iSole aMare: Emma Fenu intervista Claudia Zedda in un percorso di parole che culminano nell’identità

La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?

Claudia Zedda

Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.

Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.

Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.

Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.

Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.

Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.

Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.

Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.

Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.”  – Emma Fenu, “L’isola della passione”

Isole Amare.

Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.

Isole da Amare.

Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.

iSole aMare.

Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.

Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.

La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.

La rubrica è stata inaugurata dal musicista sardo Paolo Fresu.

Oggi è il turno di Claudia Zedda, scrittrice di saggi etnografici, quali Creature fantastiche in Sardegna” e  “Est Antigoriu”, del romanzo, ambientato in Sardegna, “L’amuleto” e del libro per ragazzi “Rebecca e le janas”. Cura tre blog “KalarisWeblob”, “EssereFreelance” e  “BottegaKreativa”, è appassionata di fotografia e collabora con “Radio Golfo degli Angeli”.

Ha risposto con entusiasmo all’invito ad un’intervista atipica, basata sulla definizione di quattro parole: isola; tradizione; innovazione; identità.

 

Isola

Claudia Zedda libri

Chiamo la Sardegna Isola, ma con la I maiuscola, a sottolineare che la mia Sardegna non è un’isola qualsiasi ma è l’Isola. Quando le do forma, me la immagino come una donna, una madre, più spesso come una nonna che sa essere incredibilmente generosa e tremendamente spietata. Per lungo tempo ci siamo ignorate, poi un giorno mi ha chiamata e ho scelto di rispondere. Raccontami, mi ha chiesto. Non lo ha chiesto a parole ma in forma di profumi e di sapori, di paesaggi e colori e io ho ascoltato e accettato. Raccontare di Sardegna è per me come raccontare di mia madre, quella originaria e antica. Ed essendo io sua figlia, mi sento un po’ Sardegna, un po’ Isola anche io.

 

Tradizione

Se l’Isola è la nostra terra intesa come patria fisica e culturale, luogo d’origine ma anche come elemento materiale, la tradizione siamo noi. È quel noi che alle volte non vediamo ma c’è. È il nostro passato, ma ben si adatta, se mescolata al giusto grado di innovazione, al nostro presente e ci aiuta a delineare il nostro futuro. Quando racconto i miei libri che sono fatti di tradizione popolare sarda, dico sempre ai bambini ed agli adulti che la tradizione sono le nostre radici e, conoscendo le nostre radici e riprendendone consapevolezza, staremo retti e ben piantati a terra. Non ci sarà vento di maestrale o di scirocco che soffiando ci possa far traballare perché le nostre radici sono ben agguantate alla terra. La tradizione, d’altronde, se conosciuta e apprezzata genera un senso di appartenenza e di identità forte e benevolo dal quale nasce inevitabilmente la fierezza di appartenere alla genia sarda. Per questo racconto la tradizione: per divulgarla, per far si che bambini e adulti se ne innamorino ancora, per far si che adulti e bambini tornino ad essere fieri d’essere figli di Sardegna. E dalla fierezza consapevole nascono sempre buone cose.

 

Innovazione

Durante gli anni dell’università, ho a lungo studiato il fenomeno culturale dell’innovazione che potrebbe sembrare il nemico primo della tradizione. In realtà, sono due elementi che collaborano alla crescita umana: l’una conserva, l’altra adatta adeguando i fenomeni culturali al presente. Senza adattamento i fenomeni culturali diventerebbero obsoleti e quindi scomparirebbero. La tradizione mai innovata diventerebbe relitto culturale e verrebbe presto dimenticata. Per cui è indispensabile conoscere la tradizione a fondo e con sicurezza e, quando è richiesto (per necessità propria, stimolo esterno o bisogno culturale), si può proporre innovazione. Quello che non accetto è l’innovazione ignorante. Quella che innova non sa bene cosa perché non conosce la tradizione. Una frase mi ha sempre guidato durante i miei studi. È di Gustav Mahler e dice più o meno così: “Tradizione non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco”. Ecco, io cerco di custodire il fuoco che è un mix di tradizione e innovazione.

 

Identità

Claudia Zedda

L’identità è un concetto strano, difficile da raccontare, difficile da concepire. Dirò qui cosa è per me l’identità, la mia identità, e a chi legge lascio l’arduo compito di definire la propria. Premetto che il racconto non sarà completo perché la mia identità è in costante evoluzione ma ha delle pietre portanti e dei rami di sostegno che mi consentono di camminare diritta lungo la mia strada senza perdere mai il senso, senza dimenticare mai da dove sono partita e dove mi propongo di arrivare. Identità è la mia famiglia, i suoi odori a tavola, i suoi principi morali, la sua etica, la sua sostanza. Identità è il mare di casa mia, e la salsedine che d’estate, quando ti asciuga sulla pelle te la fa salata e ruvida, ma bella di una bellezza selvaggia. Identità sono le mie montagne e i miei boschi che nascondono acqua dolce e janas. Identità è il profumo di elicriso e il giallo brillante dell’iperico. Identità è il vento di maestrale che pulisce e rinnova. Identità è il cielo stellato di notte, che brillante come lo vedo da casa mia, quando tutte le luci si spengono: ecco brillante così non esiste altrove. Identità è la mia lingua che mi racconta meglio di come possa fare io stessa. E la lingua sarda non è parole, è suoni, di quelli che ti piacciono e ti sono dentro ma non sai spiegare perché. Identità è la mia Isola, le sue tradizioni, le sue innovazioni. Identità è me stessa, il mio giardino, la mia forza.

 

Written by Emma Fenu

 

Info

Sito Claudia Zedda

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

OUBLIETTE MAGAZINE
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.