Neon Ghènesis Sandàlion: l’intervista all’archeologo Piero Bartoloni
“I fantarcheologi sono tutti millenaristi, trattano cioè solo di fenomeni epocali, come se la storia fosse un susseguirsi di eventi straordinari e non una successione di una vita “piatta”, turbata solo di quando in quando da quale evento non usuale. In definitiva, la vera Storia di un Popolo la fa il contadino, con il suo lavoro quotidiano e non il “barbaro” con le sue incursioni episodiche.” – Piero Bartoloni
Quattordicesima intervista della rubrica made in Oubliette “Neon Ghènesis Sandàlion”, una breve inchiesta su alcuni argomenti che animano gli appassionati di archeologia. Si è scelto di dar voce agli archeologi che, da svariati anni, continuano a ricevere ingiustificabili accuse sul loro eccelso e gravoso operato quale il riportare alla luce un passato non scritto ma da scrivere ed, in taluni casi, da riscrivere.
La nota “fantarcheologia” (“fantamania” od “archeomania”) ha prodotto il disagio di intralciare la divulgazione archeologica “teorizzando” con il sensazionalismo, figlio di quest’epoca di neoliberalismo, veri e propri libri di fantasia senza alcun riscontro con le fonti, con la realtà e con l’investigazione della metodologia scientifica. E se è pur vero che, talune volte, un testo di fantascienza è stato precursore di conoscenze future, in questo caso ci troviamo di fronte a “tesi” che si librano nei territori dell’immaginazione con ambizione di storica realtà; tali e quali a quell’Icaro che, con ali di cera, tentò di avvicinarsi al Sole ed in un primo momento sentì la gloria della sua impresa.
“Neon Ghènesis Sandàlion“, da tradursi con “La Sardegna della nuova nascita”, è quell’attimo che viene dopo la caduta di Icaro, è quel padre, il grande architetto Dedalo, che soccorre il figlio dal mare in cui è sprofondato, cura le ferite e perdona ogni suo azzardo.
Perché il peccato è un nostro dovere di figli, ma ancor più il riconoscerlo per un miglioramento personale e sociale. Citando Jean Jacques Rousseau: “Si deve arrossire per il peccato commesso e non per la sua riparazione.”
Lo scorso sabato abbiamo potuto leggere le riflessioni dell’archeologa Viviana Pinna, ha preceduto l’archeologo Giuseppe Maisola, l’archeologo Nicola Sanna, l’archeologo Matteo Tatti, l’archeologa Anna Depalmas, l’archeologo Mauro Perra, l’archeologo Nicola Dessì, l’archeologo Roberto Sirigu, l’archeologo Alessandro Usai, l’archeologo Carlo Tronchetti, l’archeologa subacquea Anna Ardu, l’archeologo Alfonso Stiglitz, e l’archeologo Rubens D’Oriano.
Piero Bartoloni ha conseguito la Maturità Classica presso la Scuola Militare “Nunziatella” a Napoli, si è laureato in Lettere nell’Università di Roma, presso l’insegnamento di Filologia Semitica, relatore Sabatino Moscati, con una tesi sull’insediamento di Monte Sirai (Carbonia-Cagliari).
È stato Ricercatore, Ricercatore Qualificato e Dirigente di Ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche presso l’Istituto per la Civiltà fenicia e punica “Sabatino Moscati”, del quale è stato Direttore dal 1997 al 2002. Inoltre, dal 1990 al 1994 è stato professore di Archeologia del Vicino Oriente e dal 1994 al 2000 di Archeologia fenicio-punica nell’Università di Urbino. Dal 20 febbraio 2001 al 31 ottobre 2013 è stato Professore ordinario di Archeologia fenicio-punica e in data 15 marzo 2001 è stato chiamato dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari.
Dal 1962 ha effettuato missioni archeologiche, prospezioni terrestri e subacquee e viaggi di studio in Italia, in Europa, in Africa, in Asia e nel Nord-America. Dal 2000, per concessione ministeriale, ha diretto gli scavi archeologici a Monte Sirai e a Sant’Antioco (Cagliari) e, con il contributo del Ministero per gli Affari Esteri, attualmente dirige le indagini a Zama Regia (Siliana – Tunisia).
È stato Membro del Comitato Nazionale per gli Studi e le Ricerche sulla Civiltà fenicia e punica del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali e Membro dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente. È stato Direttore Responsabile e Membro della Redazione della Rivista di Studi Fenici, Organo di stampa ufficiale dell’Istituto per la Civiltà fenicia e punica del CNR. È Direttore Scientifico delle Riviste “Folia Phoenicia” e “Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae”, entrambe pubblicate da Fabrizio Serra Editore. Inoltre, è Colaborador Onorifico della Rivista “Espacio, Tiempo y Forma” dell’Universidad Nacional de Educacion a distancia, Facultad de Geografia e Historia, Departamento de Prehistoria e Historia Antigua.
Piero Bartoloni è autore di oltre duecentocinquanta pubblicazioni a carattere scientifico, tra le quali oltre venti libri.
A.M.: Quanto la leggenda e l’astrazione hanno mosso gli esseri umani nel definire e creare la storia?
Piero Bartoloni: La Storia, che deve essere interpretata, non si dovrebbe fondare sull’astrazione. Le leggende hanno un fondo di verità che bisognerebbe vagliare e mettere in luce asetticamente. Non c’è posto per la fantasia.
A.M.: I nuraghi. Questi nostri sconosciuti. Quali altre culture presenti nel mondo mostrano le stesse caratteristiche delle nostre antiche costruzioni?
Piero Bartoloni: Nessuna. Ogni tentativo di riconoscere altrove edifici simili è miseramente naufragato.
A.M.: Quale potrebbe essere la risposta più accreditata per questi ritrovamenti? Che queste culture siano dipendenti da una cosiddetta madre, che la prima rispetto alla seconda sia stata presa come superiore, oppure una risposta che sia piuttosto di convergenza così che culture diverse e distanti fra loro abbiamo avuto lo stesso bisogno ed abbiamo aderito alla stessa soluzione?
Piero Bartoloni: I nuraghi nascono come fenomeno specializzato e locale del megalitismo pan-mediterraneo. Il numero enorme di nuraghi dipende dalla parcellizzazione del territorio e dal numero delle diverse tribù. Sono monumenti che probabilmente furono realizzati con l’impiego di corvées cantonali.
A.M.: Addentrandoci nell’etimologia, e leggendo molte opinioni, si è concordi che la radice di nuraghe sia “nur” ma non si è concordi con il significato di questa radice. Due sono le ipotesi madre: una che provenga dai fenici e che vede “nur” con il significato di “luce/fuoco” (e precedentemente dai sumeri “ur/uruk), un’altra invece di sostrato mediterraneo vede la definizione “cumulo di pietre/cavità”. Per quale scuola di pensiero patteggi o hai una strada alternativa da mostrarci?
Piero Bartoloni: Naturalmente non si tratta di patteggiare o forse meglio di parteggiare. Sono tutte ricostruzioni parziali e non totalmente esatte. La glottologia non si basa sull’apparente assonanza delle parole, ma sui fonemi. I Fenici erano una popolazione che parlava e scriveva una lingua del gruppo Semitico di Nord/Ovest. Tuttavia, i Fenici sono giunti in Sardegna sullo scorcio del II Millennio a.C. e dopo altri navigatori appartenenti ad altre etnie del Mediterraneo orientale. “Nur” è un vocabolo ario-europeo che nulla a che spartire con le lingue semitiche, né tanto meno con il Sumero, che non è una lingua né semitica, né ario-europea. Il problema etimologico sussiste e non è di semplice soluzione, poiché non conosciamo in modo concreto il ceppo linguistico a cui apparteneva la lingua delle popolazioni nuragiche.
A.M.: Considerando che il problema maggiore che porta alle diverse vie di interpretazione è la mancanza di dati certi ed il cannibalismo di edifici, come possiamo prospettare la ricostruzione della storia se non con il ritrovamento di nuovi dati? Dunque, quanto è importante ricevere finanziamenti per continuare la ricerca?
Piero Bartoloni: I finanziamenti sono fondamentali, ma non si possono foraggiare imprese assurde a discapito di quelle plausibili. Purtroppo manca da più parti il bagaglio culturale necessario per comprendere i problemi. Non si possono accomunare imprese serie ad altre meno serie solo sulla base di messaggi o conoscenze personali.
A.M.: Nella stele di Nora ritroviamo in “fenicio” il nome della nostra isola. È il più antico ritrovamento in cui si parla di Sardegna oppure ci sono altre iscrizioni più antiche? E soprattutto sappiamo se i paleosardi (o sardi nuragici o come preferisci) si identificavano con questa denominazione?
Piero Bartoloni: Gli antichi Sardi, come tutti i Popoli del periodo tra II e I millennio a.C. conoscevano le città/stato e non gli stati nazionali. Quindi la Sardegna era frazionata in cantoni e non vi era né una percezione unitaria né uno stato nazionale. La stele di Nora presenta nella terza riga (dalla seconda alla quinta consonante) una parola che comunemente viene letta come Shardan. Questo termine, ammesso che riguardi la Sardegna, dovrebbe essere il nome con il quale i Fenici indicavano, forse, l’isola. Questo nome riguarda i Fenici e non le popolazioni locali. Infatti, per esempio i Fenici non definivano se stessi con questo nome, che gli è stato affibbiato dai Greci. I Fenici definivano se stessi con il nome delle singole città di provenienza, per esempio, “Colui che è del popolo di Tiro” (Ish b’am Tzur). In definitiva un po’ come noi definiamo Tedeschi i Deutscher o come in Polonia gli Italiani vengono definiti “Vloker” (Verdurai).
A.M.: La scrittura nuragica. Che il popolo sardo vivesse il presente e non sentisse la necessità di scrivere la sua storia come invece han fatto altri popoli?
Piero Bartoloni: La scrittura è nata per esigenze amministrative. Quindi i grandi imperi d’Oriente l’hanno usata per primi. Se l’Iliade e l’Odissea sono nate e tramandate in tradizione orale, perché si pretende che i Sardi, intendendo con ciò le popolazioni nuragiche, scrivessero, quando, fino all’VIII secolo a.C. nel Mediterraneo occidentale nessuno scriveva? Ancora oggi, in Sardegna, è fortissima la tradizione orale.
A.M.: Chi sono gli Shardana?
Piero Bartoloni: Gli Shardana non sono mai esistiti. Se parliamo di Sherdana, allora è un altro problema. Infatti i testi egizi trattano di SRDN, senza vocali, mentre quelli mesopotamici riportano di Sherdana. Questi personaggi sono di volta in volta mercenari, contadini, profughi. Con la Sardegna vi è solo un’assonanza il cui reale valore è tutto da dimostrare.
A.M.: Il problema della divulgazione e la fantarcheologia. Come fermare questo fenomeno e come entrare nelle case dei sardi per sfatare queste “pseudo teorie”?
Piero Bartoloni: Fare della Storia seria. Il problema è che la vera Storia non è molto varia, ma è piatta e senza accadimenti eclatanti: niente meteore, né tzunami per intenderci. Quindi i fantarcheologi sono tutti millenaristi, trattano cioè solo di fenomeni epocali, come se la storia fosse un susseguirsi di eventi straordinari e non una successione di una vita “piatta”, turbata solo di quando in quando da quale evento non usuale. In definitiva, la vera Storia di un Popolo la fa il contadino, con il suo lavoro quotidiano e non il “barbaro” con le sue incursioni episodiche. Quindi, la Storia diventa poco interessante perché muta lievissimamente nel corso dei millenni. La invito a pensare all’impatto che hanno avuto nella Storia i settant’anni del “Comunismo reale” e quello che hanno attualmente e avranno nei secoli futuri: se va bene, tre righe nei manuali di Storia.
A.M.: Quali sono le logiche di mercato che portano a ridicolizzare la Sardegna come Atlantide, e perché non si guarda soprattutto a ciò che abbiamo e cioè l’unica isola che presenta un numero così elevato di costruzioni chiamati nuraghi?
Piero Bartoloni: Innanzi tutto la Storia è come è stata e non come avremmo voluto che fosse stata. La logica di mercato non può prevedere né pretendere che la storia venga modificata né per motivi di cassetta, né, tanto meno, per sostenere teorie balzane e assurde. I nuraghi non hanno nulla a che vedere con il mito di Atlantide, che è un’invenzione giornalistica maturata in seguito a poche e limitate letture. La ricerca scientifica non ammette presupposti, perché dalla ricerca scaturiscono i risultati. In definitiva, non si può scartare quello che non fa comodo al nostro assunto.
A.M.: Salutaci con una citazione…
Piero Bartoloni: “El sueño de la razón produce monstruos” ‒ Francisco Goya (Capriccio 43 – 1797)
A.M.: Piero ringrazio per l’invito alla riflessione, un’abitudine data dal patteggiamento visto come il condurre trattative mentali per arrivare ad un accordo, perché forse anche per questo motivo si pensa, per arrivare ad accordi e non solo per portare avanti la propria “verità” soggettiva ripetuta infinite volte. Ti saluto anche io con un dipinto di Goya: “Saturno devorando a su hijo“.
Written by Alessia Mocci
Info
Rubrica Neon Ghènesis Sandàlion