“Giulia, la figlia di Augusto” di Lorenzo Braccesi: non una Meretrice, non una Santa ma se stessa
“Celebre è il nome di Némesi, celebre è il nome di Cinzia;/ Vespero e le terre d’Oriente conoscono Lìcoride,/ e sono molti a chiedersi chi sia la nostra Corinna.” ‒ Ovidio – L’arte di amare

Ho incontrato Giulia, la figlia di Augusto, molte volte nella mia vita: prima a scuola, poi nelle opere.
Ho sempre avuto la sensazione che, nonostante fosse una delle donne che più riluceva sotto le luci del principato, fosse anche una delle più sfuggenti.
La prole del primo imperatore di Roma è stata ammantata da toghe imporporate di fango e illazioni, le più, senza alcun fondamento.
Chi restituisce il vero volto di Giulia, ora a distanza di secoli, è Lorenzo Braccesi. Già professore ordinario di Storia greca nelle Università di Torino, Venezia e Padova, ha dedicato la sua vita alla ricerca sulla colonizzazione greca e alla diffusione dell’ideologia e della propaganda nel mondo antico.
Braccesi in questo volume, edito per Laterza nel 2012, intitolato: Giulia, la figlia di Augusto, svela e analizza la vita di questa donna attraverso lo specchio delle fonti che di lei hanno parlato.
Uno specchio che è sorretto da Ovidio, Cassio Dione, Livio e, probabilmente, da Iullo Antonio in un’opera perduta. Sono molte le opere che a noi non sono arrivate, per vari motivi, ma qualche frammento di storia è ancora capace di parlare.
Chi era davvero la figlia di Ottaviano Cesare, futuro Augusto, imperatore di Roma e Padre della Patria?
È molto difficile parlare di lei, come per quasi tutte le donne romane, escludendo gli uomini che hanno popolato la sua vita, ma attraverso loro ne scaturisce un ritratto forte, fiero e lontanissimo da quella donna fedifraga e di facili costumi gratuiti che ci viene riferita dalla storiografia convenzionale.
Giulia è nata e cresciuta senza sua madre. Perché? Lasciate che, in questo caso, vi risponda Dione:
“era già innamorato di Livia, e per questo ripudiò, nello stesso giorno del parto, Scribonia che gli aveva dato una bimba.”
Giulia venne affidata al padre e da lui fu cresciuta insieme alla sua nuova moglie: Livia Drusilla.
Fu un problema, per suo padre, che non fosse nata maschio?
Probabilmente, ma Augusto non si lasciò abbattere da questa circostanza anche se, il suo pragmatismo, non fu sufficiente a mantenere in atto il matrimonio con la madre.
La giovane prole del futuro autocrate di Roma vivrà sul Palatino, nel palazzo del padre, in compagnia dei figli di Livia e di quelli di Ottavia, sorella di suo padre.
Ma se a Roma la nascita di una femmina è accolta con freddezza, in Oriente le cose cambiano. La nipote di Giulio Cesare viene celebrata a Lesbo come: “A Giulia, figlia di Cesare, a lei Afrodite Genitrice.
In futuro, nella casa paterna, si aggiungeranno anche i figli, o meglio la figlia, di Cleopatra e Antonio: Cleopatra Selene, mentre del suo gemello Alessandro Helios spariranno le tracce.
In questo clima, certamente promiscuo sotto molti aspetti, cresce Giulia. Verrà educata, come tutte le donne di famiglia da Livia, a rispettare la facciata ferrea imposta dalla giovane macchina imperiale e, da illustri tutori, all’amore per l’arte, la letteratura e la retorica.

In tutto e per tutto figlia di suo padre ma predestinata, in quanto donna, ad essere il messo della successione al trono.
Giulia, come la famosa Aurora delle favole, cresce in grazia e beltà ma, presto, dà segni di insofferenza al regime di austerità proposto da Augusto. I primi segni si avvertono quando la ragazza sposa Marcello, suo cugino e prediletto di suo padre.
Giulia acquista la sua emancipazione e inizia a creare attorno a lei la sua cerchia di letterati e uomini illustri della vita romana.
La sorte le porterà via il primo marito e suo padre la donerà in sposa ad Agrippa. In questi anni nascono i primi pettegolezzi, in questi anni la trama scandalistica della capitale inizia il suo lavorìo.
Ma, attenzione, Giulia non è una sprovveduta. Giulia non è una ragazzina sciocca. Giulia sta rivendicando la sua femminilità e il suo diritto a coltivare i suoi interessi e le sue passioni.
Sta diventando una delle donne più influenti di Roma, in alcuni casi, perfino più di Livia.
L’impero, ancora in uno stato embrionale, sta già subendo la sua prima diatriba generazionale: ai giovani del nuovo corso della politica di Roma mal si adatta il regime di compromesso, tra vecchio e nuovo, che Augusto ha scelto come linea di governo. Giulia diventa ben presto la bandiera di questa fazione.
La figlia di Augusto ha avuto degli amanti? Certo. Non era l’unica e nemmeno la prima. Lei stessa non ha mai negato:
“Non prendo passeggeri se non quando la nave ha fatto il pieno.” – Macrobio
Non c’era situazione in cui non fosse in grado di difendersi con arguzia e ironia, persino quando il suo interlocutore era suo padre.
Macrobio, in alcune pagine dei Saturnalia, ci restituisce una donna sagace e con la battuta sempre pronta. Un giorno Augusto le rimproverò che la veste, indossata il giorno precedente, non fosse degna di sua figlia:
“Quanto è più conveniente questo abbigliamento per la figlia di Augusto!“ A Giulia non mancarono le parole per scolparsi: “Oggi mi son fata bella per gli occhi del padre, ieri per quelli del marito.”
Questa fulgida beniamina della società, inizia a manifestare pubblicamente il suo apprezzamento per i costumi orientali, complici Iullo Antonio, suo amante e figlio di Marco Antonio, e Cleopatra Selene, sua amica e moglie del re di Mauretania.
Fu Iullo a manovrare l’attenzione della sua amante per la sua causa che riportava in auge la memoria del padre suicida e nemico di Augusto? Furono le grandi imprese di Achille e Alessandro a spingerla fino alle porte di Troia?

Questa era Giulia: una donna che usava la testa e diceva quel che pensava con eleganza e, a volte, eccessiva sfrontatezza.
Oramai adulta, indipendente e con due figli adottati pubblicamente dal suo augusto genitore, forse, pensava di essere immune dalle trame ordite dalla moglie di suo padre. Con ogni probabilità, fu proprio questo il suo errore.
Dopo la morte di Agrippa, fu sposata a Tiberio. I due non si sopportavano ma, non potendo deludere le aspettative dei genitori, dopo un periodo di accordo tutto precipitò.
Le sfrontatezze e l’irrispettosità nei confronti del marito diventarono più evidenti e pubbliche, le frequentazioni con Iullo Antonio, e i suoi amici letterati, più traboccanti di ellenismo e elementi orientalizzanti che la situazione degenerò.
Nel II a.C. Giulia viene travolta dallo scandalo che la porterà in esilio a Pandataria, odierna Ventotene, e da lì assisterà alle tragedie della sua famiglia. Suo padre la privò di ogni piacere, ma la fece poi trasferire a Reggio. Tiberio, alla morte dell’autocrate, la lasciò morire di stenti per ripagarla delle umiliazioni a suo discapito.
Giulia, i cui soli peccati sono stati essere donna e avere un cervello pensante, è stata usata dal suo stesso padre per mantenere in vita Roma; quando credeva di aver dato tutto per dovere, pensando, a torto, di poter assumere il suo ruolo nella politica romana, è stata allontanata e la sua memoria umiliata.
Non sapremo mai se ci fu davvero una congiura a monte del suo esilio e della morte di Iullo Antonio ma, quello che è certo, è che se fosse vero: fu l’amore di suo padre a salvarle la vita mentre fu l’odio di Tiberio e Livia ad ucciderla.
Written by Altea Gardini