Selfie & Told: il cantautore Riccardo Cesari racconta il suo album #doveeravamorimasti

“Al saloon dei tempi andati/ C’è un’antica dama bianca/ Mentre fuma la sua vita/ Nei suoi sogni è ancora bionda/ Si ricorda gli occhi azzurri/ E un amore troppo vecchio/ Quando la vita le sorrideva/ Nel riflesso di uno specchio/ Al saloon dei tempi andati/ Lo sceriffo senza stella/ Sta narrando onore e gloria/ Ma la storia non è vera/ Un bicchiere sempre pieno/ La sua sola compagnia/ Mentre giorni troppo vuoti/ Se lo stan portando via// […]” ‒ “Saloon dei tempi andati

Riccardo Cesari

Eccomi qui, Riccardo Cesari, “32 anni + IVA”, cantautore emergente. Di cosa significhi per me emergente ne parliamo dopo, intanto vi basti sapere che dopo anni di note su pezzi altrui e altrettanti anni di chitarre appese al chiodo ho fatto un disco.

Che poi parlare di dischi nel 2018 è quantomeno anomalo, dato che la musica ora è definita “liquida”; un termine che mi ricorda l’inconsistenza e il liquame, insomma le premesse non sono buone.

Ecco perché a 39 anni trovarmi a fare il cantautore un po’ mi sorprende e un po’ mi spaventa… ma quando c’è un mondo (piccolo o grande che sia) che ha bisogno di uscire allo scoperto ci si può fare ben poco se non seguirlo, ovunque ci porti… o quasi.

#doveeravamorimasti: questo è il titolo, piuttosto inequivocabile, dell’album uscito il 17 Novembre 2017 (tanto per non essere scaramantici): un album di pop “semidiminuito” che vuole portare a galla sentimenti, persone, sensazioni, paure… insomma la vita vera, mantenendo però quel minimo di leggerezza necessaria a non appesantire il tutto più di quanto non lo sia già di suo…

Per cui eccomi qui: Riccardo Cesari, ex imprenditore, ex di tante cose, lavori  e persone, cantautore ma anche marito e padre, musicista ma anche autore, che ha una voglia matta di portarvi nel suo mondo…

E ora beccatevi questa Selfie & Told!

 

R.C.: Mi pare di capire che tu non sia stato solo un musicista.

Riccardo Cesari: No, tutt’altro, mi sono sempre tenuto impegnato in decine di fronti. Fa un po’ parte della mia natura: da un lato mi annoio piuttosto in fretta, dall’altro ritengo che la monotematicità (di pensieri, lavoro, vita) sia piuttosto controproducente nei confronti del nostro “diventare grandi”. Questo non vale per mia moglie, sia chiaro (nel caso leggesse…)! Sin da giovane ho sempre fatto diverse cose contemporaneamente: ancora prima di laurearmi suonavo e lavoravo, facendo dal programmatore al venditore all’amministratore di reti informatiche… Il problema è che poi mi appassiono a tutto quello che faccio, per cui ci lavoro, studio, mi “evolvo” e a un certo punto giro pagina. Una delle scelte più coraggiose è stata, a ridosso dei trent’anni, quella di mettere in stand by la musica per prendere a mano l’azienda di famiglia. Sapevo ce n’era bisogno, sapevo ci sarebbero state conseguenze, tuttavia pensare troppo non fa parte del mio modo di fare, per cui mi sono lanciato. A otto anni di distanza posso dirmi soddisfatto dei risultati (se ora posso fare quello che faccio è proprio grazie a questi), per cui è tempo di riprendere a mano ciò che era stato troppo a lungo in secondo piano.

 

R.C.: Quando nasce il progetto di questo album, #doveeravamorimasti?

#doveeravamorimasti

Riccardo Cesari: Al mare, vicino alla spiaggia, a pochi metri da un esaurimento nervoso. Ci sono cose che puoi comprare, per tutto il resto c’è bisogno di tempo, e la gestione del mio era diventata assolutamente insostenibile. Per cui ho deciso di investire la mia risorsa più preziosa (il sonno) in un progetto che mi facesse sentire vivo e che desse un senso a tutto ciò che ero diventato, nel bene e nel male. Ho fatto la lista della spesa: mi servivano brani (ce li avevo, quasi tutti, ma sarei rimasto sorpreso…), un buon arrangiatore (e avevo già in mente chi…), qualche soldo da investire… insomma un progetto. Sorprendentemente le cose sono andate al loro posto piuttosto bene e questo mi ha permesso, in meno di un anno, di avere il disco pronto. Dicevo che sono rimasto sorpreso perché in realtà i brani che ritengo i migliori sono nati durante la produzione del disco, e anche gli altri hanno cambiato pelle durante il processo di pre produzione, lasciandomi sbalordito e piuttosto contento del risultato. A chi lo ascolta l’ultima parola, personalmente sono contento.

 

R.C.: Che genere fai? Da dove vieni? 

Riccardo Cesari: Vengo da strumenti e generi diversi. Ho iniziato suonando la chitarra classica per poi finire all’elettrica per ragioni di adolescenza: negli anni del grunge o suoni “sporco” o non suoni! Ho studiato batteria e basso, un po’ per capirci qualcosa (e provare qualcosa di nuovo) un po’ perché batteristi e bassisti erano merce rara e ce n’era bisogno. Ho suonato pop, funk, punk, rock anni 70 e il jazz; ho avuto fidanzate cantanti (chissà perché le band si scioglievano sempre…) e amici che mi hanno accompagnato attraverso mille realtà. I generi che mi hanno lasciato di più sono stati sicuramente il blues e il jazz, sebbene io abbia un’anima piuttosto “pop”: credo sia stata questa commistione a generare le sonorità di base di #doveeravamorimasti. Lo definisco un album “pop semidiminuito” perché l’approccio POP è piuttosto chiaro, sebbene credo (o spero!) siano percepibili tutte le influenze che anni di musica piuttosto varia hanno lasciato nelle mie corde.

 

R.C.: Quindi le sonorità di #doveeravamorimasti, il tuo album, sono completamente tue o ci sono stati contributi?

Riccardo Cesari

Riccardo Cesari: Tutti i musicisti che si sono avvicendati nel disco hanno contribuito. A partire da Antonello D’Urso, che ha co-prodotto artisticamente il disco, chiunque abbia suonato nel disco ci ha messo del suo: abbiamo lasciato massima libertà espressiva, sebbene ogni pezzo avesse già una sua anima che abbiamo solo portato alla luce, credo, nel migliore dei modi. Ne approfitto per ringraziare di cuore tutti quelli che hanno partecipato alla realizzazione del disco, è stato davvero un bel viaggio: per nulla scontato, pieno di sorprese, di soddisfazioni.

 

R.C.: Quindi, in conclusione, cosa significa per te essere “un emergente”?

Riccardo Cesari: Credo che il concetto cambi a seconda del tempo, del contesto. Per me significa emergere, volere mettere la testa fuori dall’acqua, respirare un’aria nuova, diversa, non quella passiva e viziata di chi ha già respirato ossigeno e ti offre la sua CO2. Essere un emergente significa anche vivere in uno stato di “emergenza”, quella che ti obbliga a prendere i tuoi sentimenti e a metterli in piazza alla mercé, o meglio “a disposizione” di tutti, nella speranza che chi sei sia utile, in qualche modo, a qualcun altro… insomma a fare bene.

 

[…] Dicono che è solo qui che non si trova felicità/ Forse sarà vero ma di posti ne hai cambiati già/ E mentre lasci indietro tutto ciò che più non importa/ Crederci davvero è ciò che resta// Nuotare verso l’alto per trovare aria e respirare/ Basta un solo istante per guardare giù ed affogare/ Il fondo sotto i piedi in fondo in fondo è l’unica occasione/ Per trovare spinta e direzione// […]” ‒ “Una Storia Migliore

 

Written by Riccardo Cesari

 

 

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