“Van Gogh tra il grano e il cielo” di Giovanni Piscaglia: quel desiderio di diventar un pittore di fama mondiale
“La gente dice che è difficile conoscere se stessi, ma difficile è anche dipingere se stessi…”
In questi giorni di primavera tardiva un nuovo film evento si affaccia nelle sale cinematografiche italiane. Prodotto da Nexo Digital in collaborazione con 3D Produzioni, Van Gogh tra il grano e il cielo è, come le precedenti pellicole dedicate al mondo dell’arte, di notevole spessore testimoniale. In quest’occasione il film celebra Van Gogh, figura mitica, nell’accezione più autentica che tale termine esprime.
Van Gogh tra il grano e il cielo fruisce dello sguardo singolare e straordinario del regista Giovanni Piscaglia, sguardo rivolto all’esistenza di un uomo, le cui qualità non sono contenute solo nelle opere da lui realizzate, ma anche nella passione che ha impresso alla sua arte e allo studio indefesso riversato in essa.
Uomo dall’animo travagliato, diventato icona di ogni tempo, Van Gogh si è battuto con tenacia per realizzare il suo più grande desiderio: diventare un pittore, nel significato più puro che la definizione contempla. Quando, agli inizi della sua carriera, in veste di predicatore presso i minatori del Borinage (Belgio), raffigura le famiglie dei minatori che lì consumano le loro povere esistenze, ne fa un tratteggio, molto vicino al vero, esplicitato dalle loro espressioni spente e dall’atmosfera grigia delle abitazioni.
Ed è attraverso le sue opere, quale per esempio I mangiatori di patate (1885), che il pittore manifesta l’empatia per il dolore e la fatica di questi lavoratori della terra, partecipando alla loro durissima condizione.
“Cerco disperatamente la strada per rendere un servizio a Dio… non faccio altro che pregare…”
Dalla natia Olanda, in cui vede la luce nel 1853, Vincent Van Gogh si trasferisce a Parigi, città nella quale entra in contatto con l’impressionismo, diventandone un eccellente esponente. Ed è sul finire dell’Ottocento che l’Impressionismo si afferma come corrente artistica di sicura innovazione, un momento artistico che risponde a un’esigenza di rinnovamento, la quale mette in discussione i principi dell’arte tradizionale.
Gli impressionisti, infatti, nelle loro rappresentazioni, si ispirano all’unicità e all’irripetibilità del momento descritto. Gli oggetti e le figure non sono definiti da una linea netta a tracciarne i contorni, al contrario, tendono a confondersi in un mondo penetrato dalla luce e dalla materia. Perché i soggetti ritratti non sono delimitati dal vuoto, ma circondati dall’aria, altra materia che rinfrange la luce e attribuisce a essi nuove tonalità. Quindi, per gli impressionisti, la rappresentazione pittorica non necessita di tratti grafici intesi in senso tradizionale, ma del colore, che permette alla tela di adeguarsi alla mutevolezza delle condizioni di luce, per farsi fedele riproduzione del reale.
Un’impressione, un’istantanea, la percezione momentanea e unica di un paesaggio, in una determinata atmosfera, è ciò che gli impressionisti si impegnano a fissare con pennellate rapide e sicure. Da qui la enunciazione En plein air, ovvero un novello modo di figurazione pittorica, la quale prevede di lavorare all’aperto e non negli atelier come la tradizione esige.
Gli impressionisti, perciò, non possono che prediligere le immagini nate dall’osservazione diretta della realtà. Ed è soprattutto sui paesaggi che si concentrano, lì, dove i mutamenti dovuti alla variabilità della luce si fanno più evidenti. Impressioni dunque, parola da cui viene coniato il termine impressionismo.
Ed è corrente artistica che Van Gogh sente come propria e a cui aderisce in maniera incondizionata, tanto da diventarne una delle figure maggiormente rappresentative. Pur distinguendosi da altri esponenti.
Si differenzia, infatti, da Monet, Manet, Sisley, Pissarro e Gauguin per il potente soggettivismo che imprime ai suoi lavori. Perché Van Gogh, non soltanto è fedele alla realtà, ma la studia e ne dà una rappresentazione personale, in quanto corroborata dal proprio universo emotivo come dal suo momento umorale.
“L’umanità è ciò che ci tiene tutti legati…”
Van Gogh, però, non desidera servirsi delle forme espressive e del colore semplicemente per esplorare nuove idee, ma soprattutto per esprimere il proprio sentire.
In lui, l’attrazione esercitata dal mondo visivo è molto forte; si considera infatti un ‘uomo della natura guidato dalla mano della natura’ e, negli anni maturi, immerso nei colori della Francia meridionale trasforma le sue emozioni in splendide immagini della realtà che lo circonda. La natura per Van Gogh ha sembianze miracolose, soprattutto lì, dove il cielo, colmo di stelle è simile a gorghi di energia, i quali vanno a riempire lo spazio pittorico.
Ogni sua rappresentazione paesaggistica, il paesaggio è il suo soggetto preferito, di campagna o di città o dell’amata Provenza che siano, diventano interpretazioni assolutamente individuali. La struttura dei suoi dipinti è dinamica, i cieli non sono sereni ma solcati da un turbinio di nubi, mentre il sole e la luna irradiano di giallo le sue tele. In altre circostanze, invece, un semplice campo di grano può essere elemento sinistro di una natura matrigna.
Van Gogh fa del colore un uso del tutto nuovo: tocchi marcati dalla pasta cromatica densa, con colori usati spesso allo stato puro, dove la pennellata costruisce l’immagine con segni frenetici, talvolta incisi con l’estremità del pennello.
A differenza dei romantici che comunicavano le emozioni con una pittura legata alla tradizione, Van Gogh lo fa tramite il colore che, associato a tecnica e disegno, offre al mondo dell’arte un’importante innovazione stilistica.
In continua crisi esistenziale Van Gogh sviluppa una pittura drammaticamente evocativa; in un primo tempo rivolge la sua attenzione a temi sociali, per approfondire poi un discorso pittorico introspettivo in cui, sia la pennellata come i colori e la composizione stessa, riflettono i suoi sentimenti in rapporto vivo con la natura. Si può quindi affermare che la pittura di Van Gogh lancia un messaggio forte e appassionato, elemento questo manifestato nel film Van Gogh tra il grano e il cielo; la carica espressiva custodita in ogni suo quadro è, infatti, rivelatrice della vera essenza dell’uomo, prima che del pittore.
Nel 1888 Van Gogh si stabilisce ad Arles. Raggiunto in un secondo tempo da Gauguin, in cui ripone molte aspettative professionali e di ordine affettivo, sembra trovare un nuovo equilibrio. Purtroppo, le aspettative riposte nella presenza di Gauguin vanno presto deluse, a causa di incomprensioni caratteriali e differenti punti di vista artistici.
Grazie alla sua grande sensibilità Van Gogh aveva pensato a un’intesa totale e sincera, ma quando Gauguin se ne va, il pittore cade in preda a una forma di delirio.
Veder naufragare un’amicizia su cui aveva puntato molto è un episodio che segna il pittore olandese nel profondo, tanto da indurlo a mettere in atto un gesto rovinoso e sconsiderato come quello di tagliarsi il lobo di un orecchio.
Da quel momento la sua pittura diventa un grido di disperazione, un mezzo per comunicare il suo malessere esistenziale, che da adesso in poi si esprime in contrasti di colore dalle atmosfere più cupe. È un periodo questo in cui dipinge molti ritratti. Volti dall’espressione malinconica e dolente che danno la misura della sua sofferenza.
Helene Kroller Muller era una grande collezionista e amante di tutte le opere di Van Gogh. Ed è anche grazie all’ampia collezione da lei raccolta, che è stato possibile realizzare una narrazione filmica che racconta di uno dei pittori più amati di tutti i tempi.
“Helene era una donna ricca, che si trasferì con il marito in Olanda. Amava la letteratura, la filosofia… e incontrò l’arte per caso. Scoprì quella che sarebbe diventata la sua passione e la sua consolazione: la pittura di Van Gogh…”
In viaggio tra Milano, Roma e Firenze la Muller acquistò circa 300 opere del pittore olandese, tra disegni e dipinti.
“Firenze supera le mie aspettative. Santa Croce è una chiesa molto bella, ne è valsa la pena…”
Fra la Kroller-Müller e Van Gogh, due persone che in vita non si conobbero; Van Gogh infatti morì nel 1890, quando Helene aveva solo 11 anni, si stabilì comunque una comunione d’intenti. Più che altro, quella che si venne a creare fra i due, nonostante la diversa epoca in cui vissero, fu un’intensa unione spirituale, o meglio una tensione verso l’assoluto. Altro elemento sostanziale che li unì fu la ricerca di una dimensione religiosa e artistica totalizzante, allo stato puro, dove l’essenza individuale di entrambi fu il filo rouge che legò due persone così diverse tra loro.
“La sua rilevanza non consiste nelle sue opere piacevoli… la sua rilevanza sta nel toccare le corde dell’umanità…”
Vittime di un loro universo interiore dominato dall’inquietudine e dal tormento, entrambi trovarono modo di esprimersi attraverso un considerevole numero di missive, diventate poi fonti storiche insostituibili ed elemento suggestivo ricorrente nella narrazione del documentario. Le lettere scritte dai due, furono risposta, almeno in parte, ai loro numerosi interrogativi, ed offrirono loro una forma di pacificazione all’angoscia dei loro animi.
“Helene scrive più di 3000 lettere, proprio come van Gogh… dove racconta come ama l’arte e come questa la conforti…”
Nelle sale e nel parco del Kroller-Müller Museum, sito a poca distanza da Amsterdam, sono state realizzate una serie di riprese dove le opere del grande olandese sono esposte per magnificarne il talento. Museo nato per volontà della Muller, che ha voluto celebrare l’arte di un pittore eccellente e di un uomo dotato, oltre che di rara abilità artistica, anche di grande umanità. Aspetto questo molto ben evidenziato dalla pellicola, grazie all’occhio attento degli addetti alla realizzazione del film. A completamento del docufilm interventi di autorevoli critici d’arte, inclini a studiare il mondo artistico di Van Gogh, i quali permettono allo spettatore di fruire di un ulteriore elemento al fine di conoscere in maniera più completa un illustre rappresentante del genere umano, un uomo che è andato oltre le convenzioni, lasciando infine un importante segno del suo passaggio su questa terra.
Personalità fra le più interessanti dell’impressionismo francese Van Gogh non riuscì a mantenere un distacco fra la sua vita e la sua opera, indicando ai pittori a lui successivi, attraverso le percezioni filtrate dalla sua tormentata personalità, il modo di rendere l’arte originale e personale, e non meramente rappresentativa.
La narrazione filmica è corroborata dall’importante presenza, quale insostituibile commento, ripresa nella chiesa di Auves-su-Oise, che Van Gogh dipinse qualche settimana prima di suicidarsi, dell’attrice Valeria Bruni Tedeschi che, con toni altamente evocativi, fa partecipe lo spettatore delle vicende toccate in sorte sia a Vincent Van Gogh come a Helene Kroller-Muller, in un parallelismo di non facile scansione temporale a unire le due esistenze.
Le lettere, tradotte in italiano, inviate da Vincent a suo fratello Theo, presenza di grande rilievo nella vita di Van Gogh, sono state messe a disposizione da Guanda Editore.
Ad accompagnare un film di così ampia caratura testimoniale, l’eccellente colonna sonora di Remo Anzovino, creata ad hoc per suggerire un adeguato livello interpretativo, emotivo e culturale, della pellicola.
“Nel 1890, nei suoi ultimi giorni di vita, nella casa di cura, Van Gogh dipinge ‘sentiero di notte in Provenza’. L’opera, secondo i critici, trasmette il senso di una morte violenta…”
Written by Carolina Colombi