il 20 aprile, Dragut attraversa il canale di Adjim, prendendo il largo verso il mare aperto. Era rimasto bloccato appena 8 giorni.

Al Doria, che subì un cocente scacco, non rimase che inviare una relazione al viceré di Spagna, per comunicare quanto accaduto.

Dragut riprende le sue scorrerie nel Mediterraneo, sino al 2 marzo 1565, data dell’inizio dell’assedio di Malta, quando Solimano il Magnifico invia quasi tutta la flotta turca, al comando di Mustafà pascià e Pyale pascià all’attacco dell’isola. A loro si unirono gli altri Raìs, compreso Dragut con 35 navi.

L’attacco si svolse da terra e dal mare, ma il principale baluardo di difesa dell’isola fu il Forte di Sant’Elmo, assieme al forte di San Michele.

Le forze a disposizione del Gran Maestro de La Valette erano di appena 6141 uomini contro una forza di 45.000 turchi.

Ben consapevole che la caduta di Malta avrebbe causato anche la fine del suo Ordine, il Gran Maestro organizzò la difesa dell’isola in modo da poter resistere il più a lungo possibile per dare il tempo al vicerè di Sicilia di organizzare una spedizione di soccorso.

Il 2 giugno, mentre una tempesta di fuoco si abbatte sul forte di Sant’Elmo, che sta per cedere, Dragut giunge a Malta, e subito si reca ad incontrare Mustafà pascià, senza farsi scrupolo di contestare il piano di attacco all’isola.

Per 10 giorni Dragut organizza una serie di manovre di accerchiamento del forte, ed una finale manovra diversiva fingendo un abbandono dell’isola con una trentina di navi per ingannare de La Valette. Ritornò la notte del 18 giugno, sbarcando sul lato meridionale del Grande Porto, così da colpire il lato delle mura rimasto indenne, e impedire l’arrivo dei rifornimenti al forte.

Ma a seguito della messa in azione delle nuove artiglierie avvenne l’imprevisto: una scheggia rimbalzata da una cannonata colpì Dragut alla testa, ferendolo gravemente.

Continua il racconto Monsieur de Boudreille:

“Una cannonata opportunamente sparata dal Cavaliero del Castello San’Angelo, e non dalle proprie batterie Turchesche, come alcuni vogliono – non essendo verosimile che l’artigliaria loro sparasse all’hora, con tanto rischio de’ principali Capi dell’esercito – fece saltare diverse pietre, una delle quali, per salute di Malta, e per liberare le marine Christiane dal più infesto et dannoso Corsale Infedele, che mai sia stato, percosse Dragutto Pascià nello capo, verso la destra orecchia. E non fu il suo gran turbante bastevole a difenderlo sì, che la percossa non fusse subito giudicata mortale, sputando egli sangue et havendo incontamente perduta la parola. Et avenga che Mostafà Pascià al padiglione suo, subito coperto portare lo facesse, comandando ch’el male suo fosse tenuto secreto.”

Dragut Rais – Istanbul

Il bombardamento di Sant’Elmo continuò sino al 23 giugno, e terminò solo con la resa del forte.

Dopo la conquista del forte di Sant’Elmo, gli attacchi si concentrarono sugli altri bastioni dell’isola, ma gli assediati, sotto la guida del Gran Maestro opposero una valorosa resistenza, infliggendo loro gravissime perdite e sfibrandone la capacità di combattere. Il 6 settembre, una grande spedizione di soccorso guidata da don Garcia sbarcò a Malta, e l’11 settembre, Mustafà pascià fu costretto a ritirarsi subendo gravissime perdite.

Secondo Bosio, Dragut spirò a Gozo il 25 giugno 1565 quando gli giunse la notizia della caduta del forte di Sant’Elmo.

Con la sua morte a Malta, si compì la profezia che era stata fatta a Dragut da una indovina molti anni prima: “morir doveva anch’egli di morte violenta, nelle Terre della Religione”.

 

Written by Claudio Fadda

 

Bibliografia

“Storia della pirateria” – Philip Gosse (Casa editrice Odoya, 2008)

“Dragut Rais” – Roberto Moresco (Debatte Editore, 2014)

 

Info

Le métier de la critique: Andrea Doria

 

7 pensieri su “Le métier de la critique: la storia del corsaro Dragut Rais, un uomo oltre il mito

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *