Intervista di Cristina Bucci a Leonardo Borrelli: dai Mersenne a Luis Leo

Leonardo Borrelli ex cantante, chitarrista e compositore del gruppo indie Mersenne, pubblica con Urtovox “Stolen Dresses” nel 2005, preceduto da un EP autoprodotto, “Fishes Say Blu Blu”, nel 2003.

 

Luis Leo

Dopo lo scioglimento della band entra nel giro artistico di Lucio Dalla grazie anche alla composizione del brano “Anche se il tempo passa”. Dopo questa esperienza nasce la voglia di lavorare a brani con testi in Italiano unendo l’indie power-pop dei Mersenne a sonorità a tratti più vicine al punk.

Gli ascolti variano dai più conosciuti Arcade Fire, Interpol, Radio Dept, ai meno conosciuti, Deerhunter, Wild Nothing e Beach House, senza dimenticare i gruppi seminali delle origini come Pixies, Pavement, The Notwist e Deus.

Nel 2014 forma il progetto Luis Leo e chiude nove canzoni nel primo album ufficiale che è uscito il 5 gennaio 2018 dal titolo Dell’essere liberi (La Sete Dischi 2018).

 

C.B.: Raccontaci un po’ di te: chi sei e come ti sei avvicinato alla musica.

Leonardo Borrelli: All’anagrafe Leonardo Borrelli nato e cresciuto a Bologna, classe 75’. Alla musica mi ci sono avvicinato un po’ per caso, per colpa o per merito di un infortunio al ginocchio che mi tenne fermo per un po’ di tempo all’età di 16 anni.  In quei mesi iniziai a fare pratica con una vecchia chitarra acustica che avevo in casa, complice anche il ragazzo di mia sorella più grande che già suonava in una band, e da li nacque la passione. Era una cosa divertente e  mi dava la possibilità di riprodurre la musica che ascoltavo in quel periodo dai Nirvana agli Smashing Pumpkins. Non avevo proprio voglia di fare altro. Mi esercitavo tutti i giorni e forse ad oggi è l’unica cosa che abbia mai fatto con una certa dedizione. Gli anni dell’università dove ho conosciuto i Mersenne sono stati formidabili e molto intensi. Con loro ho avuto la possibilità di espandere di molto i miei gusti musicali e quindi l’idea di musica che avevo in testa. Non c’erano i social e tutto veniva vissuto in modo diverso forse più umano non lo so. A pensarci oggi è strano perché non riusciamo più a vedere un mondo senza telefonini e social. Purtroppo quella storia si è interrotta lasciando spazio alla voglia di fare qualcos’altro che sarebbe cresciuta lentamente negli anni successivi.

 

C.B.: Come nascono le tue canzoni?

Dell’essere liberi

Leonardo Borrelli: Nasce quasi sempre prima la musica con una melodia senza parole. Lavoro subito su qualche idea di arrangiamento per creare delle atmosfere/emozioni per poi lasciarmi ispirare. Lascio maturare tutte le musiche per un periodo e lentamente escono le parole come il frutto di ciò che quelle musiche mi stavano suggerendo. Correggo e ricorreggo finché non sono in grado di cantarle davanti a qualcuno. Questo di solito è il test finale e mi fa capire che ciò che ho scritto mi va bene e mi rappresenta.



C.B.: Come sei arrivato a pubblicare questo “Dell’essere liberi”?

Leonardo Borrelli: Un giorno mentre riascoltavo alcune cose registrate mi sono uscite per la prima volta delle frasi in italiano che ci stavano bene. Ho iniziato a prendere appunti e, frase dopo frase, ho capito che avevo proprio voglia di scrivere in italiano. Mettermi in gioco davanti ad un pubblico in grado di capire ciò che stai dicendo e anche giudicarti nel bene o nel male, era senza dubbio la maturazione che stavo cercando e di cui avevo bisogno. Questo disco nasce subito dopo quella fase in concomitanza di un viaggio a New York dal quale ritornai determinato e con le idee molto chiare. Ho scelto quindi le canzoni che mi piacevano di più e gli appunti sono diventati testi. Fondamentale anche l’incontro con Michele Maraglino della Fame dischi, che ha creduto in questo progetto e lo ha reso possibile. Niente si fa da soli.

 

C.B.: Cosa ti aspetti dalle tue canzoni e da questo disco?

Leonardo Borrelli: Questo disco è la base che mi serve per passare oltre. Un inizio che mi ha concesso di prendere confidenza con un mondo musicale nuovo al quale non ero abituato. Spero che le canzoni piacciano e che le persone possano conoscermi meglio anche grazie ad esse, ma non ho particolari aspettative. Non mi interessa più la fama né il potere derivante da eventuali successi mediatici, tanto meno la ricchezza. Mi interessa essere me stesso e continuare a suonare, se ci sarà di più lo accoglierò come evento inaspettato e quindi ancora più gratificante.

 

C.B.: Ti piace la definizione “cantautore” rispetto alla musica che fai?

Leonardo Borrelli: Non ho nessun pregiudizio riguardo all’essere un cantautore semplicemente non sono abituato a sentirmi chiamare cosi. Provengo da un mondo musicale dove la figura principale era la Band, all’interno della quale potevano esserci più persone in grado di apportare idee compositive o anche solo pareri utili e determinanti in grado di fondere tutto in un’unica entità chiamata appunto Band. Mi piace di più l’idea di essere dentro un gruppo in grado di portare idee diverse perché è proprio da queste diversità che, a mio avviso, possono uscire canzoni capolavori. Poi è chiaro che per motivi pratici oggi è più facile comporre da soli e che sia solo una persona a scrivere i testi, possibilmente colui che li canterà e li interpreterà. È anche un modo per essere più credibili in quello che si fa.

 

C.B.: Pensi che un giorno il grande pubblico possa apprezzare molto di più i contenuti come nella tua musica o si resterà sempre ancorati a una sorta di superficialità almeno nella musica che fa grandi numeri?

Leonardo Borrelli: Credo di sì a patto che certa musica di qualità venga promossa di più e meglio. La gente non è stupida affatto e quando sente una bella canzone che ha il suo senso di essere, a prescindere di chi sia, la riconosce anche se non fa parte dell’intellighenzia musicale italiana. Nonostante questo viene trattata da stupida perché non è la gente che decide cosa va in radio o in televisione. Guarda ad esempio uno come Vasco Rossi che ha riempito stadi per anni ed è riuscito ad arrivare alla gente normale attraverso il suo linguaggio; hanno provato a clonarlo per anni con dei surrogati ma non sono mai riusciti nell’intento. Ripeto la gente non è stupida, se tratti la musica in modo serio ti segue seriamente se invece la tratti come un giochino per fare soldi veloci allora le persone perderanno interesse e poi vedi artisti che vincono San Remo che hanno difficoltà a suonare dal vivo. Ma va’!!! Stiamo vivendo tra l’altro un bellissimo momento di rinascita musicale e questo anche grazie l’appiattimento totale e generale che c’è stato fino al 2008. Questo porterà a fare sempre meglio. La qualità media si alzerà inevitabilmente frutto dell’esperienza del presente e soprattutto figlia di artisti nuovi non troppo collusi con le Major. Artisti in grado di potersi esprimere liberamente e di portare nuova linfa vitale alla discografia italiana. Per quello che riguarda i testi forma e contenuto si avvicineranno sempre di più. Oggi che non si vendono più i dischi abbiamo la grande opportunità di essere noi stessi e scrivere le canzoni che ci piacciono senza troppi compromessi, accontentandosi magari di fare una carriera musicale meno sfarzosa, ma forse è meglio così.

 
C.B.: La musica è ancora importante?

Luis Leo

Leonardo Borrelli: Si certo. La musica è importante anche quando tu non sei più importante per lei. È come una droga di cui non puoi fare a meno. Un amore incondizionato. Fare musica è un piacere fine a se stesso e non è necessariamente collegata all’essere famosi. Si fa di base come piacere personale con in più la possibilità che possa diventare, nel migliore delle ipotesi, un lavoro.

 
C.B.: La vera magia scatta dal vivo, quando potremo sentirti live?

Leonardo Borrelli: Sì la vera magia è proprio dal vivo ma non so ancora quando inizierò a suonare in giro. Ci stiamo lavorando con l’etichetta e credo che saremo pronti per la prossima primavera estate. Non ho fretta anche perché vorrei aggiungere delle canzoni nuove, a cui sto lavorando, per avere più materiale da proporre dal vivo.

 

C.B.: Lasciamoci con un sorriso: raccontaci un aneddoto divertente dietro questo disco.

Leonardo Borrelli: Un paio di anni fa ho avuto un problema all’orecchio serio e non riuscivo a sopportare i volumi troppo alti. Adesso ci rido ma all’epoca ero un bel po’ preoccupato perché non sapevo che cos’era e perché non riuscivo ad ascoltare la musica come volevo, né cantare… insomma un casino. Sta di fatto che durante le registrazioni in studio non riuscivo a sostenere il volume dell’amplificatore e allora il fonico Andrea Suriani mi diede delle cuffie giganti tipo quelle che usano gli addetti dell’aeroporto sulle piste di atterraggio per proteggersi dai rumori altissimi degli aerei, con sotto gli auricolari del telefonino. Ho sempre in mente la mia immagine riflessa allo specchio con queste cuffie giganti, ahahahha. Per fortuna poi ho risolto il problema, ci vuole anche quella.

 

Written by Cristina Bucci

 

 

Info

Recensione album “Dell’essere liberi”

 

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