“Fuori stagione” di Federico Fascetti: diventare genitori quando non si è ancora pronti per esserlo

Mi piace fare un casino, quando scrivo le recensioni. Non mi piace scrivere la trama, non mi piace parlare della “scrittura scorrevole” e detesto tutti quei complimenti facili che si sprecano.

Fuori stagione

In compenso adoro metterci dentro tutto quello che penso, tutte le lacrime che verso mentre leggo, tutto quello che imparo. Sono un’egoista senza speranza che fa diventare propria una recensione che dovrebbe essere un elogio del lavoro altrui. Ma cosa posso farci?

Iniziamo con il dire che non ho figli e che non ne voglio. Per me è già un grande passo l’aver adottato un porcellino d’India che mi verrà consegnato la prossima settimana, per cui diciamolo pure liberamente: non ho idea di come ci si prenda cura di qualcuno o di qualcosa. Una lezione che ho imparato, però, è prendermi cura di me stessa.

E anche qui sono egoista, direte voi, ma chiudete un secondo gli occhi e chiedetevi, molto sinceramente, quando è stata l’ultima volta che vi siete resi conto che esistere è una motivazione sufficiente per essere orgogliosi di se stessi. Una vita fa, giusto?

Il romanzo di Federico Fascetti, “Fuori stagione” (Las Vegas Edizioni, 2017), è incentrato sul concetto di paternità: che cosa vuol dire diventare genitori quando non si è ancora pronti per esserlo?

Si ha comunque diritto a sentirsi chiamare “papà”? Ma soprattutto, si hanno delle responsabilità alle quali non ci si può sottrarre? Non ho mai pensato a una gravidanza e non ho idea di quale sia la risposta a queste domande, però dietro a questa storia che parla di un padre a metà ci ho letto una confessione che parla di (non) amare se stessi.

Sergio e Ilaria si amavano, ma lei è rimasta incinta e Sergio non è pronto. Non lo è e basta. Lei neppure, ma decide comunque di tenere la bambina. Al di là dello stereotipo della donna single e sempre in grado di cavarsela, bisogna dire una cosa: le donne sono realmente in grado di cavarsela.

Hanno la capacità di soffrire in modo indicibile e andare avanti comunque. Hanno qualcosa di maledetto che sta a metà tra la resilienza e l’istinto di sopravvivenza. Hanno una motivazione per vivere che non si sa bene da dove provenga, ma che è una parte gigante del loro essere donne.

Gli uomini sono diversi: il non portare in grembo una nuova vita influisce più di quanto si pensi sulla loro trasformazione da uomo a genitore. Possono sottrarsi alle responsabilità e hanno un legame diverso con i figli. Non voglio generalizzare, ma ho letto da qualche parte che le donne diventano madri quando scoprono di essere incinte, mentre gli uomini diventano padri quando vedono il neonato per la prima volta. C’è qualcosa di molto sensato in questa descrizione della trasformazione da individuo a genitore.

Il punto è questo: se non sai amare te stesso e non credi in ciò che puoi fare, puoi amare un figlio? Puoi insegnarli a sopravvivere? Puoi spiegargli come immergersi nella vita? Credo che la risposta sia no e il problema di Sergio è questo: non crede nella sua capacità di poter affrontare ciò che lo spaventa. Non crede nella forza interiore che potrebbe avere, se solo si desse la possibilità di mettersi alla prova. Non crede di poter essere padre.

Federico Fascetti

Quando porta Giorgia, sua figlia di nove anni, a pranzo fuori, Sergio programma una giornata da perfetto genitore: il ristorante, la passeggiata, le chiacchiere fintamente confidenziali. Ma i bambini sono bambini, e Giorgia decide che stare al chiuso in una giornata di sole non è una buona idea. Arrivano in spiaggia, dove la bambina fa il bagno tra onde un po’ troppo alte. Sergio si distrae, ma tiene sempre un occhio su Giorgia. Solo che le cose non vanno mai come dovrebbero, i piani non si svolgono mai come previsto.

In questo romanzo che si legge realmente in un paio di giorni, ci ho trovato una lezione importante: abbiate fiducia in quello che potete fare. Siate un po’ più coraggiosi e ricordatevi che le responsabilità che vi spaventano sono sfide che anche altri hanno affrontato e superato.

La paura è qualcosa di normale, forse l’emozione più normale in assoluto. Quindi perché permettere alla paura di privarci della possibilità di essere felici? Perché lasciare che la paura ci porti via una famiglia?

Mi piacerebbe dirvi che in questi paragrafi ci sono tutti i miei pensieri, ma non è così. Federico Fascetti si confronta con tematiche complicate e sovrapposte: l’affetto non ricevuto apre la porta alle insicurezze, e le insicurezze diventano bullismo.

Spoilerare non mi piace, quindi lascio che siate voi a dire il resto, a parlare di cosa vuol dire avere una figlia ben più complicata di quanto appaia. È un romanzo che vale la pena e sul quale si può riflettere. Con la profonda fiducia in un mondo migliore che mi caratterizza, mi spingo a dire che è un romanzo che, nel suo piccolo, fa la differenza.

Leggete a cuore aperto, e pensate a cervello spalancato.

 

Written by Giulia Mastrantoni

 

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