“L’illusione della conoscenza” di Steven Sloman e Philip Fernbach: ci crediamo intelligenti ma non sappiamo come funziona il water

In questi giorni, lo scienziato Stephen Hawking  è stato ricordato da molti associato alla seguente frase: “Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione della conoscenza

L’illusione della conoscenza

Questa frase contiene una profonda verità, non solo in campo scientifico, dimostrata nel saggio L’illusione della conoscenza. Perché non pensiamo mai da soli, edito nel 2018 da Raffaello Cortina editore.

I due studiosi americani di scienza cognitiva Steven Sloman e Philip Fernbach ci dimostrano come l’uomo sia più ignorante di quanto pensi e il fatto di esserne cosciente fa sì che la collettività sia un aiuto per il progresso.

Il libro è molto interessante, va letto con molta attenzione, visto che ogni capitolo si collega all’altro, ma spesso è divertente visto che vengono citati esperimenti “banali” che in realtà non lo sono per niente. Si inizia con la descrizione del modo di pensare e di immagazzinare la conoscenza per poi spingersi in vari ambiti dallo sport alla politica.

La mente può immagazzinare al massimo mezzo byte di memoria e quindi la conoscenza non avviene attraverso la memoria se non in piccola parte: imparare intere poesie come facevamo a scuola non è sinonimo di intelligenza e non aiuta a vivere meglio, anzi la sintesi è quello che ci aiuta di più nella vita quotidiana e scientifica.

La connessione tra causa ed effetto, riconoscere le funzioni basilari di comportamenti scientifici, selezionare le cose importanti, riuscire a comunicare con l’ambiente che ci circonda, scambiare informazioni con gli altri: queste sono buone pratiche per elaborare conoscenze nuove ed utili per la società.

Se chiediamo di disegnare una bicicletta, molti di noi non saprebbero disegnarla correttamente e la copertina del libro (l’immagine di una bicicletta dove manca l’unione tra asse dei pedali e ruote) è un esempio  di come non ricordiamo e non conosciamo affatto l’uso di oggetti comuni.

Ad esempio non conosciamo il funzionamento del water anche se si basa su un concetto elementare dei vasi comunicanti e lo usiamo tutti i giorni. Non importa conoscere come funzioni un oggetto anche se lo utilizziamo frequentemente visto che ci sarà un professionista che sarà in grado di aggiustarlo per noi nel momento del bisogno.

In molti siamo convinti di saperne abbastanza per fare da soli e l’esempio della tragedia di Castle Bravo del 1954 ci fa capire che basarci sulle nostre forze mentali può essere un grave errore e mette in pericolo vite umane.

Il genio non è una persona intelligentissima, ma colui che sa osservare e mettere insieme varie conoscenze per risolvere un problema: ha l’intuizione e non si affida soltanto alle cose che sa, ma anche alle conoscenze altrui, ammette di non sapere e chiede agli altri di colmare le sue lacune.

Steven Sloman – Philip Fernbach

Lo sviluppo della società non nasce dal singolo individuo, ma dal sapere comune, per questo quando crediamo di pensare da soli, in realtà siamo sempre influenzati da conoscenze condivise, da pensieri riportati di cui crediamo di conoscerne le fondamenta.

Siamo più simili ad un alveare, ognuno con le sue conoscenze a servizio dell’altro, sempre più specializzati in qualche materia, mentre spesso il pensiero comune vuol farci credere di essere soli a fare scelte e ad operare nella nostra realtà quotidiana.

L’illusione della conoscenza non è un nemico soltanto in ambito scientifico, ma è un pericolo per l’umanità: ogni giorno il fatto di credere di sapere ci salva dalla paura delle scelte e quindi agire con pressapochismo è un bene; in ambito politico non ci fa discutere a fondo un problema, non viene analizzato un programma elettorale e ci si affida alle parole degli altri o di conoscenti senza capirne i concetti base. Per questo motivo si vota sulla fiducia più che sulle reali conoscenze di problemi e soluzioni.

Per fortuna la scienza cognitiva riesce a metterci in guardia di fronte ai meccanismi della nostra mente e ci fa capire come avviene il pensiero e come pensiamo in funzione del mondo esterno.

I due scienziati ci fanno capire che il nostro pensiero è più superficiale di quanto si creda e per questo possiamo fare errori terribili.

Questa lettura mi ha fatto capire quanto sia necessaria la scienza cognitiva soprattutto nel mondo moderno, dove la condivisione del pensiero e delle nozioni sembra essere alla portata di tutti e i falsi miti sono dietro l’angolo.

 

Written by Gloria Rubino

 

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