Donne contro il Femminicidio #34: le parole che cambiano il mondo con Elena Genero Santoro
Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile.
Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, varie Donne che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.
Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo. Non sono intervenuta chiedendo ulteriori specificazioni né offrendo un canovaccio.
Alcune hanno scritto molto, raccontando e raccontandosi; altre sono state sintetiche e precise; altre hanno cavalcato la pagina con piglio narrativo, creando un discorso senza soluzione di continuità.
Non tutte hanno espresso opinioni univoche, contribuendo, così, in modo personale alla “ricerca sul campo”, ma tutti si sono dimostrati concordi nell’esigenza di un’educazione sentimentale e di una presa di coscienza in merito a un fenomeno orribile contro le donne, che necessita di un impegno collettivo.
Oggi è il turno per “Donne contro il Femminicidio”, di Elena Genero Santoro, torinese. Lavora come ingegnera per l’industria automobilistica, collabora con il sito “Gli scrittori della porta accanto” e scrive romanzi e racconti. Negli ultimi anni ha pubblicato alcuni romanzi di genere sentimentale che affrontano temi di stretta attualità. La violenza di genere è un tema che le sta particolarmente a cuore, fra questi ricordiamo “Gli Angeli del Bar di Fronte” e “Diventa realtà”.
Femmina
In tossicologia, lo studio dell’effetto dei medicinali e delle sostanze chimiche sui viventi ha storicamente utilizzato il maschio come modello di riferimento, mentre per la femmina ha semplicemente riadattato le dosi e i valori limite, diminuendoli. Solo di recente è stata scoperta la medicina di genere e si è capito che, a livello fisiologico, la donna non è un uomo in miniatura, non è la versione femminile del prototipo maschio, ma ha proprio altre caratteristiche. Femmina è l’accezione negativa di donna. Più passa il tempo, più invecchio e più mi rendo conto di quanto la condizione femminile nel mondo sia difficile e disagiata. Lo sapevo già, a parole, ma adesso pensarci mi schiaccia come un macigno. Ci sono posti dove le donne sono ancora proprietà dell’uomo, dove esse devono coprirsi dalla testa ai piedi perché se non lo fanno il maschio non riesce a contenersi e le può molestare e violentare. E quando questo avviene la colpa non è del maschio, della sua bestialità e del suo scarso autocontrollo, ma della femmina che lo ha provocato. È colpa tua se io non riesco a contenermi, perché il tuo corpo scoperto mi ha provocato. E ci sono luoghi del mondo, più evoluti solo in apparenza, dove i maschi fanno sfoggio del loro potere con allusioni sessiste, con pacche sul sedere, con avance inaccettabili. Oppure, gli stessi maschi abusano del loro potere e usano violenza e brutalità per ottenere con la forza quello che non riescono a ottenere in altro modo. È colpa tua se io non riesco a trattenermi, perché mi hai sedotto. Ecco, laddove avviene questo, non ci sono donne, ci sono solo femmine.
Femminismo
Prendo in prestito le parole di un cantautore uomo, Edoardo Bennato, che in più di una canzone ha espresso più di altri dei concetti femministi. Lo ascoltavo a quindici anni, ma lo capisco molto meglio ora: “Tu sei quella che paga di più, se vuoi volare ti tirano giù e se comincia la caccia alle streghe, la strega sei tu”. E anche: “Ma una ragazza, chissà perché, questo non lo può fare”. Ecco, quando i diritti delle donne saranno questo, quando una donna potrà uscire di casa la sera senza la paura di essere minacciata o senza sentirsi in colpa quando viene molestata o stuprata, anzi, quando non correrà più neppure il rischio di venire stuprata, allora il femminismo avrà raggiunto il suo scopo. Per ora, l’emancipazione femminile ha avuto anche delle controindicazioni, le donne lavorano in casa, lavorano fuori casa, crescono i figli, fanno quadrare i bilanci e non fanno carriera senza poderosi aiuti domestici esterni o senza mettersi a “lavorare come degli uomini”. Certo, abbiamo già fatto passi in avanti rispetto a quando, negli anni Cinquanta, c’era il mito della casalinga perfetta la cui massima soddisfazione era rendere felice il Signor Marito che lavorava fuori casa e si stancava tanto, poverino, e che aveva tutto il diritto di lamentarsi. Avete mai visto certi spot pubblicitari di quell’epoca? Un esempio: Il Signor Marito torna a casa, la moglie-serva gli corre incontro per portargli un caffè, ma questo caffè non è abbastanza buono e allora il Signor Marito reagisce trattando bonariamente la moglie-serva come una sciocchina svampita oppure addirittura arrabbiandosi. Lei si scusa mortificata e lì entra in scena il prodotto reclamizzato. Roba offensiva, da far accapponare la pelle. Nessuna donna occidentale del ventesimo secolo troverebbe concepibile e accettabile una cosa del genere, almeno a livello teorico. Eppure, la situazione attuale può essere solo una tappa intermedia, soprattutto in Italia dove il congedo parentale paterno nelle aziende è una roba dell’altro mondo e la maternità è ancora un appannaggio di chi ha il posto fisso. Comunque al lavoro ti chiamano Signora anche se sei Ingegnere. E che dire delle pubblicità odierne? Diverse da quelle di settant’anni fa, tuttavia qualche residuo sessista rimane. Donne da possedere come un’automobile, famiglie stereotipate con mamme impeccabili. Il femminismo va anche a discapito della salute delle donne, che in futuro non potranno nemmeno godere di una pensione anticipata. Fin qui i diritti presunti ce li siamo sudati, nel senso che facciamo proprio più fatica fisica. Cosa abbiamo guadagnato? Il diritto di perdere gli stessi diritti dei lavoratori uomini per esempio. La precarietà su tutti i fronti. Eppure dovevamo passare di qua. La direzione è quella giusta, ma la strada è ancora lunga. A volte mi domando se non siamo noi donne a lottare per i diritti sbagliati.
Mettiamola così. Nei luoghi di lavoro, il responsabile della sicurezza e della prevenzione e protezione dei lavoratori è tenuto a studiare non solo le circostanze in cui un incidente più o meno grave si verifica, ma anche quelli in cui l’accidente poteva capitare e non è accaduto per grazia ricevuta. Di solito l’incidente eclatante è la punta di un iceberg sommerso di incuria, misure non rispettate, procedure non previste che rendono il luogo di lavoro non abbastanza sicuro per il lavoratore. Su questi bisogna agire, ossia sui dettagli, sulla consapevolezza, sulle piccole cose, affinché un nuovo incidente non si verifichi. Il femminicidio è esattamente la stessa cosa. Per una donna che muore per mano di un uomo, ce ne sono mille altre prese a botte e diecimila maltrattate, in proporzione piramidale. È colpa tua se io ti ho picchiata, perché tu mi hai tradito, o perché sei arrogante. Per una donna che muore ci sono mille avvisaglie, mille denunce non ascoltate e mille atteggiamenti mascherati che devono essere scovati ed eradicati. Per una donna che muore ce n’è un altro milione che magari non morirà mai, ma alle quali il marito si permette di dare della puttana, si permette di contestare una camicia stirata male (come il Signor Marito degli anni Cinquanta). Ci sono donne il cui marito si permette anche solo di tornare tardi alla sera, di sdraiarsi sul divano e non dare una mano coi figli e con la cena. È colpa tua se ti ho risposto male, perché sei sempre acida. Ecco, finché, nel tessuto sociale, a tutti i livelli, più o meno gravi, sussisterà questo sbilanciamento, non di ruoli, ma di poteri e responsabilità, da qualche parte, in situazioni esasperate, si verificheranno anche i femminicidi. P.S. No, il femminicidio non è un omicidio qualunque.
Educazione sentimentale
È più immediato parlare di in-educazione. Essere una “femminuccia” o un “effemminato” non è un elogio per un bambino piagnone o delicato e il bambino lo capisce benissimo. Al contrario, essere “maschio” suona come una lode, come sinonimo di forza, di risolutezza. “Auguri e figli maschi”. Mi si accappona la pelle quando sento che un padre, per giunta acculturato, si arrabbia se i figli maschi vogliono giocare con la macchina delle Barbie. Eppure succede. L’idea che un figlio maschio possa avere qualche vaga tendenza femminile, anche transitoria, manda completamente nel pallone il padre macho. Eppure l’in-educazione sentimentale è più diffusa di quanto si pensi. Quando il bambino vede che la mamma è sempre uno scalino più in basso rispetto al padre, perché magari guadagna meno, si convincerà che le donne sono più deboli. Quando dalla bambina ci si aspetta che riordini la stanza e impari a cucinare mentre al figlio maschio si permette di lasciare il bagno allagato, si va verso l’ineducazione. La ragazzina a scuola è diligente, ma il vero genio è il maschio. L’ineducazione sentimentale porta allo sfoggio di potere vigliacco contro la persona apparentemente più debole. L’educazione sentimentale è cooperazione, considerazione ed empatia tra persone che stanno sullo stesso piano. È rispetto delle inclinazioni altrui a prescindere dagli stereotipi di genere. Non c’è altro modo. Coltiva l’arte della scrittura dall’adolescenza e collabora con il sito Gli Scrittori della Porta Accanto col quale ha pubblicato numerosi articoli che spaziano dall’esperienza di viaggio ai problemi delle donne. Negli ultimi anni ha pubblicato alcuni romanzi di genere sentimentale che affrontano temi di stretta attualità. La violenza di genere è un tema che le sta particolarmente a cuore. Il suo primo romanzo, “Perché ne sono innamorata”, edito da Montag, è uscito nell’aprile 2013. Sono seguiti nel 2014 “L’occasione di una vita”, ebook proposto con Lettere Animate e “Un errore di gioventù” pubblicato da 0111 Edizioni. Nel novembre 2014 è uscito “Gli Angeli del Bar di Fronte”, 0111 Edizioni. Nel 2016 è uscito con 0111 Edizioni “Il tesoro dentro”. Nel 2017 è uscito un altro capitolo della saga di Futura e Patrick, “Immagina di aver sognato”, pubblicato con PubGold, così come l’ultimo pubblicato o a fine ottobre, “Diventa realtà”.
Written by Emma Fenu
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