Intervista di Emma Fenu a Flavia Piccinni: “Bellissime”, il saggio sulla strumentalizzazione della bellezza infantile

Ma lei era del mondo dove le più belle cose/ Hanno il peggior destino:/ Da rosa ha vissuto quanto vivono le Rose,/ Lo spazio d’un mattino.” ‒ François de Malherbe

 

Flavia Piccinni

Bellissime: un titolo evocativo.

Non può non tornarci alla memoria Anna Magnani che lotta per far emergere la bambina dalle trecce scure.

Ma non è di una pellicola in bianco e nero che oggi parliamo.

Ombretti, rossetti, boccoli, tacchi e glitter: hanno pochi anni ed incedono su passerelle prestigiose o su tappeti a striscia in centri commerciali. Sorrisi e luci dei flash.

È davvero solo un gioco?

Il mondo della moda bimbo che, soprattutto per le bambine, si traduce spesso in pose e capi ipersessualizzati, rispondenti ad un immaginario solo adulto, è sempre gestito nel rispetto dei diritti dei più piccoli?

Lungi dal demonizzare tutto e tutti, bisogna, però, porsi inevitabilmente domande e cercare di formulare risposte sulla base di dati empirici. Flavia Piccinni, scrittrice e coordinatrice editoriale per la casa editrice Edizioni di Atlantide, lo ha fatto nel suo saggio, Bellissime, edito da Fandango nel 2017.

Abbiamo il piacere di averla nostra ospite qui, ad Oubliette Magazine.

 

E.F.: Che cosa è la bellezza?

Bellissime

Flavia Piccinni: Per dirla con le parole di Stendhal, che aprono il libro, “una promessa di felicità”. Una promessa che, nella maggior parte delle volte, si rivela una clamorosa delusione.

 

E.F.: Quali sono i modelli e gli stereotipi sociali che, oggi, si ripercuotono nella concezione di essa?

Flavia Piccinni: Sono gli stereotipi di genere, che si allargano da prigione dell’immaginario collettivo fino a divenire carceri dell’aspetto. La bellezza ha sempre vissuto grazie a dei canoni, adesso siamo all’esasperazione completa di parametri assoluti, uno dei quali la magrezza, che non conosce alternative.

 

E.F.: Come definiresti l’infanzia?

Flavia Piccinni: In Occidente l’infanzia mi pare il luogo delle più grandi violazioni contemporanee. Un mondo popolato non più da bambini ma da aspiranti adulti in miniatura.

 

E.F.: Come definiresti la femminilità?

Flavia Piccinni: Un esercizio di potere che può diventare una trappola quando smette di essere fine a se stessa.

 

E.F.: Dietro le piccole “miss” ci sono le madri. Che donne sono? Hanno un vissuto comune?

Flavia Piccinni: Bellissime è nato una sera di diversi anni fa. Ero nella periferia della periferia Toscana, in un albergo sperduto nel niente. In una sala zeppa di persone, c’era una passerella improvvisata. Su questa passerella venivano avanti delle bambine. Doveva essere una cosa innocente, invece davanti mi sono trovata piccole donne miniaturizzate, truccate come adulte e con atteggiamenti ipersessualizzati. Erano bellissime e magnetiche, estremamente sicure di se stesse. Allora mi sono domandata: ma in quale momento le bambine hanno smesso di guardare i cartoni animati e hanno iniziato a guardare i tutorial per imparare a truccarsi? Poi ho visto le loro mamme, che litigavano perché le piccole avessero più spazio in passerella e davanti ai fotografi di provincia accalcati in fondo alla sala. E così le mamme sono diventate le seconde protagoniste di questo racconto. Anzi, forse le prime. Quello della moda bimbo è, infatti, un mondo che rimane sottotraccia. Un mondo in cui è difficile entrare. Un mondo che non vuole esporsi. È un mondo popolato da persone che hanno paura di una demonizzazione, di venire additati e criticati per le scelte di singole madri o brand. Io ho cercato di raccontare il buono e il negativo. Ho cercato di raccontare tutto quello che ho visto. Ci sono bambine, spesso guidate da mamme equilibrate, che la vivono come un gioco, come un’esperienza positiva della quale riescono a conservare l’innocenza. Ma ci sono anche cose negative. Un esempio su tutti: a gennaio 2017 ho partecipato ad una sfilata a Firenze, nei giorni in cui si teneva anche Pitti Bimbo, dove ai bambini non era stata data l’acqua durante le prove. Bambini senza acqua per evitare di andare in bagno o bagnare i vestiti. Francamente non riesco a immaginare niente di peggio. Anzi sì: le mamme non fecero niente, non portarono via i loro figli.

 

E.F.: Qual è il messaggio che ti preme veicolare?

Flavia Piccinni

Flavia Piccinni: Il messaggio è duplice: la tutela dei minori nel mondo della moda bimbo, che per il nostro Paese è un business da 2,7 miliardi di euro, e l’analisi degli stereotipi ipersessualizzati che questo mondo propone e che, a pioggia, riguarda tutti noi. Sai, quando parli con i genitori, con i responsabili delle agenzie, ma anche con i designer e i truccatori, tutti ti dicono che per i bambini deve essere un gioco. Quando parli con i bambini, usano solo una parola: “lavoro”. Fra questi due poli si concentra quello che ho provato a raccontare con Bellissime e che è stato oggetto prima di due interrogazioni parlamentari, dunque del DDL presentato dalla Senatrice Fabiola Anitori che vuol far cambiare le cose. Si tratta di un mondo nascosto. Di un gioco di percezioni. Di una pioggia di brillantini e di un velo di rossetto che, sulle labbra di una bambina di tre anni, illustrano un immaginario: il nostro.

 

E.F.: Quali sono i tuoi progetti futuri?

Flavia Piccinni: Sto lavorando a un libro a quattro mani, che uscirà l’anno prossimo, e porto in giro Il Mondo, pubblicato da Atlantide Edizioni, che ho curato e restituisce la voce a una delle grandi scrittrici dimenticate del Novecento: Irene Brin.

 

Written by Emma Fenu

 

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